Sinossi
Subito dopo l’omicidio della moglie Maria D’Avalos e dell’amante, Carlo Gesualdo, Principe di Venosa, si ritira presso il suo castello di Gesualdo. Diviso tra l’onore ferito e i sensi di colpa, Gesualdo si attornia di figure che da un lato lo sostengono e dall’altro lo immergono in atmosfere cariche di superstizione, come il maestro alchimista o la strega Aurelia D’Errico.
All’arrivo del cognato, Ferdinando Sanseverino, il Principe tenta di recuperare le sue antiche passioni, come la caccia o i banchetti, ma non riesce a staccarsi dai suoi incubi e dalle sue visioni, che lo precipitano in notti tormentate e tremende. Anche la musica, che conosce in questo periodo uno dei vertici della produzione gesualdiana, si allontana dai classici schemi madrigalistici per approdare ad armonie cromatiche e di stupefacente modernità. Le voci sono portate all’estremo, ai limiti della tessitura, sembrando talvolta più delle grida che dei canti.
Il dramma si chiude con il Principe che in carrozza sta per partire per Ferrara, per incontrare la sua futura moglie, Eleonora D’Este, mentre alle sue spalle ardono le fiamme del rogo della strega.
Note di regia
Potrebbe sembrare un azzardo mettere in scena un personaggio tante volte rappresentato a teatro e al cinema. Ci vuole un’idea forte per potersi cimentare nell’impresa. L’autore del testo pensa di averla trovata nel ridare la giusta dimensione storica e spirituale a un Principe del Rinascimento. È come se avesse voluto ridare carne e sangue a un personaggio visto troppe volte come accidioso e depresso, dopo l’uccisione della moglie e del suo amante. In parte è vero, ma è vero anche che il Principe di Venosa nutriva forti passioni umane, come il piacere della caccia, il gusto per il cibo, una sensualità non evidente, ma presente. Accanto a questo c’è la dimensione spirituale e culturale, come l’interesse per l’alchimia. Al centro della vita del Principe c’è senz’altro la musica, ma la musica non riempie tutta la sua vita. L’autore del testo ha avuto modo di esplorare i luoghi dove ha vissuto Gesualdo, pieno di echi antiche e di superstizioni, come quella della flagellazione affidata a una sua amante contadina, o anche la paura di essere indemoniato. Tutto ciò viene riportato nel testo. Gesualdo è un principe napoletano del Rinascimento, ed è così che l’autore l’ha messo in scena.

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