Il Carnevale dei pittori

Il mascheramento e la gestualità sfarzosa sono stati spesso ritratti da pittori e artisti nel corso dei secoli; ecco le tele più famose che hanno come tema i protagonisti del Carnevale.

Lotta tra Carnevale e Quaresima di Pieter Bruegel


Il pittore fiammingo Pieter Bruegel è tra i primi a dipingere un tema carnevalesco; la tela, datata 1559, ritrae in un’affollata piazza una moltitudine di persone mentre mangia, si azzuffa, fa baldoria e gioca con i dadi o fa il girotondo. Si tratta di una battaglia simbolica che rappresenta a sinistra del quadro i personaggi del Carnevale e sul lato destro quelli della Quaresima. Il Carnevale, simbolo di bagordi ed esagerazioni, è impersonato da un uomo grasso che mangia golosamente a cavallo di un barile, spinto da uomini mascherati mentre la sua rivale, la Quaresima, è raffigurata come una donna smunta e pallida seduta su una sedia, trainata da due donne e da alcuni fedeli in preghiera. 
L’opera può essere ammirata presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna.

Martedì grasso di Paul Cézanne 


L’opera di Paul Cézanne, datata 1888, è conservata nel museo Puškin di Mosca e ritrae il figlio Paul con un amico vestiti da Pierrot e da Arlecchino. Nel dipinto il pittore impressionista sottolinea la contrapposizione dei due personaggi, dei loro movimenti e atteggiamenti anche attraverso l’uso dei colori. In seguito nelle due maschere del Carnevale i critici videro un’amara raffigurazione allegorica del pittore francese contrapposto allo scrittore Émile Zola, da cui Cézanne si era allontanato.

L’entrata di Cristo a Bruxelles di Ensor


Precursore dell’espressionismo belga, il pittore di Ostenda James Ensor era conosciuto per l’uso ossessivo delle maschere e degli scheletri nella sua arte. Quest’opera, realizzata nel 1889 e oggi esposta al Getty Museum di Los Angeles, è la più rappresentativa: le maschere ritratte, demoniache, spettrali e folli, sono simbolicamente il lato più brutto e deformato dell’umanità. Ensor era ossessionato dai costumi carnevaleschi, proprio come quelli che sua madre vendeva a tutta la popolazione di Ostenda, e li dipingeva con pennellate furiose e ipnotiche fino a ridurli a teschi grotteschi. Nella tela Ensor vuole mettere in luce il peggio degli uomini contrapponendoli alla figura di Cristo, l’unico senza maschera, che viene completamente ignorato dalla gente, rappresentata in modo anonimo e grottesco sotto maschere di Carnevale.

Pierrot blanc di Pierre-Auguste Renoir


Realizzata nel 1902 dall’impressionista Pierre-Auguste Renoir, l’opera ritrae un bambino vestito da Pierrot, maschera della Commedia dell’Arte nata alla fine del 1500; il piccolo ritratto è Jean, figlio del pittore e futuro regista. Mirabili nel dipinto, esposto nel Detroit Institute of Art, sono le pennellate e i colori utilizzati dal pittore alla fine della sua carriera artistica.

Arlecchino con chitarra di Juan Gris 


Il pittore cubista José Victoriano González, in arte Juan Gris, dipinse nel 1919 quest’opera innovativa dai colori caldi e armoniosi, che oggi si ammira al Centre Georges Pompidou di Parigi. Interprete del movimento cubista con Braque e Picasso, Gris in quest’opera si avvicina molto a quest’ultimo creando uno stile astratto personale e realizzando un meticoloso lavoro geometrico di triangoli che si incastrano.

Paulo vestito da Arlecchino di Pablo Picasso


Il celebre pittore spagnolo ritrae nel 1924 il figlio Paulo con un grazioso costume carnevalesco di Arlecchino in quest’opera esposta nel Musée National Picasso di Parigi. Il bambino, nato dal matrimonio del pittore con Olga Khokhlova, è ritratto con una delicata precisione nei dettagli che esprimono tenerezza, sebbene i tratti lasciati dalla matita facciano pensare a un’opera apparentemente incompiuta. I colori sono utilizzati solo in parte con un pesante tratto nero che copre la sedia e il cappello. L’artista aveva già utilizzato maschere carnevalesche nelle tele Pierrot del 1918 e Arlecchino allo specchio del 1923.

Arlecchino e Pierrot di Andrè Derain 


Dipinta nel 1924, l’opera di Derain, esponente come Matisse della cultura dei Fauves, rappresenta i due celebri personaggi della commedia dell’arte mentre cantano e suonano lungo una strada. I colori sono accesi, come vuole il movimento dei Fauves, ma raffinati, e le forme sono armoniose così come i contrasti che inducono a pensare a un sentimento di amicizia e a un avvicinamento all’uso del chiaroscuro e della prospettiva degli artisti classici. Il quadro si può ammirare al National Gallery Of Victoria, in Australia.

Carnevale di Arlecchino di Joan Mirò


L’opera di Joan Mirò, realizzata nel 1925 e oggi esposta all’Albright Knox Art Gallery di Buffalo, applica la tecnica surrealista dell’automatismo psichico, descritta solo più tardi da André Breton, che spinge l’immaginazione a perdersi in visioni fantastiche utilizzando sogni e incubi. Quest’opera, infatti, rappresenta una visione di Joan Mirò: si riconoscono elementi reali come il gatto, il tavolo e la scala, che si uniscono a elementi simbolici, frutto di visioni, come il triangolo nero che emerge dalla finestra per simboleggiare la Tour Eiffel, omaggio alla città in cui risiedeva, o il cerchio verde trafitto da una freccia che ricorda un mappamondo. Tutti gli oggetti sono fluttuanti per sottolineare il loro status di fantasia, di inconscio. La scala a pioli, sempre presente nelle opere di Mirò, indica la fuga dal mondo e rappresenta un passaggio dalla realtà alla fantasia.

Carnevale notturno di Marc Chagall 


E’ il museo di arte contemporanea di Caracas a ospitare questa tela del pittore russo Marc Chagall dipinta nel 1963. Sono presenti atmosfere oniriche e scenari fiabeschi, realizzati dall’artista surrealista con la straordinaria forza del colore, volo acrobatico tra sogno e realtà. La figura del violinista, che ricorre spesso nelle sue opere, è un eroe lirico legato alla sua vagheggiata infanzia: si ispira, infatti, a un zio di nome Nuche che suonava il violino durante le feste familiari e che per Chagall diventa simbolo del mondo artistico.

Ballo in maschera di Nigel Van Wieck 


Realizzata nel 2001 la tela dell’artista britannico Nigel Van Wieck ricorda da vicino lo stile e le atmosfere di Edward Hopper, famoso per i suoi ritratti della solitudine nella vita americana contemporanea. Anche Van Wieck trasmette nelle sue opere quel senso di solitudine e di inquietudine dell’arte figurativa americana: le figure dei ballerini e delle persone in maschera hanno colori brillanti ma non trasmettono vitalità e lo spazio dove si trovano è reale ma ha qualcosa di metafisico che comunica allo spettatore un senso di estraneità. Dall’opera traspaiono anche malinconia e distacco emotivo.



Categorie:K15- Le Maschere nella storia dell'arte - Masks and primitivism in the history of art

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