Dizionario della letteratura russo-sovietica

Dizionario della letteratura russo-sovietica

La Russia sovietica

Uno dei centri maggiori della letteratura di questo periodo è la Russia che nel 1917 vive il passaggio dall’impero zarista alla grande stagione rivoluzionaria bolscevica fino a conoscere, con l’avvento di Stalin, l’arroccamento nella dittatura e nella repressione. Negli anni immediatamente posteriori alla rivoluzione, si ha una proliferazione di gruppi e tendenze che accompagna la rinascita sociale: ciò mentre il nuovo governo deve affrontare problemi enormi, dalla carestia e mancanza di rifornimenti (cibo, carburante per i trasporti e il riscaldamento), alla guerra civile, l’attacco di eserciti “bianchi” e tentativi di invasione da parte degli eserciti ex alleati. A cercar di dare un coordinamento statale a enti e istituti culturali ex zaristi fu incaricato Anatolij Vasil’evic Lunacarskij che per dodici anni fu ministro sovietico della cultura (commissario del popolo per l’istruzione, 1917- 1919). Sotto di lui il regime sovietico non ebbe particolari intrusioni ideologiche nelle faccende artistiche; il particolare rilievo che le avanguardie assunsero fu data dalla loro adesione al bolscevismo più che da una eterodirezione politica, mentre gli intellettuali più tradizionali sti manifestavano indifferenza verso il nuovo regime o furono at tivi negli eserciti “bianchi” e dopo la sconfitta di questi emigrarono all’estero. Pur nel clima di autarchia e ristrettezza ma teriale – si pensi che dei 34 mila titoli pubblicati nel 1913, nel 1920 furono pubblicati solo 2 mila a causa della mancanza di carta -, a ricevere forti impulsi furono un po’ tutte le arti, dalla musica alla poesia all’urbanistica e architettura, al teatro e al cinema (a capo del settore cinema del nuovo governo fu messa la moglie di Lenin, la Krupskaja, che per un certo periodo fu anche vice di Lunacarskij). Furono acquistate opere e varato un piano di erezione di monumenti con lo scopo sia di propagandare la rivoluzione che di aiutare artisti indigenti; organizzati treni e battelli propagandistici, allestiti da pittori e poeti. Si cercò di ovviare alla penuria di carta con la diffusione orale e le pubbliche esibizioni. Nacquero i primi cinegiornali (“Kino Pravda”) girati da Tissé e diretti da Dziga Vertov, nonostante la disorganizzazione e gli incidenti di percorso (un “infortunio” del nuovo ministero cinematografico fu la perdita di quasi un milione di dollari grazie a un certo Cibrario che avrebbe dovuto acquistare pellicole e attrezzature negli Stati Uniti): con essi nasceva il documentario cinematografico. La stagione rivoluzionaria libera enormi energie intellettuali. Acmeismo, cubofuturismo, costruttivismo, imaginismo, proletarismo, sono alcuni dei movimenti spesso coesistenti che operano in questo periodo. Dopo il 1920, con la fine del “comunismo di guerra”, si radicalizza il contrasto tra la volontà programmatica di dar vita a una letteratura “proletaria” e le tendenze anticonformiste degli scrittori che non intendono sottostare all’impegno dogmatico. Lev D. Troskij (1879\1940) interviene contro il tentativo di creare forzatamente una nuova letteratura rivoluzionaria; la cultura sovietica in quegli anni conosce una vivace varietà di forme e di ricerche.


Acmeismo

Nel 1912 era sorto, fondato dai poeti Sergej Gorodeskij e Nikolaj Gumilëv, il movimento acmeista, in antitesi al simbolismo e alla sua concezione della poesia come attività mistica, teso a una rinnovata concretezza espressiva, un ritorno al mondano e al terrestre. Di qui l’ansia di una poesia ‘realistica’, commisurata alla capacità propria della parola di raggiungere l'”acme”, l’essenza più valida e segreta dell’oggetto rappresentato; e dall’altro l’aspirazione, che si riflette con particolare evidenza nella poesia e nella vita di Gumilëv, a una presenza esistenziale im prontata a chiarezza e fermezza virile. Il movimento ebbe come rivista «Apollon», e diede vita a una (prima) Corporazione dei poeti. Vi aderirono M. Zenkevic, V. Narbut, N. Ocup, e soprattutto due poeti di assoluto rilievo come Anna Achmatova e Osip Mandel’stam. Dopo la rivoluzione nacquero la seconda e terza Corporazione. All’acmeismo aderì anche Eduard Bagrickij .Con la tragica morte di Gumilëv nel 1921 fucilato a Pietrogrado dai bolscevichi che lo avevano accusato di aver partecipato a un complotto monarchico, l’esperienza acmeista ebbe in pratica ter mine.


Cubofuturismo

Reagiscono al simbolismo anche i futuristi: con la loro attenzione ai nuovi aspetti della moderna civiltà e le loro ricerche sulle più audaci dislocazioni e associazioni verbali, i futuristi mettono la cultura russa al livello delle contemporanee avanguar die europee. Le maggiori personalità sono Vladimir Majakovskij e Velemir Chlebnikov. Il futurismo russo subisce con il 1917 una decisa svolta. Dal 1910 al ’17 sono una serie di gruppi che agiscono con varia intensità e incisività: il gruppo egofuturista di Pietroburgo con il poeta I. Severjanin; il gruppo salottiero di Mosca con V. Sersenevic; il gruppo della «Centrifuga» moderato e “di destra”, in cui matura la poesia di Boris Pasternak; e i cubofuturisti che esordiscono nel 1910 con l’almanacco poetico «Vivaio dei giudici» firmato dai poeti Chlebnikov, V. Kamenskij, Elena Guro, D. Burljuk, cui si unirono poco dopo Majakovskij e B. Livsic. Il loro manifesto più noto apparve nel 1912, nel secondo almanacco, Schiaffo al gusto corrente, dove veniva dichiarato il completo distacco dalle formule poetiche del passato, la volontà di una rivoluzione lessicale e sintattica, l’assoluta libertà nell’uso di caratteri tipografici, formati, carte di stampa, impaginazioni; essi ebbero l’apporto dei pittori M. Larionov, N. Goncarova, K. Malevic; e legami con il primitivismo, nella raccolta di materiali folclorici e nell’uso di temi antico-russi. Nel 1913 compirono turnè per tutta la Russia con scopi dichiaratamente pubblicitari, cosa che mai prima i precedenti movimenti letterari avevano fatto, mentre Majakovskij e A. Krucenych esordiscono in teatro rispettivamente con Vladimir Majakovskij: tragedia e Vittoria sul sole. Dei movimenti pre-rivoluzionari resta attivo dopo il 1917 pra ticamente solo il cubofuturismo che esercita il monopolio lette rario identificando la portata innovatrice delle proprie idee estetiche con il concetto stesso di rivoluzione. Nel 1918 esce «Il giornale dei futuristi», e subito dopo «L’arte della Comune» organo ufficiale degli artisti d’avanguardia che sostenevano il legame tra arte e produzione industriale. Nel 1923 Majakovskij fonda la rivista «LEF». I futuristi operano, in questi anni, in stretto contatto con i critici della scuola formale. Il formalismo critico, rifiutando ogni approccio contenutistico e ideologico all’opera letteraria, getta le basi di una fondamentale riforma che darà origine a im portanti movimenti, come lo strutturalismo e il “new criticism” nordamericano.


Proletarismo (Proletkult)

All’indomani della rivoluzione del 1917, si cercò di gettare le basi per la creazione di un’arte di classe, prodotta e fruita dal proletariato: era il movimento del Proletkult (l’abbreviazione significa appunto “cultura proletaria”). Sorretto dalle formulazioni teoriche del critico marxista A. Bogdanov (1873\1928), il proletkult organizzò club letterari e artistici e centri di educazione per gli operai. Dal primo gruppo organizzato di scrittori-operai uscì una nutrita schiera di poeti: Gastev, Gerasimov, Kazin, Obradovic. Alcuni di essi formularono l’idea del “cosmismo rivoluzionario”. Nel 1923 Lenin e Troskij condannarono il “bogdanovismo”. Con la rinascita di tendenze e generi letterari verificatasi dopo il “comunismo di guerra”, si acuì il contrasto tra scrittori proletaristi e scrittori non comunisti e non proletari. I “compagni di strada” riuniti attorno alla rivista «La Terra vergine rossa» si trovarono di fronte l’intransigente gruppo «Ottobre» tra cui erano i poeti A. Zarov, J. Utkin, M. Svetlov, M. Golodnyj. I membri di questo gruppo, detti “napostovcy” dal nome della rivista «Na Postu» (Al posto di guardia), riprendevano le idee di Bogdanov, aggiungendovi la pretesa di subordinare la letteratura alla direzione politica. Nel 1925 una importante risoluzione riaffermò la libertà d’azione per gli scrittori non proletari. I più irriducibili dei “napostovcy” si unirono allora attorno a una nuova rivista, «Al Posto di guardia letterario», capeggiata dal critico Averbach e dal romanziere Libedinskij. Dopo il 1929, in accordo con il nuovo piano quinquennale, co minciò un radicale processo di proletarizzazione della letteratu ra: i gruppi proletari raccolti attorno alla RAPP e a Averbach, esercitarono un vero e proprio monopolio. Nel 1932 tutte le organizzazioni furono assorbite nell’Unione degli scrittori sovietici. Tra i principali narratori proletaristi furono Jurij Libedinskij, Fëdor Gladkov autore di Cemento, Fëdor Panferov, Dmitrij Furmanov autore del famoso Capaev, A. Fadeev, M. Solochov. Al proletkult aderì Aleksandr N. Afinogenov.


Costruttivismo

Il costruttivismo fu soprattutto un movimento attivo in campo architettonico e scenografico. Si sviluppò nel 1917-1932, attorno ai fratelli A. e L. Vesnin, che diressero il Vchutemas, istituto simile alla Bauhaus di Gropius, e pubblicarono la rivista «Architettura contemporanea». Alcuni documenti programmatici del movimento uscirono sulla rivista LEF. In campo letterario il costruttivismo promosse la fattografia. In poesia dal costruttivismo derivano Il’ja Sel’vinskij e, agli inizi, E.G. Bagrickij.


Il LEF

Gran parte dei cubofuturisti confluisce nel «LEF» (Fronte di sinistra delle arti: Levyj Front Iskusstv), che compie stimolanti esperimenti nel campo della letteratura, delle arti figurative, del cinema, del teatro, della critica. La rivista uscì a Mosca dal 1923 (sul primo numero il manifesto-articolo di Majakovskij intitolato Per che cosa si batte il Lef?) al 1925 (con una ripresa nel 1927-28 come «Nuovo LEF»). Nella redazione entrarono letterati e artisti di ogni tendenza nell’ambito delle avanguardie post-rivoluzionarie, e soprattutto futuristi, come il suo diret tore, Majakovskij. Vi collaborarono Aseev, Tret’jakov, Kamenskij, Boris Pasternak, Krucenych, Osip Brik, Viktor Sklovskij, Arvatov; ma anche i costruttivisti A.M. Rodcenko, V.F. Stepanova e L. Popova; il regista S.M. Ejzenstejn e D. Vertov. Tra le posizioni assunte dai collaboratori, spicca il rifiuto totale della letteratura classica, per far posto una fusione, la più stretta possibile, tra arte e vita, a una analisi sociologica di ogni forma d’arte. Fu una rivista aperta alle idee nuove: sulle colonne di LEF apparve anche l’articolo, diventato poi famoso, di J. Tynjanov e R. Jakobson sull’approccio formalistico alla letteratura. Nella redazione di Nuovo LEF (1927-28) si fece strada la teoria della “letteratura del fatto” o “fattografia”, contraria alla letteratura “inventata”. In questo dibattito Majakovskij si trovò in disaccordo e ne uscì: la rivista chiuse pochi numeri dopo.


Imaginismo

Il manifesto dell’imaginismo fu pubblicato nel 1919 sulla rivista «Sirena», a firma di Sergej Esenin, V. Sersenevic, N. Erdman, il pittore Jakulov e altri. Il movimento rivendicava il primato dell’immagine poetica fine a sè stessa, indipendente anche dal senso. Le poesie venivano definite “onde di immagini” (secondo Sersenevic). Furono pubblicati alcuni almanacchi: Fonderia di parole (1920), Ambulanti di felicità (1920), Imaginisti (1921), che ebbero successo soprattutto per la partecipazione di S. Esenin. Il movimento pubblicò anche una rivista, «Albergo per viaggia tori del meraviglioso» (1922-24). Si sciolse nel 1924. Sergej Esenin (1895\1925), il maggior autore del gruppo e uno dei maggiori autori del periodo, fu cantore di una mitica Russia contadina.


RAPP (Rossijskaja Associacija Proletarskich Pisatelej = Associazione russa degli scrittori proletari)

La RAPP (Rossijskaja Associacija Proletarskich Pisatelej = Associazione russa degli scrittori proletari) nacque nel 1925, ebbe come organo la rivista «Alla vigilia letteraria». Seguendo le di rettive del comitato centrale del partito, la RAPP lottò contro la “letteratura borghese” e contro gli eccessivi schematismi delle giovani leve letterarie, in nome di un nuovo “psicologismo” cioè una più articolata rappresentazione della società comunista. Difese la letteratura ottocentesca, di cui bisognava meditare la grande lezione. L’associazione fu eliminata nel 1932 quando fu assorbita dall’unione degli scrittori sovietici. Nel 1932 Maksim Gor’kij definì la teoria del realismo socialista (SR). In quello stesso anno l’unione degli scrittori sovietici portò all’abolizione governativa di tutte le associazioni letterarie. La teoria del SR fu ribadita nel 1934 al primo congresso degli scrittori sovietici. Implicava l’adesione di tutti i letterati alla linea ufficiale che prescriveva il realismo come anti-romanticismo formale e indicava il socialismo come unico contenuto possibile della creazione artistica. Ad avallare questa unica tendenza artistica fu un gruppo di scrittori nuovi, alcuni di estrazione proletaria, che nelle loro opere raffigurarono i grandi momenti della costruzione della società sovietica come l’industrializzazione l’elettrificazione i piani quinquennali i kolchoz e la collettivizzazione delle campagne. Così F.V. Gladkov con i romanzi Cemento (1924), Energia (1934) sulla costruzione di una grande diga sul Dnepr, La nuova terra (1934) diario di un maestro di kolchoz; F.I. Panferov con I figli della terra (1930), La rivolta della terra (1932); J.N. Lebedinskij con Domani (1935), I commissari (1936). La vasta produzione del SR non presenta opere oggi interessanti se non come documento di una produzione asservita e conformista. Fuori dal SR rimasero i più noti prosatori degli anni ’30, come B.L. Pasternak, J.K. Olesa, M.M. Zoscenko, I.G. Erenburg, V.P. Kataev.


Realismo socialista

Particolare forma, sviluppatasi in Unione Sovietica nella terza decade del Novecento, di realismo nel campo letterario e artistico, collegata con la concezione marxista della realtà. Questa, in Marx e in Engels, è interdipendenza di attività pratica e teoretica; la letteratura, pertanto, nasce da valori concreti e non da ideali astratti e, a sua volta, crea valori concreti, secondo lo schema della sovrastruttura che, condizionata dalla struttura economica, al tempo stesso la condiziona. Il senso del reale presenta, per i marxisti, due caratteristiche essenziali: la tendenziosità e la tipicità. Poiché la storia non è statica, ma tende perennemente a nuove soluzioni e superamenti, non si può rispecchiarla nell’arte se non se ne intuisce la direzione: la grande arte è profezia, previsione storica, e in questo senso è tendenziosa. Di qui discende la istanza marxista di un’arte fedele alla realtà sociale. Marx ed Engels, tuttavia, non riducono l’arte a un puro strumento di propaganda e di polemica. Engels, in particolare, intende l’arte come la riproduzione fedele di caratteri tipici in circostanze tipiche; e i personaggi tipici sono “i rappresentanti di classi e di correnti determinate della loro epoca, che trovano i loro moventi nella corrente storica da cui sono portati”. Il tipico è dunque la coscienza sociale che agisce in un determinato personaggio, nel quale si rispecchiano i problemi generali di un dato periodo. Sulla base di questi presupposti, Marx ed Engels formulano un giudizio positivo sulla produzione letteraria borghese dal secondo Settecento al primo Ottocento, per il vigore con cui essa si impegnò nella lotta contro la nobiltà; ma a cominciare dalla seconda metà dell’Ottocento, cioè da quando la borghesia si spostò su posizioni conservatrici o addirittura reazionarie, il realismo non è più borghese, ma socialista, perché la nuova “tendenza” della storia è volta verso il proletariato. Il concetto engelsiano di tendenza fu precisato da Lenin, che teorizzò il principio della “partiticità”, secondo cui a una letteratura legata di fatto alla borghesia occorreva contrapporre una letteratura legata al partito del proletariato; solo in una futura società, secondo Lenin, sarebbe stata possibile una letteratura al di fuori delle classi. La teoria leninista alimentò la versione sovietica del realismo, che fu organicamente esposta da M. Gorkij al I Congresso degli scrittori sovietici (1934) di cui era presidente e che aveva già trovato applicazione nelle opere dello stesso Gorkij (segnatamente La madre, 1908) e di altri autori (Majakovskij, Šolochov, Babel, Lunačarskij, Fadeev, Serafimovič, A. Tolstoj, ecc.). Ma il portavoce della posizione ufficiale sovietica nel campo letterario e artistico per tutta l’epoca staliniana fu Andrej Ždanov, che, esasperando il concetto leninista di partiticità, legò direttamente la sovrastruttura dell’arte alla struttura economica. Solo con la destalinizzazione seguita al XX Congresso del PCUS (febbraio 1956) si ebbe una revisione anche in campo artistico (anticipata dal romanzo Il disgelo di I. Erenburg) e, accanto al realismo socialista, si è accolto anche il “realismo critico”, teorizzato da G. Lukács, che ne ha indicato l’esponente maggiore in Thomas Mann, per la sua lucida presa di coscienza della negatività della società borghese. Secondo Lukács, la storia letteraria si può periodizzare in base a due grandi linee di sviluppo: la linea maestra del realismo (critico e socialista) e la linea deviante del naturalismo (che riporta l’inferiorità degli oppressi a leggi deterministiche della natura e del destino) e di buona parte dell’avanguardia (che riporta la crisi non a fattori storici ma a un esistenziale contrassegno della condizione umana). Altri marxisti si sono posti su posizioni più possibiliste. Galvano Della Volpe considera il realismo socialista come la dimensione immanente all’arte, sostenendo che diverse poetiche, del realismo borghese, del realismo decadente, del realismo socialista, coesistono nell’ambito della sua estetica. Un’altra interpretazione dell’esegesi realista del marxismo è quella di E. Auerbach, che indaga sul rapporto dell’artista con la realtà e sul contenuto di realtà presente nell’opera d’arte: celebre la sua opera Mimesis (1946), grandiosa indagine sul realismo lungo tre millenni di letteratura.


Fratelli di Serapione

Il gruppo letterario dei Fratelli di Serapione fu fondato a Pietrogrado nel 1921, e sciolto agli inizi degli anni ’30. I serapionidi (il cui nome si richiamava al titolo di una raccolta di racconti di E.T.A. Hoffmann) erano tutti giovanissimi e per la maggior parte prosatori: Lev Lunc, V. Kaverin, V.V. Ivanov, Michail Zoscenko, N. Nikitin, M. Slonimskij, V. Pozner; i due poeti N. Tichonov e Elizaveta Polonskaja; i critici I. Gruzdev e V. Sklovskij. Nel loro manifesto dichiararono l’assoluta libertà dello scrittore da formule estetiche e da influenze politiche, negarono l’esistenza di un capo riconosciuto del movimento, indicarono nella letteratura occidentale il modello a cui ispirarsi nella costruzione del racconto e del dramma, posero l’accento sugli aspetti tecnici e formali della composizione letteraria.


I compagni di strada

La prosa ha un eccezionale sviluppo grazie alle ricerche dei “fratelli di Serapione” e dei “compagni di strada”, come vengono definiti nel 1923 da Troskij gli scrittori che, pur non professando idee comuniste, appoggiano le istanze rivoluzionarie. Grande influenza ha Evgenij Zamjatin; Venjamin Kaverin, Michail Zoscenko, V.V. Ivanov, Konstantin Fedin, Boris Pil’njak, Isaac Babel’, Michail Bulgakov, Leonid Leonov, Valentin Kataev, Jurij Olesa, Il’ja Erenburg raggiungono notevolissimi livelli formali e di anticonformismo ideologico. Tendenza univocamente proletarista hanno invece, negli stessi anni, A. Fadeev e M. Solochov. Alla satira appartengono Il’f e Petrov. I “compagni di strada” saranno tra le vittime della repressione ideologica che colpirà gli intellettuali russi alla fine degli anni ’20 (si pensi anche al gruppo de «Il valico» tra cui è il narratore Andrej Platonov).


Oberiuty

Il gruppo Oberiuty (Ob’edinenie real’nogo iskusstva = Unione di arte reale) si formò a Leningrado nel 1926. Vi appartennero D.I. Charms, A.I. Vvedenskij, A.A. Zaboloskij, K.K. Vaginov, N.M. Olejnikov. Nel manifesto il gruppo dichiarava di optare per una “percezione materialistica, concreta delle cose e dei fenomeni” e di preferire la rappresentazione “dell’oggetto nella sua concretezza, liberato da ogni involucro letterario o quotidiano”. Il gruppo organizzò serate poetiche e teatrali: fu messa in scena la commedia di Charms Elizaveta Bam (1926), furono pubblicati alcuni almanacchi come Antologia di versi (1926), Falò (1927). La raccolta poetica più nota legata al gruppo è Pilastri (1930) di Zaboloskij. Vicini al futurismo nella ricerca di immagini alogiche e di grottesche metafore, gli esponenti dell’Oberiuty si distinsero per l’originalità e la complessità della ricerca poetica. Il gruppo si sciolse agli inizi degli anni ’30. Poeti-contadini La poesia contadina, in una realtà come quella dell’impero zarista e sovietico poi, è stata sempre una costante compresenza. La sua valorizzazione ha avuto matrici romanticiste, ma sottostà anche alla motivazione dello scontro, sempre esistente, tra città e campagna; i tentativi di modernizzazione che provengono dalle aree urbane che si scontrano con la ritrosia della campagne all’innovazione, il desiderio di una realtà più autentica da parte di alcuni intellettuali-critici urbani che nel mito della campagna e in quello contadino ricercano una soluzione al disagio dell’industrializzazione e della costrizione sociale. Tra i maggiori rappresentanti della poesia contadina, oltre a Sergej Esenin, è Nikolaj Alekseevic Kljuev.


Neoclassicisti e tradizionalisti

Nel gran calderone della poesia e della letteratura sovietica, agirono non solo gli esponenti delle avanguardie o quelli proletkult filo-regime. Esistettero anche gruppi classicisti come l’ucraino Mycola Zerov. Al fronte dei tradizionalisti appartenne invece Chodasevic.


Fonti:
http://www.sapere.it/enciclopedia/realismo+socialista.html
http://www.girodivite.it/antenati/xx2sec/9b_avgrs.htm



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