Antonio De Lisa- La musica di Alexsandr Skrjabin

Antonio De Lisa- La musica di Alexsandr Skrjabin

Per comprendere a fondo il quadro in cui si situano le esperienze della “Scuola russa”, delle avanguardie russo-sovietiche del primo Novecento, è assolutamente necessario studiare a fondo un personaggio chiave. Alexsandr Skrjabin (1872-1915) è una figura alquanto singolare ma forse sarebbe di qualche profitto affrontare con maggiore attenzione il suo tentativo di raggiungere i confini del sistema tonale tradizionale spingendo a fondo l’estensione cromatica fino a coinvolgere tutti i dodici suoni. Gli stimoli che aveva ricevuto nel suo periodo di studio a cavallo tra i due secoli “lo condussero ad iniziare una nuova stagione della sua arte musicale, che da un’assunzione di modelli chopiniani, schumanniani, liztiani, wagneriani, debussyani ed altri ancora, lo condusse all’approdo di uno stile personalissimo proiettato verso esiti novecenteschi d’avanguardia. Stimoli non solo musicali e linguistici, ma anche e specialmente filosofici (Fichte, Nietzsche oltre ai simbolisti ed ai teosofi russi), con cui Skrjabin elaborò una sua poetica personale basata su uno straordinario potenziamento delle componenti sensuali ed irrazionali della creazione artistica – una sorta di erotismo mistico o di misticismo erotico – che irrompono nelle forme e negli elementi musicali (in quelli armonico-ritmici, specialmente) imponendo al tempo musicale una scansione basata sull’istantaneità dell’emozione” (M. Baroni e altri 1988: p. 411).

Tra i suoi lavori principali sono da menzionare le tre sinfonie (1900, 1901, 1905), il Concerto per pianoforte (1899), due poemi musicali, Il poema dell’estasi (1908) e Prometeo, poema del fuoco (1910) e dieci sonate per pianoforte.

“Dalla Quarta sonata per pianoforte (1907) fino alla Decima ed ultima (1912-13) Skrjabin svincolò definitivamente la sonata dalla struttura tradizionale in più movimenti – già peraltro molto personalizzata nei suoi primi quattro lavori del genere pubblicati in precedenza – sprigionando nel movimento unico il proprio estro creativo in un baluginare continuo di motti aforistici, grumi sonori, arabeschi, gesti improvvisi, vincolati però da legami tematici e formali in un contrasto quasi drammatico fra le esigenze razionali della forma e l’estrema irrazionalità dell’istinto. Quando il vincolo formale si allenta ulteriormente e il pensiero musicale si addensa nella piccola forma, come nei Cinque preludi op. 74 allora ci troviamo alle soglie dell’informale e dell’aforismo, ad un momento limite oltre il quale Skrjabin non poté andare, essendo stroncato dalla morte nella piena maturità creativa” (M. Baroni e altri 1988: p. 411-2).


Scriabin. Piano Sonata No.7 op.64.

Skrjabin ha spostato il grado di giunzione degli accordi sulla quarta, sconvolgendo il meccanismo triadico dell’armonia, un elemento che lo apparenta a Debussy e Schönberg. “A differenza di quasi tutti i suoi contemporanei Skrjabin non si limitò all’impiego di quarte giuste o diatoniche, tipico dell’impressionismo, anche se le utilizzò incidentalmente; né il suo sistema armonico era una concezione puramente intellettuale. Quando egli iniziò a comporre il Prometeo nel 1908 si fondò consapevolmente su ciò che chiamava ‘armonia sintetica’: l’accordo fondamentale do, fa diesis, si bemolle, mi, la, re, un adattamento per quarte della scala do, re, mi, fa diesis, la, si bemolle, che corrisponde agli armonici naturali 8, 9, 10, 11, 13 e 14 – o, piuttosto, alla loro approssimazione nel sistema temperato – e che inoltre differisce solo per una nota dalla scala esatonica o a toni interi (la invece di sol diesis)” (The New Oxford History of Music, vol. X, p: 140).

Le composizioni di molti compositori della “Scuola russa” risentono chiaramente delle influenze della musica di Skrjabin, con particolare riferimento a un certo miscuglio di “misticismo” tradizionalista e gusto per le innovazioni armonico-formali, accanto ad altre di diverso tipo, come quelle “macchinistiche” più propriamente futuriste. I nomi più importanti della “Scuola russa” sono quelli di Nikolay Andreyevich Roslavets (1881-1944), Efim Golysev (1897-1970), Polovinkin, Arthur Vincent Lourié (1892-1966), Nikolay Obukhov (1892-1954), Alexandr Vasil’yevich Mosolov (1900-1973). I compositori menzionati vanno considerati sullo sfondo della presenza dei più acclamati compositori russi del secolo, Prokofiev e Shostakovich. Il cono d’ombra che li avvolge è frutto di una serie di circostanze – non ultima quella di essere in qualche modo invisi al nuovo regime – che ne ha decretato una profonda damnatio memoriae.



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