Ritratto di Edvard Munch

Edvard Munch, Autoritratto con sigaretta, 1895, olio su tela, 110.5 x 85.5 cm, National Gallery, Oslo
Edvard Munch nasce il 12 dicembre 1863 a Löten, in una fattoria norvegese. Edvard è il secondo di cinque figli: Sophie (1862-1877), a lui quasi coetanea e con la quale instaurerà un rapporto di grandissimo affetto, Andreas (1865-1895), Laura (1867-1926) e Inger (1868-1952). Questo è un breve ritratto di uno segli artisti più influenti del Novecento. Nella sua opera sono rintracciabili molti elementi della cultura nordica di quegli anni, soprattutto letteraria e filosofica: dai drammi di Ibsen e Strindberg, alla filosofia esistenzialista di Kierkegaard e alla psicanali di Sigmund Freud. Da tutto ciò egli ricava una visione della vita permeata dall’attesa angosciosa della morte.
Ma torniamo alla biografia. Nell’autunno del 1864 la famiglia Munch si trasferisce a Oslo. Nel 1868 la madre, trentenne, muore di tubercolosi, poco tempo dopo aver dato alla luce l’ultimogenita Inger. Sua sorella, Karen Marie Bjølsatad (1839-1931) si prenderà da allora cura della casa. Donna forte, dallo spiccato senso pratico e pittrice, stimola il talento artistico del piccolo Edvard, così come delle sue sorelle, che in questi anni realizzano i primi disegni e acquerelli.
La sorella prediletta di Munch, Sophie, muore di tubercolosi a quindici anni: questa esperienza, che toccherà il giovane Edvard nel profondo, verrà successivamente ripresa pittoricamente in diverse opere tra cui La bambina malata e Morte nella stanza della malata. La perdita della moglie e della figlia maggiore colpiscono pesantemente anche il padre di Munch che da questo momento in poi diventa sempre più malinconico cadendo vittima anche in una sindrome maniaco-depressiva.

Edvard Munch, La fanciulla malata, 1885-1886, olio su tela, 119,5×118,5 cm, Galleria nazionale, Oslo
Tristemente afflitto da una vita segnata dal dolore e dalle sofferenze, vuoi per le numerose malattie, vuoi appunto per i problemi familiari, inizia a studiare pittura a diciassette anni, per poi sottrarsi agli studi di ingegneria imposti dalla famiglia e frequentare corsi di scultura sotto la guida di Julius Middelthun.
Nel 1883 partecipa alla collettiva del Salone delle arti decorative di Christiania (che in seguito prenderà il nome di Oslo) dove entra in contatto con l’ambiente bohémien e conosce l’avanguardia norvegese dei pittori naturalisti. Nel maggio del 1885 grazie a una borsa di studio si reca a Parigi, dove rimane affascinato dalla pittura di Manet.
Dopo questo periodo Munch realizza opere sui temi dell’amore e della morte, suscitatori di violente polemiche e di critiche molto negative, tanto che una sua mostra-scandalo viene chiusa dopo pochi giorni dall’apertura; ma la stessa mostra, divenuta un “caso”, fa il giro delle maggiori città tedesche. E’ un avvenimento che lo renderà famoso in tutta Europa, soprattutto grazie alla violenza espressiva delle sue opere.
Si crea insomma, a partire dal 1892, un vero e proprio “Caso Munch”. Si costituisce un comitato di sostegno degli artisti tedeschi, con a capo Max Liebermann, che si stacca, per protesta, dall’Associazione degli artisti berlinesi (quelli che avevano organizzato la mostra), fondando la “Berliner Secession”. Nel frattempo la mostra di Munch, leggermente modificata, si trasferisce a Düsseldorf e Colonia e a dicembre torna a Berlino come “spettacolo a pagamento” con biglietto d’entrata. Il pubblico non si fa pregare e in breve si formano lunghe code per vedere le opere dello scandalo, con grandi guadagni da parte del contestato artista.

Edvard Munch, La pubertà, 1894-1895, olio su tela, 151,5×110 cm, Galleria nazionale, Oslo
Il pubblico dell’epoca, d’altronde, non poteva che rimanere turbato dalla forza espressiva dei quadri munchiani. Nella sua pittura troviamo anticipati tutti i grandi temi del successivo espressionismo: dall’angoscia esistenziale alla crisi dei valori etici e religiosi, dalla solitudine umana all’incombere della morte, dalla incertezza del futuro al meccanismo disumanizzante tipico della società borghese.
Da allora, Munch vive per la maggior parte del tempo in Germania, a Berlino, ad eccezione di qualche viaggio a Parigi e in Italia. La sua attività in questi anni si fa intensa; nello stesso periodo inizia la collaborazione con il drammaturgo Ibsen, che proseguirà fino al 1906. Inframmezzata alla sua attività, la cronaca riporta anche un suo ricovero al sanatorio di Faberg per curare gli ormai cronici problemi di alcolismo. Inoltre, nascono anche i primi problemi con Tulla, la sua compagna, che vorrebbe diventare sua moglie. Ma l’artista considera il matrimonio come pericoloso per la propria libertà di artista e di uomo.
Nel 1904 diviene membro della Berliner Secession, alla quale aderiranno poi anche Beckmann, Nolde e Kandinsky. Nel 1953 Oskar Kokoschka scrive un articolo in suo onore nel quale gli esprime tutta la sua gratitudine e ammirazione.
Nell’ultimo decennio del XX secolo, l’artista norvegese espone le sue opere a Parigi, sia al Salon des Indépendants (1896, 1897 e 1903) sia alla galleria L’Art Nouveau (1896).
Nell’ottobre del 1908, a Copenaghen, inizia a soffrire di allucinazioni e ha un crollo nervoso: viene ricoverato nella clinica del dottore Daniel Jacobson per otto mesi durante i quali trasforma la sua camera in atelier. Nell’autunno del medesimo anno viene nominato “Cavaliere dell’Ordine Reale Norvegese di S. Olav”.
La primavera seguente, in clinica a Copenaghen, scrive il poema in prosa Alfa & Omega che illustra con diciotto litografie; grandi mostre di sue opere e stampe vengono organizzate a Helsinki, Trondheim, Bergen e Brema; diventa membro dell’Associazione degli artisti Mánes a Praga e inizia a lavorare a un progetto di decorazione murale per l’Aula Magna dell’Università di Oslo.
Nel 1936 riceve la Legion d’Onore e allestisce per la prima volta una personale a Londra, alla London Gallery. Negli anni seguenti la sua fama non si arresta e nel 1942 espone negli Stati Uniti. Il 19 dicembre dell’anno seguente l’esplosione di una nave tedesca nel porto di Oslo provoca seri danni al suo atelier e questo avvenimento lo mette particolarmente in ansia: preoccupato per i suoi quadri trascura la polmonite di cui cade vittima e muore nella sua casa di Ekely nel pomeriggio del 23 gennaio 1944 lasciando, come da testamento, tutte le sue opere alla città di Oslo. Nel 1949 il Consiglio comunale di Oslo approva la costituzione di un museo per la conservazione di questo patrimonio, nel frattempo accresciuto dalla donazione della sorella Inger, e il 29 maggio 1963 viene inaugurato il Munchmuseet.
Nonostante il suo carattere schivo, Edvard Munch era considerato un uomo molto affascinante. Già in giovane età, nel 1885, intraprese una relazione con una donna sposata, ma è con la ricca ereditiera Tulla Larsen che l’artista ebbe la sua storia più tormentata. La donna pare che fosse molto possessiva e Edward volesse lasciarla. Ciò era ovviamente causa di accese discussioni in una delle quali entrò in gioco un colpo di pistola che frantumò un dito del pittore.
Le opere
Nel 1892 ebbe luogo a Berlino una mostra che destò grande scandalo e fu chiusa d’autorità; vi erano esposte opere del giovane pittore norvegese Edvard Munch.
Munch si era formato a Oslo a contatto con pittori di ascendenza naturalista, come rivelano le sue prime opere, caratterizzate da temi legati alla vita quotidiana e da una pittura dai toni scuri.
Una serie di viaggi a Parigi risultò determinante per l’evoluzione della sua arte. Inizialmente essa subì l’influsso degli impressionisti, pur mostrando rispetto a questi una maggiore intensità emotiva; in seguito, attratto da Van Gogh e Gauguin, l’artista norvegese trovò in loro punti di riferimento per acquisire un linguaggio maggiormente espressivo, consono a rappresentare quella che sarà la caratteristica più originale della sua arte: una tragica, angosciosa visione esistenziale.
La pittura di Munch può considerarsi finalizzata alla rappresentazione dei sentimenti più autentici e nascosti che colgono l’uomo di fronte ai fondamentali misteri dell’esistenza: la vita, l’amore e la morte.
L’allontanamento dal realismo, nelle sue inclinazioni naturalista e impressioniste, si attua con il dipinto > La bambina malata in cui l’uso del colore diventa funzionale all’evocazione di una profonda inquietudine esistenziale.
La bambina malata
La ricerca di un senso ultimo rispetto alle imprevedibili sofferenze dell’esistenza porta a una sorte di semplificazione deformante sul piano figurativo. Così ne > Il bacio i volti degli innamorati non si congiungono a significare trasporto amoroso, ma si compenetrano fino a dissolversi in un informe abbraccio che pare possedere la medesima e ineluttabile irruenza della morte.
Il bacio
Così il tema della morte lo ritroviamo nel > Vampiro e nell’immagine blasfema di una > Madonna cadaverica, circondata da spermatozoi infecondi che si susseguono e affiancata da un feto larvale inquietante.
Vampiro
Madonna
Quando Munch espose nel 1892 a Berlino, il clima artistico della città era già estremamente teso, per la dura contrapposizione tra tradizionalisti accademici e artisti aperti invece agli influssi francesi e al naturalismo.
La mostra di Munch acuì le tensioni e gli esponenti della corrente accademica ottennero la chiusura della sua mostra. Ma gli artisti più disponibili alle novità vennero comunque influenzati dall’opera di Munch che contribuì in tal modo a preparare il terreno alla secessione di Berlino (1898).
Pittori come Liebbermann, Corinth, Kollwitz e Baluschek amavano trattare soggetti di vita quotidiana nei loro aspetti meno edificanti, in polemica con le convenzioni accademiche e con la morale borghese del tempo.
L’urlo

Edvard Munch, L’urlo, 1893, olio, tempera, pastello su cartone, 91×73.5 cm, Galleria nazionale, Oslo
L’angoscia induce il personaggio, probabilmente una donna, ad urlare. Il suo sguardo atterrito non è diretto all’eventuale osservatore, non invoca l’aiuto. Le mani sono premute alle orecchie per non sentire nulla. Alle spalle una coppia cammina in direzione opposta.
La vita, se per vita s’intende la quiete, è irrimediabilmente lontana e perduta, nei profili azzurrati delle barche e nella sagoma tenue del campanile.
Le pennellate accese che si propagano intorno alla donna sono come onde sonore (l’analogia tra suono e colore rivela il legame dell’artista con il simbolismo) sprovviste di una legge che ne governi il moto e conformi soltanto all’imprevedibilità di un impulso emotivo talmente violento da mutarsi, per paradosso, nel suo esatto contrario: la lacerante assenza d’emozioni. La figura è deturpata, la scarna e deformata sagoma del volto della donna è più simile ad un teschio che ad un viso.
Nella litografia dell’urlo, eseguita dall’artista due anni dopo , l’aggressività del segno risulterà ancora più accentuata.
Munch seppe imprimere alla propria arte un’inedita intensità emotiva cui guarderanno come ad un modello i fauves e soprattutto gli espressionisti tedeschi, uniti a Munch da una altrettanto tragica visione del vivere.
Citazioni dell’autore
“Camminavo lungo la strada con due amici – era il tramonto -, sentii come un soffio di malinconia. Tutto d’un tratto il cielo si trasformò in rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai alla staccionata stanco morto – vidi le nuvole fiammanti come sangue e simili a sciabole sopra il fiordo e la città nero pesto. I miei amici continuarono – io stavo lì, tremante di angoscia – e sentii come un grido forte, infinito che attraversava la natura”. Nizza, 22 gennaio 1892: luogo e data sono impressi sul taccuino di Edvard Munch (Løten, 1863 – Oslo, 1944). Il brano scritto quel giorno in Costa Azzurra, che riportiamo qui nella traduzione pubblicata sul catalogo della mostra di Munch tenutasi a Firenze nel 1999, è celeberrimo ed è un’annotazione che avrebbe poi portato l’artista a elaborare il suo capolavoro più noto, una delle icone della pittura mondiale: l’Urlo, in norvegese Skrik, oppure, utilizzando il titolo in tedesco che Munch aveva dato all’opera, Der Schrei der Natur (“L’urlo della natura”).
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