Origini e simbolismo del backgammon

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Origini e simbolismo del backgammon

 

Il backgammon, in italiano Tavola Reale o Tric-Trac, è un gioco da tavolo per due giocatori. Ciascun giocatore possiede 15 pedine che muove lungo 24 triangoli (punti) secondo il lancio di due dadi. Lo scopo del gioco è riuscire per primi a rimuovere tutte le proprie pedine dalla tavola, cercando nel contempo di bloccare l’avversario e di evitare le sue azioni di disturbo.

L’origine del backgammon viene comunemente fatta risalire a circa 5600 anni fa al Gioco reale di Ur ritrovato nella tomba di un re sumero durante gli scavi nell’antica città mesopotamica di Ur, nell’attuale Iraq. Una successiva scoperta, però, sembra poter anticipare la data di nascita di circa 100-200 anni e trasferire il luogo di nascita nell’attuale Iran a causa del ritrovamento di una tavola durante gli scavi archeologici della città di Shahr nella provincia sud-orientale del Sistan-Baluchistan.

È probabile che successive migrazioni ne abbiano permesso una diffusione estensiva sia verso Occidente che verso Oriente favorendo la nascita di numerose varianti. Vista la sua antichissima origine è facile comprendere come siano potute nascere col tempo anche numerose leggende sulla sua paternità. Una di queste attribuisce l’invenzione al re di Persia Ardashir Babakan, della dinastia dei Sasanidi, un’altra ad un antico saggio indiano di nome Qaflan. Una variante di nome Senet si doveva giocare anche nell’antico Egitto. Sono state trovate delle tavole risalenti al 1500 a.C. nella tomba di Tutankhamen così come degli affreschi raffiguranti delle tavole simili a quella attuale.

La diffusione della tavola, nelle sue diverse varianti, non si arresta e raggiunge la Grecia. Platone accenna alla popolarità di cui un gioco simile godeva tra i Greci. Sofocle ne attribuisce l’invenzione a Palamede, che in tal modo passava il tempo durante il lungo assedio alla città di Troia. Omero lo menziona nell’Odissea.

Un gioco costituito da una tavola e tre dadi si conquista il suo posto d’onore anche nell’antica Roma; era conosciuto come Ludus Duodecim Scriptorum (“gioco delle dodici linee”), che successivamente prese il nome, probabilmente anche subendo delle modifiche, di Alea (“dado”) o Tabula (“tavola”).

Il gioco doveva essere molto diffuso in tutte le classi sociali. Svetonio, nelle sue Vite di dodici Cesari, descrive così l’interesse maniacale che l’imperatore Claudio nutriva per quel gioco: «Con gran passione giocava ai dadi, su la quale arte mise fuori anche un libro; e soleva giocare anche in viaggio, facendo adattare il cocchio e il tavoliere in modo che il giuoco non si scompigliasse». Invece gli scavi di Pompei riportarono alla luce dei dipinti murali all’interno di una taverna che raffigurano lo svolgimento di una partita a tabula, terminata tra reciproci insulti.

Le legioni romane permisero una certa diffusione del gioco (in Britannia era appunto conosciuto col nome di Tables), ma probabilmente esso seguì le sorti della caduta dell’Impero, perdendo via via di popolarità.

In Asia veniva giocata una versione chiamata Nard già prima del IX secolo che differiva dalla Tabula principalmente per l’uso di due soli dadi. In Cina si diffuse col nome di T’shu-p’u, in Giappone era invece chiamato Sugoroku.

Una rinascita del gioco in Europa si ebbe durante le Crociate, quando i soldati conobbero la versione del tawla dagli Arabi (takht-e nard, o semplicemente Nard, in persiano).

Nonostante i numerosi tentativi da parte della Chiesa di bandire il gioco perché ritenuto d’azzardo, la sua diffusione nel Medioevo fu tale che gli storici contano diverse varianti allora in voga, come: Tavola Reale in Italia, Tablas Reales in Spagna, Tavli in Grecia, Tavla in Turchia, Tric Trac in Francia e in Italia, Backgammon o Tables in Gran Bretagna, Puff in Germania, Vrhcaby in Cecoslovacchia, Swan-liu in Cina, Golaka-Krida in India.

Bisogna però attendere il 1743, con la pubblicazione del breve trattato ad opera di Edmond Hoyle, per avere una prima organica codifica delle regole del backgammon. Il dado del raddoppio invece fu inventato negli Stati Uniti solo nel 1928.

È raffigurato nella tela di Caravaggio, I bari, del 1594 circa.

In Italia non è un gioco molto conosciuto ma si svolgono tornei europei e internazionali. Per numero di vittorie del titolo italiano si distingue il forlivese Guido Flamigni, che ne collezionò tre (1994, 1997, 1999).

Origine del nome

Il nome popolare italiano (e francese) del gioco Tric-Trac verosimilmente è la traslitterazione approssimativa del greco τρεις τραχον, ovvero Tris Tracon epiteto greco del gioco che significa tre volte giro tortuoso, con l’accezione di gioco con un giro molto tortuoso, difficile.

Per la dizione all’inglese Backgammon l’ipotesi più accreditata è quella che fa risalire il nome backgammon al sassone baec (“dietro”, “ritorno”) e gamen (game = gioco). Le più antiche versioni prevedevano di iniziare con le pedine ancora fuori della tavola, perciò il gioco consisteva nell’introdurre le pedine all’interno della tavola (questa fase non è più presente nel gioco moderno) per farle tornare indietro alla casa e poi nuovamente fuori della tavola. Inoltre le pedine mangiate sono costrette a tornare indietro e rifare tutto il percorso. Alcuni però ipotizzano anche che l’origine del nome possa risalire al Gallese dove bach significa piccolo e cammun battaglia perciò il gioco è una riproduzione in piccolo di una battaglia. Un’altra ipotesi spiega l’origine dal fatto che molto spesso la tavola del backgammon era disegnata sul retro (back in inglese) di quelle per gli scacchi.

Alcuni studiosi, tra cui Stewart Culin e Thomas Hyde, prendendo come riferimento soprattutto le varianti giocate in Asia (come il sugoroku), hanno spiegato che nel backgammon possono essere identificati i cicli della vita umana: le pedine e la compresenza di elementi cromatici discordanti (bianco e nero) rappresenterebbero l’alternanza del giorno e della notte; il numero di punti rappresenterebbe i mesi dell’anno; le 30 pedine rappresenterebbero i giorni del mese; il lancio dei dadi rappresenterebbe la rivoluzione delle sfere celesti. La somma dei punti ai lati opposti di un dado potrebbe indicare i giorni della settimana, ma anche i pianeti conosciuti all’epoca della diffusione di tali varianti, in tal modo rinforzando il riferimento alle sfere celesti.

Il backgammon, nella sua capacità di miscelare componenti di abilità e fortuna, potrebbe simboleggiare perciò una visione dell’esistenza umana: l’esito di una partita non può essere pianificato a priori così come il successo nella vita. La sorte è importante quanto l’ingegno, ed è necessario saper sfruttare quanto concesso dal “fato” (identificato nei dadi) per poter sconfiggere l’avversario. Per vincere infatti è necessario ottimizzare i lanci più fortunati, minimizzando al contempo i danni di quelli meno favorevoli.

 

Fonte: Wikipedia

Immagine sopra il titolo: Caravaggio, I bari, 1594 ca.

 



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