Evgenij Zamjàtin- Noi (Scheda)
Raramente un’opera letteraria è stata contrassegnata dalle vicende politiche come questa di Zamjàtin. Vietata la sua pubblicazione in patria dal regime stalinista per la coraggiosa denuncia degli orrori del comunismo, il romanzo, che fu scritto in russo tra il 1920 e il 1922 e il cui titolo My significa, nella lingua originale, “noi”, conobbe una prima edizione in inglese, con il titolo We, nel 1924, e una successiva in francese con il titolo Nous autres, nel 1929. L’autore stesso fu sottoposto, da parte della cultura ufficiale, ad una persecuzione – com’egli scrive nella lettera rivolta, nel 1931, a Stalin – “quale non s’è mai avuta fino a ora nella letteratura sovietica” e chiese la pena di lasciare l’URSS come commutazione della condanna a morte come scrittore, decretatagli dai Circoli letterari del suo paese. Morì a Parigi nel 1937. Ma neanche dopo la morte di Zamjàtin, Noi fu valutato per quello che effettivamente era: un’aperta denuncia – tramite la metafora fantascientifica – della soppressione, da parte della dittatura comunista, della libertà di pensare e di immaginare dell’essere umano e della conseguente sua riduzione a numero. Tutti i personaggi infatti vengono designati con numeri: D-503 è il protagonista, I-330 è la donna di cui s’innamora, S-4711 è uno dei Guardiani, gli spioni al servizio del Benefattore, il despota dello Stato Unico, che ricordano molto da vicino i membri della Ceka, il famigerato braccio armato della dittatura del proletariato. Le seguenti parole messe in bocca a D-503, rivelano tutto lo sdegno di Zamjàtin per la soppressione della libertà ad opera di Stalin e compagni:
“Liberazione?” Sbalorditivo: fino a che punto nel genere umano sono vivi gli istinti della delinquenza. Io dico coscientemente “della delinquenza”. La libertà e la delinquenza sono così inseparabilmente legate tra loro come… mettiamo, il movimento dell’aereo e la sua velocità: la velocità dell’aereo – o, l’aereo non si muove; la libertà dell’uomo – o, ed egli non commette delitti. E’ chiaro. L’unico mezzo per affrancare l’uomo dalla sua tendenza alla delinquenza è togliergli la libertà.
Di questo disvelamento, mediante l’allegoria fantascientifica, del vero volto del comunismo, non ci sono cenni chiari e circostanziati nelle ricerche critiche e storiografiche dei più autorevoli studiosi del settore. Quando il romanzo non viene ignorato del tutto, come fa Lino Aldani nel suo saggio La fantascienza, i riferimenti ad esso rimangono confinati nell’ambito della ricerca dei padri fondatori dell’utopia negativa o anti-utopia. Addirittura, Jean Gattegno, nel delineare le caratteristiche delle opere antiutopiche, arriva a formulare, in Saggio sulla fantascienza, un’equazione infondata e assurda: “[…] con Zamjàtin emerge il legame, ormai inseparabile dall’anti-utopia, fra il regno della scienza e la dittatura politica. La tecnica vi è presentata come inevitabilmente destinata a condurre all’oppressione”. Il pensiero dell’autore di Noi, invece, è del tutto opposto: la scienza e, nel caso specifico, la matematica sono nemiche delle dittature, come si evince dal seguente dialogo tra D-503 e I-330:
– Questo è insensato! E’ assurdo! Non capisci che ciò che voi tramate è la rivoluzione?
– Sì, la rivoluzione! Ma perché è assurdo?
– Assurdo perché la rivoluzione non può essere. Perché la nostra rivoluzione – non lo dici tu, ma lo dico io – è stata l’ultima. E non ci può essere nessun’altra rivoluzione. Lo sanno tutti.
L’aguzzo, ironico triangolo delle sopracciglia:
– Mio caro: tu sei un matematico. E in più sei un filosofo matematico: dimmi l’ultimo numero.
– Cioè? Io… io non capisco: quale ultimo numero? […] Ma, I-330, questo è assurdo. Dal momento che il numero dei numeri è infinito, quale ultimo numero vuoi da me?
– E tu quale ultima rivoluzione vuoi? Non c’è un’ultima rivoluzione, le rivoluzioni sono senza fine.
Il brano citato ci offre lo spunto per sottolineare quello che, secondo noi, è il vero elemento originale di Noi. Solitamente, gli scrittori di science fiction traggono lo spunto per le loro estrapolazioni avveniristiche da branche delle scienze sperimentali, quali l’astronomia, la fisica, la biologia, ecc. Zamjàtin, invece, fa ricorso alla scienza matematica. La società da lui immaginata, lo Stato Unico, è regolata da leggi matematiche: “[…] non c’è nulla di più felice delle cifre che vivono secondo le armoniose leggi eterne della tavola pitagorica”. L’astronave, che deve diffondere nella Galassia il “verbo” della dittatura del Grande Benefattore, ha impresso nello scafo il nome di “Integrale”, Numeri sono chiamati i cittadini e tutto ciò che non rientra nella logica matematica è definito con il simbolo del numero irrazionale Ö -1. Ad accrescere l’originalità del romanzo dello scrittore russo e a dare al lettore quel senso di “straniamento cognitivo” di cui parla Darko Suvin, contribuisce potentemente lo stile. Fatto di frasi spezzate, di puntini di sospensione, di trattini e due punti – teso insomma più a suggerire che a descrivere -, è in perfetta sintonia con la vicenda che vuole narrare.
Fonte: Antonio Scacco – http://www.futureshock-online.info/pubblicati/fsk36/html/zamjatin.htm
Categorie:Uncategorized
Rispondi