Zampogna calabrese (ciarameddha)
Avvertenza preliminare
Il saggio che pubblichiamo è tratto dal sito di un suonatore calabrese di zampogna, Demetrio Bruno, esperto e appassionato del suo strumento. Abbiamo dovuto fare degli aggiustamenti al testo perché spesso le inserzioni dialettali rischiavano di renderlo di difficile comprensione. La sostanza musicale però compensa abbondantemente la fatica. Leggendo il saggio ci siamo accorti che la padronanza che Demetrio Bruno ha dello strumento è veramente alta.
La zampogna (zampogna, ciarameddha) è uno degli strumenti di maggior rilievo nell’ambito agro-pastorale calabrese. Lo strumento utilizza solo elementi naturali, come legno, canne per le ance, cera d’api per accordarla, e otre per mantenere il suono continuo. la connettono strettamente alla sfera magico-rituale, mentre il peso e la funzionalità che ricopre nella vita musicale la rendono emblematica dell’interno universo dei suoni della regione. Lo strumento è diffuso su scala regionale in quattro diversi modelli e quasi ovunque viene usato durante tutto l’arco dell’anno soprattutto in occasioni cerimoniali e festive. Le zampogne calabresi hanno 4 o 5 (eccezionalmente 6) canne ad ancia infisse in un ceppo tronco-conico (busciula o testale) che comunica con l’interno di un otre di pelle. L’otre fornisce la riserva d’aria ed è ricavato dalla pelle di una capra o di una pecora che, sfilata per intero dall’animale, ne mantiene la forma con il pelo all’interno. Al posto del collo viene legato il ceppo, al posto di una zampa anteriore, il cannello di insufflazione. Le altre zampe sono chiuse e sporgono bene in evidenza. Le dimensioni dell’otre sono proporzionali a quelle delle canne. Tuttavia in Calabria si tende a preferire otri molto grandi. Il canneggio è impiantato su due canne melodiche più bordoni. Le canne melodiche (mastre ,a dritta o a manca), munite di fori digitali, sono in un unico pezzo, ovvero in due parti separate, tra loro avvitate, e sono generalmente provviste di campane. Vengono accordate regolando l’apertura dei fori digitali mediante cera d’api. I bordoni sono ciascuno in due elementi, scorrevoli l’uno nell’altro in modo da poterne regolare la lunghezza. I principali legni usati per le canne sono: bosso, gelso, noce, olivo, olivo selvatico, acero, erica, alberi da frutto. Sulle giunture e sui bordi delle campane vengono a volte inseriti degli anelli di corno a scopo di rinforzo e di ornamento. Le ance di canna possono essere semplici o doppie. L’ancia semplice (cannizzola) è la più usata. Si ricava da un tubicino di canna avente l’estremità superiore chiusa da un nodo naturale. Lungo la sua superficie viene escissa una linguetta, con un taglio effettuato longitudinalmente, sia in un senso sia nel senso inverso. L’ancia doppia (rametta) è simile a quella della ciaramella. Alcuni strumenti possono montare ambedue i tipi di ancia contemporaneamente. Le zampogne sono corredate da una serie di accessori: una quantità di cera d’api viene generalmente tenuta attaccata al ceppo e utilizzata per restringere il contorno dei fori digitali durante l’accordatura; piccoli punteruoli (magnittara) di legno, corno, osso o altro, tenuti appesi allo strumento, servono a liberare i fori dalla cera in eccesso; tappi di legno vengono a volte impiegati per chiudere i bordoni durante l’accordatura; nappine, nastri e fiocchi colorati (generalmente rossi) forniscono una protezione magica contro il malocchio. Come la ciaramella, anche la zampogna viene costruita in botteghe specializzate dove si fa uso di particolari attrezzature: tornio (elettrico o a pedale), sgorbi, succhielli, alesatori, trapani, ecc. Qui vengono costruiti i nuovi strumenti e riparati i vecchi. Le occasioni più favorevoli per la vendita sono le grandi feste religiose annuali in cui convergono un gran numero di suonatori. I costruttori sono quasi sempre anche suonatori e svolgono un importante ruolo di trasmissione del sapere musicale. Tra i numerosi centri di costruzione calabresi, vi sono Farneta (CS), Verbicaro (CS), Brancaleone (RC), Bagaladi (RC). Alcuni tipi di zampogna vengono anche costruiti a mano, con coltello, direttamente da chi li suona. Lo zampognaro cura personalmente la manutenzione del proprio strumento, sostituendo all’occorrenza sia l’otre sia le ance. É un personaggio centrale nella vita delle comunità agro-pastorali: la sua presenza infatti garantisce il regolare svolgimento dei piccoli e grandi riti collettivi. I seguenti sono i quattro tipi di zampogna diffusi in Calabria: I TIPO: surdulina, anche i suoni, karamunxïa (albanese) . Area di diffusione centro-settentrionale (provincie di Cosenza e Catanzaro, comprese le minoranze linguistiche albanesi). Strumento di dimensioni medio-piccole (lungh. 30-60 cm) ad ancia semplice intagliata dall’alto verso il basso, con 4, raramente 5 (eccezionalmente 6) canne cilindriche prive di campane. Le canne melodiche sono di identiche dimensioni, ciascuna con 4 fori digitali più vari fori di intonazione. La sinistra è chiusa in fondo. I 2 bordoni di dominante, sono fra loro di diversa misura (eccezionalmente vi è un terzo bordone che raddoppia il minore).
Zampogna a paro
Zampogna a paro. Area di diffusione centro-meridionale (provincie di Catanzaro e Reggio Calabria, comprese le minoranze linguistiche grecaniche). Strumento di dimensioni medio-grandi (lungh. 50-80 cm) ad ancia semplice intagliata dal basso verso l’alto o ad ance miste (semplice nel bordone maggiore, doppie nelle altre canne). Ha 4 o 5 canne, di cui 3-4 coniche con campana e 1 cilindrica priva di campana (bordone maggiore). Le canne melodiche sono fra loro di identiche dimensioni; la destra ha 4 fori digitali anteriori + 1 posteriore (alto), la sinistra ha 4 fori anteriori. Ambedue hanno vari fori di intonazione. I 2-3 bordoni di dominante sono di diverse misure.
Zampogna moderna
Zampogna a la moderna. Area di diffusione meridionale (provincia di Reggio Calabria, comprese le minoranze linguistiche grecaniche). Strumento di dimensioni medio-grandi (lungh. 50-80 cm) ad ancia semplice intagliata dal basso verso l’alto, con 5 canne, di cui 4 coniche con campana e 1 cilindrica priva di campana (bordone maggiore). Le canne melodiche sono fra loro di diverse dimensioni; la destra ha 4 fori digitali anteriori + 1 posteriore (alto), la sinistra ha 4 fori anteriori. Ambedue hanno vari fori di intonazione. I bordoni sono come nel tipo a chiave. Si distinguono due modelli scalari di base, rappresentati, il primo dalla zampogna a chiave (II tipo) e dalla zampogna a la moderna (IV tipo), il secondo dalla zampogna a paro tipo) e dalla sua variante, la surdulina (I tipo). In tali modelli, restando invariati i suoni della canna destra, quelli della canna sinistra variano procedendo diatonicamente dalla tonica alla dominante nel II-IV tipo, dalla dominante alla sopratonica nel III tipo. Nelle zampogne del III (e I) tipo le canne melodiche sono intonate per quarte e presentano due serie di note che si sovrappongono parzialmente. La loro combinazione da luogo a un’ottava completa con successione modale dei gradi. Nelle zampogne del II-IV tipo le canne melodiche sono intonate all’ottava e presentano due serie non contigue di suoni. Inoltre, mentre le zampogne del III (e I) tipo hanno tutti i bordoni intonati sulla dominante, quelle del II-IV tipo presentano la caratteristica del bordone basso intonato sulla tonica. É importante notare che il modello scalare delle zampogne del tipo è condiviso dai principali strumenti musicali arcaici della Calabria: il doppio flauto , la lira e, in una certa misura anche la chitarra battente con i suoi bordoni di dominante. In Calabria il repertorio della zampogna è rappresentato dalle due suonate tradizionali, pastorale e viddhaneddha (tarantella), ambedue funzionali alle occasioni rituali festive e di cui la processione (pastorale) e il ballo viddhaneddha (tarantella) costituiscono gli eventi centrali. Si tratta per lo più di suonate di carattere iterativo-microvariato, generalmente di lunga durata. Soltanto il tipo a chiave, nel suo abbinamento con la ciaramella, ha assorbito repertori più moderni (balli di importazione, canzoni). La zampogna, infine, viene anche impiegata pe accompagnare il canto.
Zampogna a chiave
Zampogna chiave. Area di diffusione centro-meridionale (provincie di Catanzaro e Reggio Calabria). Strumento di grandi dimensioni (lungh. 80-120 cm) ad ancia doppia, con 5 canne, di cui 4 coniche con campana e 1 cilindrica priva di campana (bordone maggiore). Le canne melodiche sono fra loro di diverse dimensioni; la destra ha 4 fori digitali anteriori + 1 posteriore (alto), la sinistra ha 4 fori anteriori, di cui l’ultimo, distanziato dagli altri, viene azionato da una chiave metallica. Ambedue hanno fori di intonazione. I tre bordoni, di diverse misure sono, il minore e il medio, di dominante, il maggiore di tonica.
Repertorio
Questo è lo strumento pastorale più diffuso e rappresentativo della pratica musicale di tradizione orale del Reggino. Conosciuta più comunemente, secondo un’ampia e diffusa iconografia, come strumento di devozione pastorale nelle rappresentazioni del Natale, la zampogna nella cultura popolare, oltre ad interpretare con le tradizionali nuveni, ancora oggi eseguite, i sentimenti di fede religiosa, ha da sempre svolto un ruolo centrale nei contesti musicali di festa agro-pastorali.
Il repertorio della zampogna, strumento solista per eccellenza, che si avvale spesso del supporto ritmico del tamburello, così masce a viddaneddha, e le muttette (parafrasi di canzoni in voga), e la tipica forma di accompagnamento al canto solista o a più voci. La zampogna detta a “paro” in quanto ha mutuato la denominazione con la quale s’identificano le analoghe zampogne della provincia di Reggio Calabria (area meridionale ionica) per distinguerle da altre zampogne calabresi (a chiave, surdulina).
La ciarameddha reggina appartiene alla più ampia famiglia delle zampogne dell’Italia centro-meridionale che montano chanters (canne del canto e dell’accompagnamento) e bordoni nel medesimo blocco.
La costruzione
Le fasi della costruzione di una zampogna hanno inizio con la selezione di un legno adatto. Il più utilizzato è senz’altro u scannabeccu pirainaru, anche per la sua facile reperibilità. Possono essere utilizzati anche altri legni più o meno pregiati: il ciliegio, il pruno, l’albicocco, il bosso e piuttosto raramente l’ebano.
La lavorazione ha inizio con lo sgrossamento del pezzo, tutto il lavoro è eseguito a mano con l’ascia.
Segue la prima tornitura e perforazione del pezzo a questo punto e’ lasciato a riposare per oltre un anno. E questo vale anche come stagionatura che non e’ quasi mai accurata e lunga. Dopo questo periodo il pezzo che in ultimo costituira’ un calamo viene rilavorato al tornio.Il tornio e’ completamente manuale ed ha pochi giri che sono, tra l’altro alternati in un verso e nell’altro. Il tornio ha da una parte un mandrino e dall’altra una lunetta che permette la lavorazione del pezzo che man mano assume una forma conica. L’anima, anch’essa conica, verra’ sgrossata per mezzo di sgorbie a forma di cucchiaio. Il raccordo dei calami, il ciocco, e’ anch’esso realizzato al tornio. La filettatura dei calami, su cui sara’ avvitata la campana e’ invece realizzata a mano con il coltello.
Finita la costruzione delle varie parti, lo strumento viene assemblato e si procede alle ultime rifiniture e all’accordatura. La sacca e’ di solito di pelle di capra, debitamente conciate e lavorate. la mastria e non farla perdere
L’accordatura
Non tutti i suonatori sono in grado di accordare la zampogna. Elementi strutturali dello strumento secondo l’etimologia dialettale, sono l’utri (sacco di pelle di capra per la riserva d’aria), a busciula(blocco di legno di gelso nero), u sciuscialoru (insufflatore, solitamente in legno di sambuco), a drittha e a manca (chanters per la melodia e l’accompagnamento, solitamente in legno di erica), u bassu, a quartta e, eventualmente, u fischiettu (bordoni maggiore, medio e minore, solitamente in legno di erica). Tutte le canne montano le cosiddette cannizzole (ance semplici con taglio inferiore). Un tempo alcuni suonatori montavano le pipite (ance doppie).
Una buona accordatura della zampogna, dicono i suonatori, dipende essenzialmente da una buona conza, vale a dire dalle qualità delle ance impiegate, dalle lunghezze delle stesse, e ancora dall’adeguata apertura delle lamelle messe in vibrazione dalla colonna d’aria che s’introduce nelle canne. Troncato dalla cannizzola il segmento utile, con nodo superiore, per realizzare la cannizzola , si libera prima una striscia longitudinale della pellicola corticale per poi procedere con gesti sicuri al taglio della lamella, dal basso verso l’alto rispetto al nodo; si introducono, quindi, con estrema delicatezza, fin sopra l’estremità superiore della lamella, dei sottili fili di stuppa, canapa. Sfregate, poi, una per una, energicamente tra le mani (na stricata a cannizzolami pigghia u sonu), le ance sono pronte per essere fissate sugli chanters e sui bordoni, badando che non siano lenti d’incascio, ovvero che la sezione inferiore, mediante opportune rifiniture , sia perfettamente a tenuta. Ultimata la conza e collocati gli chanters nella busciola, si “mette in suono” la zampogna o meglio, come dicono i suonatori, si spara ‘a ciurameddha. Rettificate così con graduali interventi le cannizzola, o meglio le lamelle delle ance, affinchè consentano un regolare ed omogeneo afflusso d’aria negli chanters, per dirla con i suonatori, quannu ‘a ciurameddha pigghia ‘u jatu giustu e di testa spara para, si procede all’accordatura degli chanters, ovvero alla verifica dell’intonazione delle rispettive note emesse rispettivamente dalla canna ritta e da quella manca.
È ‘u pirtusu d’arretu da’ canna dritta (fazzetto)– dicono i suonatori – chi cumanda ‘u sonu da’ ciurameddha, cioé è intervenendo sul foro posteriore dello chanter destro che ha inizio l’accordatura vera e propria della zampogna. Se è necessario, infatti, si modifica, con l’impiego di cera d’api, l’apertura del foro digitale posteriore, o in certi casi si libera con un punteruolo (detto magnittara), dalla cera superflua, affinchè si raggiunga l’esatto intervallo di terza con la nota emessa dal primo foro digitale della canna sinistra, ‘a manca, sul quale non si interviene mai per modificare l’aperturaFonte: Demetrio Bruno
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