Tricarico è un comune italiano di 5 424 abitanti della provincia di Matera in Basilicata. Posta a 698 m s.l.m., è nota come città arabo-normanna e possiede uno dei centri storici medioevali più importanti e meglio conservati della Basilicata.
La tradizione del carnevale
Il carnevale di Tricarico, in provincia di Matera, è caratterizzato dalle maschere delle mucche e dei tori (L’ màshkr, nel dialetto tricaricese) che rappresentano una mandria in transumanza, è una delle manifestazioni più importanti della regione[1][2].
All’alba del 17 gennaio, giorno di Antonio abate, il santo protettore degli animali, è usanza che i fedeli, insieme ai propri animali per i quali si invoca la benevolenza del santo e che per l’occasione vengono agghindati con nastri, collanine e perline colorate, compiano tre giri intorno alla chiesa a lui dedicata per poi ricevere, a chiusura della messa, la benedizione da parte del prete.
Lo stesso rituale è osservato dalla “mandria”, prima di muoversi verso il centro storico e percorrerne tutti gli antichi rioni. Tricarico viene, così, svegliata dal suono cupo dei campanacci. La sfilata delle maschere si ripete l’ultima domenica prima della chiusura del carnevale con maggiore partecipazione popolare, trattandosi di giorno non lavorativo.
Mucca e toro
La maschera da mucca è costituita da un cappello a falda larga coperto da un foulard e da un velo e riccamente decorato con lunghi nastri multicolori che scendono fino alle caviglie; la calzamaglia indossata (o, in alternativa, maglia e mutandoni di lana) è anch’essa decorata con nastri o foulards dai colori sgargianti al collo, ai fianchi, alle braccia ed alle gambe. La maschera da toro è identica nella composizione ma si distingue per essere completamente nera con alcuni nastri rossi. Ogni maschera ha un campanaccio, diverso nella forma e nel suono a seconda che si tratti di mucche o di tori.
Per il carnevale di Tricarico è stato ipotizzato un collegamento al fenomeno antico del sincretismo tra cultura greca e lucana[6].
Nelle maschere di Tricarico, sono stati inoltre evidenziati elementi che si ritrovano nel mito di Proitos e delle sue figlie, le Pretidi, di Melampo e di Io[7], nei quali sono presenti riferimenti metaforici all’accoppiamento, e quindi alla fertilità, in una logica etica e non dionisiaca, non delle “vacche”, ma dei componenti del gruppo sociale subalterno[6].
Diverse le chiavi di lettura, da quella che l’interpreta come un momento di rivalsa delle classi meno abbienti nei confronti dei “potentati” a quella che lega la rappresentazione a riti pre-cristiani, poi “mediati” dal cristianesimo attraverso la figura di sant’Antonio abate[3][4].
Le “mucche” e i “tori” sono impersonati da uomini (la partecipazione è interdetta alle donne). I partecipanti mimano l’andatura ed i movimenti degli animali, comprese le “prove di monta” dei tori sulle mucche. La rappresentazione non è svincolata dalla realtà contemporanea poiché, sebbene la cultura locale sia meno “rurale” di un tempo, Tricarico è collocata su una via di transumanza e le mandrie ancora oggi l’attraversano.
Tricarico e le sue maschere nel 2009 sono entrate a far parte della FECC, Federazione Europea Città del Carnevale (Federation of European Carnival Cities). Insieme ai carnevali di Putignano, Crispiano, Villa Literno, Castrovillari, Misterbianco, è membro fondatore della Rete dei Carnevali del Sud Italia.
Terminata la sfilata, la mandria si disperde in piccoli gruppi che si muovono per la “questua”, raggiungendo questa o quella abitazione davanti alla quale suonano i campanacci fino a quando non gli viene aperto[5]. Al gruppo, fatto entrare in casa, viene offerto da mangiare e da bere.
Nel 2013 il Carnevale di Tricarico si è gemellato con il Carnevale di Manfredonia, con il Carnevalone di Montescaglioso e quello di Teana.
Le serenate
Slegata dalla tradizione delle maschere ma comunque tipica del periodo carnevalesco, è l’usanza di “portare le serenate”. Il fenomeno era in passato legato alla diffusa pratica di realizzare, quasi in ogni casa, il salame ed altri prodotti derivanti dalla trasformazione delle carni del maiale[8]. Le serenate vengono portate senza preavviso e quasi mai prima di mezzanotte. Si deve attendere, infatti, che i padroni di casa siano andati a dormire.
Il gruppo continua a suonare per il tempo necessario ai padroni di casa a preparare da mangiare e ad imbandire la tavola, dopo di che gli viene aperta la porta e il tutto prosegue nell’abitazione, con canti e balli tradizionali. Dopo che è stato consumato quanto preparato, può capitare che il padrone di casa si unisca al gruppo per portare la serenata a qualcun altro.
Note
^Il Piano Turistico Regionaleapprovato con delibera del Consiglio Regionale n.569 del 3 agosto 2009, alle pagine 65 e 133 rimarca l’importanza delle manifestazioni legate alle maschere zoomorfe, quali, appunto, quelle di Tricarico.
^la prima ipotesi è minoritaria e sostenuta solamente da C. Biscaglia, e prende spunto dalla presenza, nella sfilata, delle figure del conte e contessa che seguono la “mandria” su una carrozza, nonché da un battibecco che si innesca al termine della sfilata, tra i feudatari ed il capo massaro.
^La seconda chiave di lettura è in linea con la teoria del continuum temporale elaborata dall’antropologo James Frazer e confluita nel libro Il ramo d’oro.
^La scelta è a volte casuale ed a volte predeterminata. In questo secondo caso, il proprietario viene preavvisato in modo da farsi trovare in casa.
^abA seguito di una ricerca iniziata negli anni ottanta, in tutta l’area del Materano, Antonio Tateo, antropologo e direttore dell'”Osservatorio-laboratorio demoantropologico e del sociale e delle culture minoritarie” di Salerno (A. Tateo, 2000) ha approfondito le ricerche proprio sul carnevale dei “tori e vacche”, rilevando tale aspetto nella presenza di un rituale , con una variante specifica (l’accoppiamento mimato dai figuranti), rispetto a quelli dei carnevali di Aliano e San Mauro Forte. L’esito della ricerca è stato pubblicato, nel 2000, dalla rivista “Rassegna Storica Salernitana” n. 33, diretta dal prof.Italo Gallo, titolare della Cattedra di Storia e Letteratura greca all’Università di Salerno.
^Non a caso, la canzone di esordio della serenata, “Cara Ninella”, contiene l’inciso: “Aggij sapùt c’hai accìs ‘u purc” (Ho saputo che hai ucciso il maiale).
Bibliografia
Dinu Adameșteanu, Popoli anellenici in Basilicata, Roma, La buona stampa, 1971.
Carmela Biscaglia, Il Carnevale di Tricarico, Tricarico, in “Quaderni del Centro dei servizi culturali di Tricarico”, 1986.
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