La ricerca dei metodi risolutivi delle equazioni

La ricerca dei metodi risolutivi delle equazioni

Equazioni di secondo grado

Il metodo risolutivo di un’equazione di secondo grado era noto già ai Babilonesi. In Mesopotamia spesso le equazioni erano introdotte da problemi di tipo geometrico: ad esempio si chiede di trovare il lato di un quadrato sapendo che l’area meno un lato è uguale a 870; problema che corrisponde alla nostra equazione x 2 x = 870   (ridotta in forma normale come x 2 x – 870 = 0 ).

I Babilonesi non accettavano però le soluzioni negative e nulle delle equazioni e, non accettando il fatto che i coefficienti potessero assumere valori sia positivi che negativi, non veniva riconosciuta nemmeno una forma normale unica ma erano distinti tre casi con coefficienti positivi:

  • x^2 + bx = c
  • x^2 + c = bx
  • x^2 = bx +c

Espresse nella forma moderna la prima ha il termine noto negativo, la seconda il coefficiente di secondo grado negativo, e la terza entrambi i coefficienti minori di zero. L’equazione con tutti i termini positivi non era nemmeno presa in considerazione in quanto ammette solo soluzioni negative.

Da notare il fatto che nella forma normale babilonese il coefficiente di secondo grado è unitario ma non arrivavano a tale forma, come successivamente gli arabi dividendo tutti i membri per a. Data, per esempio, l’equazione

ax^2 + bx = c ,

entrambi i membri venivano infatti moltiplicati per a:

a^2x^2 + bax = ac

e poi veniva effettuata la sostituzione y=ax in modo da ottenere un’equazione in forma normale nella variabile y;

y^2 + by = ac .

Questo procedimento testimonia l’elevato grado di flessibilità raggiunto dall’algebra babilonese.

La soluzione era data tramite formule che ricordano molto quelle odierne. per esempio la formula risolutiva per il primo caso era, espressa in notazione moderna, la seguente:

x= \sqrt {\frac{b}{2}^2 + c} -\frac{b}{2}

che può essere ridotta tramite semplici passaggi algebrici alla formula risolutiva moderna per questo caso

x= \frac{-b +\sqrt {b^2 + 4c}}{2}

Identité-remarquable-géométrie (1).jpg

Il primo in Grecia ad occuparsi della soluzione delle equazioni di secondo grado fu Diofanto. Tuttavia il uo lavoro non ebbe conseguenze significative poiché la matematica greca era in una fase di declino.

Lo studio di queste equazioni venne continuato dagli arabi. Muhammad ibn Musa al-Khwarizmi nell’ al-Jabr si occupa della loro risoluzione. Distingue 5 tipi di equazione: i tre già noti ai babilonesi e in più l’equazione pura x^2 = c e quella spuria x^2 = bx . Anche qui si pone il coefficiente di secondo grado = 1 ma ci si arriva tramite divisione. Le soluzioni negative non sono, nemmeno stavolta, accettate.

Il metodo usato da al-Khwarizmi è quello del completamento del quadrato. L’equazione

x^2 + 8x = 33 ,

per esempio, sarebbe stata risolta aggiungendo 16 ad entrambi i termini in modo da “completare” il quadrato al primo membro:

x^2 + 8x + 16 = 49 ossia (x+4)^2 = 49 .

Da questa si otteneva

x+4 = 7

e si trovava così a soluzione positiva x=3.

Il matematico arabo proponeva anche una trasposizione grafica. Supponiamo di dover risolvere la stessa equazione

x^2 + 8x = 33 .

Il metodo usato dal persiano in questo caso avrebbe potuto essere simile al seguente: si tracci un quadrato che supponiamo avere lato x (quello blu in figura). Vi si affianchino due rettangoli di dimensioni x e 4 ossia b/2 (quelli verdi in figura). L’area della figura verde e blu è

x^2 + 8x .

Poniamo ora questa area 33. Aggiungiamo ora il quadratino rosso di lato 4, in modo da “completare” a il quadrato grande. l’area totale sarà quindi 33 + 16 = 49 e il lato del quadrato grande è dunque 7. poiché il alto grande è dato dal lato del quadrato blu (cioè x) sommato al lato del rettangolo verde (cioè 4); x= 7-4 =3.

Al-Khwaritzmi pone per la prima volta l’accento sul segno del discriminante, che deve essere positivo perché l’equazione sia risolubile.

Nell’epoca moderna, in Europa, si inizierà ad accettare le soluzioni negative e, successivamente, quelle complesse ed a porre l’equazione in un’unica forma normale.

Cartesio introdurrà nel XVII secolo la regola dei segni, secondo la quale un’equazione di secondo grado ha tante soluzioni positive quanti sono i cambi di segno fra due coefficienti consecutivi. L’equazione

x^2 + 8x - 33=0 ,

per esempio, ammette una soluzione negativa, invece

x^2 - 8x + 33=0

ne ha due.

Viète introdusse per primo delle lettere per esprimere i coefficienti delle equazione, ipotizzando per primo che potessero assumere anche valori negativi. Scoprì poi le formule che portano il suo nome e che mettono in relazione i coefficienti dell’equazione con le radici. In particolare per l’equazione di secondo grado si afferma che se il coefficiente di secondo grado a è 1, allora il prodotto delle radici dà il termine noto, la loro somma il coefficiente di primo grado.

Equazioni di terzo e quarto grado

Il primo a tentare di risolvere l’equazione di terzo grado (o cubica) fu l’arabo Omar Khayyam che tuttavia riuscì solamente a dare una soluzione geometrica: infatti Khayyam trovava le soluzioni tramite l’intersezione tra coniche con metodi vicini a quelli della geometria analitica. Misurando poi il segmento ottenuto il matematico arabo poteva approssimare le soluzioni con il grado di precisione voluto. Ma si trattava appunto di soluzioni approssimate.

Fu Scipione del Ferro a trovare, attorno al 1515, il metodo risolutivo per un caso particolare dell’equazione di terzo grado, il caso

x^3 + px +q = 0.

Ricordiamo che i matematici dell’epoca non conoscevano i coefficienti negativi e quindi il caso sopra citato era trattato come tre casi distinti:

x^3 =px+ q o x^3 +q =px o x^3 +px =q.

Per i matematici rinascimentali esistevano tredici tipi di equazione di terzo grado.

Del Ferro tenne per sé la formula risolutiva: infatti all’epoca i matematici spesso si sfidavano pubblicamente tra di loro e gran parte della loro carriera universitaria dipende va dall’esito di queste dispute. Si capisce dunque come essere il solo a detenere il segreto della risoluzione dell’equazione di terzo grado fosse un vantaggio non trascurabile.

Niccolò Fontana, universalmente conosciuto come Tartaglia, (era chiamato così per via della balbuzie dovuta ad una sciabolata infertagli da piccolo da un soldato francese mentre cercava rifugio nella cattedrale) fu invece il primo a trovare il metodo risolutivo dell’equazione nella forma

x^3 + p x^2 + q = 0 .

Del Ferro aveva confidato il segreto a un suo mediocre allievo Antonio Maria Fior che sicuro di vincere, sfidò Tartaglia perdendo però malamente. Infatti Tartaglia riscoprì la formula di Del Ferro riuscendo così a risolvere tutti i problemi che gli erano stati proposti. Fior invece non risolse nemmeno uno dei problemi lanciati dal suo avversario.

La fama delle scoperte di Tartaglia giunse all’orecchio del grande medico matematico e astrologo Girolamo Cardano che, ospitando Tartaglia con la vaga promessa di fargli conoscere un mecenate, riuscì a farsi rivelare il segreto in forma criptata. Successivamente Tartaglia sosterrà di aver fatto giurare a Cardano che non l’avrebbe mai reso pubblico ma il fatto è contestato dallo stesso Cardano. Il matematico bresciano aveva celato il procedimento sotto questi versi (tra parentesi quadra la notazione moderna):

« Quando che’l cubo con le cose appresso [x^3 + px ]

Se agguaglia à qualche numero discreto [ =q ]
Trovan dui altri differenti in esso. [ u -v = q ]

Dapoi terrai questo per consueto
Che’llor produtto sempre sia eguale [ uv =  ]
Al terzo cubo delle cose neto, [ (p/3)^3  ]

El residuo poi suo generale
Delli lor lati cubi ben sottratti [\sqrt[3]{u}  - \sqrt[3]{v} ]
Varra la tua cosa principale. [ =x »

Per gli altri casi di questo tipo di equazione (che in forma moderna sono riconducibili, come già detto all’unico caso

x^3 + px + q = 0 ),

Tartaglia dà informazioni simili (sostituendo per esempio il segno – col segno +).

In pratica Tartaglia riconduce l’equazione del tipo

x^3 + px = q

a un sistema di secondo grado facilmente risolvibile tramite un’equazione quadratica:

\left\{\begin{matrix} u-v = q\\<br /><br /> uv = \frac{p^3}{27}\end{matrix}\right.

Tenendo presente che

x = \sqrt[3]{u}  - \sqrt[3]{v} .

Esprimendo il procedimento in un’unica formula si ottengono le note formule cardaniche:

 x = \sqrt[3]{-{q\over 2}+\sqrt[2]{{q^{2}\over 4}+{p^{3}\over 27}}} - \sqrt[3]{-{q\over 2}-\sqrt[2]{{q^{2}\over 4}+{p^{3}\over 27}}}

Cardano riuscì comunque a trovare la dimostrazione del metodo e in seguito, con l’aiuto del geniale allievo Lodovico Ferrari riuscì a ricondurre una qualsiasi equazione cubica nella forma di Tartaglia. A Cardano va dunque il merito di aver risolto per primo le equazioni di terzo grado complete. Poco dopo Ferrari riuscì a trovare il metodo risolutivo delle equazione di quarto grado (o quartiche) anche se tale metodo è troppo complesso per essere espresso in un’unica formula.

Dopo aver trovato in casa del genero Annibale Dalla Nave il manoscritto di Del Ferro contenente la prova che quest’ultimo avesse risolto per primo l’equazione cubica, Cardano si sentì liberato dal giuramento fatto a Tartaglia (se mai ne aveva fatto uno) e pubblicò, nella sua Ars Magna (1545), i suoi risultati, quelli di Tartaglia e quelli di Ferrari citando però accuratamente le fonti.

Questo non fu sufficiente per evitare le ire di Tartaglia che offese pubblicamente Cardano chiamandolo “huomo di poco sugo”. Ferrari difese accanitamente il maestro e ne seguì una lunga disputa (dalla quale, comunque, Cardano si mantenne sempre neutrale). Sfidato pubblicamente da Ferrari, Tartaglia fu umiliato e sconfitto e poco dopo vide il ritiro del suo incarico di professore.

Negli anni successivi François Viète trovò un altro metodo di risoluzione: una volta eliminato il coefficiente di secondo grado si applica la sostituzione

 x = y - {p \over 3y}

che porta a un’equazione di secondo grado nella variabile  y^3.

François Viète, infatti, in seguito all’introduzione dei coefficienti letterali, pubblicò nell’Isagoge in artem analyticam un metodo molto lineare, che prevede la risoluzione di un’equazione di terzo grado completa riducendola, tramite una multipla sostituzione delle variabili, ad una particolare equazione quadratica. Il procedimento è il seguente.

Un’equazione del tipo

ax^3+bx^2+cx+d=0

si riconduce, applicando la seguente sostituzione

x=y-\frac{b}{3a}

alla forma

y^3+py+q=0

dove

p=\frac{c}{a}-\frac{b^2}{3a^2}

e

q=\frac{d}{a}-\frac{bc}{3a^2}+\frac{2b^3}{27a^3}

Si ottiene così un’equazione nella forma precedentemente descritta le cui soluzioni sono y=u+v dove u e v sono le radici:

u=\sqrt[3]{-\frac{q}{2}+\sqrt{\frac{q^2}{4}+\frac{p^3}{27}}}
v=\sqrt[3]{-\frac{q}{2}-\sqrt{\frac{q^2}{4}+\frac{p^3}{27}}}

La formula per calcolare le soluzioni dell’equazione di terzo grado è quindi:

y=\sqrt[3]{-\frac{q}{2}+\sqrt{\frac{q^2}{4}+\frac{p^3}{27}}}+\sqrt[3]{-\frac{q}{2}-\sqrt{\frac{q^2}{4}+\frac{p^3}{27}}}

Bisogna ricordare che per il teorema fondamentale dell’algebra un’equazione di terzo grado deve avere 3 soluzioni, bisogna quindi valutare anche i risultati complessi delle radici.

Ora è necessario calcolare se la quantità che sta sotto le radici quadrate, che chiameremo Δ, è positiva o negativa.

  • Se Δ è maggiore di 0 si calcolano i due numeri reali u e v uguali a
    u=\sqrt[3]{-\frac{q}{2}+\sqrt{\Delta}}, \quad v=\sqrt[3]{-\frac{q}{2}-\sqrt{\Delta}}

    e le soluzioni dell’equazione saranno:

    y_1=u+v
    y_2=u\cdot\left(-\frac{1}{2}+i\frac{\sqrt{3}}{2}\right)+v\cdot\left(-\frac{1}{2}-i\frac{\sqrt{3}}{2}\right)
    y_3=u\cdot\left(-\frac{1}{2}-i\frac{\sqrt{3}}{2}\right)+v\cdot\left(-\frac{1}{2}+i\frac{\sqrt{3}}{2}\right)
  • Se Δ è minore di 0 bisognerà convertire il numero complesso
    -\frac{q}{2}+i\sqrt{-\Delta}

    nella forma trigonometrica \rho(\cos\theta+i\sin\theta) e le tre soluzioni saranno i risultati delle formule:

    y_1=2\sqrt{-\frac{p}{3}}\cdot\cos\frac{\theta}{3}
    y_2=2\sqrt{-\frac{p}{3}}\cdot\cos\frac{\theta+2\pi}{3}
    y_3=2\sqrt{-\frac{p}{3}}\cdot\cos\frac{\theta+4\pi}{3}
  • Se Δ è uguale a 0 le soluzioni dell’equazione saranno:
    y_1=-2\sqrt[3]{\frac{q}{2}}
    y_2=y_3=\sqrt[3]{\frac{q}{2}}

 

 


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