Il teatro napoletano tra Otto e Novecento: Antonio Petito

Ritratto-di-Antonio-Petito

Il teatro napoletano tra Otto e Novecento: Antonio Petito

Antonio Petito (Napoli, 22 giugno 1822 – Napoli, 24 marzo 1876) è stato un attore teatrale e drammaturgo italiano. Fu un celebre Pulcinella, uno degli interpreti più capaci e apprezzati della famosa maschera teatrale.

Figlio di un altro celebre Pulcinella, Salvatore Petito, e di donna Peppa (Giuseppina D’Errico all’anagrafe), impresaria di un baraccone nel quale si rappresentavano spettacoli per il popolo, Antonio era soprannominato in famiglia Totonno ‘o pazzo per la sua estrema vitalità. Fu proprio il padre a dargli il battesimo teatrale, cedendogli la maschera nel corso di una rappresentazione teatrale al Teatro San Carlino di Napoli, dove in seguito si produsse più volte. Proprio dietro le quinte di quel teatro, Petito ebbe, la sera del 24 marzo 1876, l’attacco cardiaco che gli fu fatale. Sebbene rappresentasse i suoi lavori sempre per il popolo, l’interclassismo presente nell’ambiente dei teatri di Napoli ne fece un idolo anche presso i ceti più agiati, e forte fu il richiamo dei personaggi ufficiali della politica alla tournée fiorentina del 1869.

Fu, oltre che attore dotato di grande mimica, anche drammaturgo nonostante fosse semianalfabeta, incapace di scrivere correttamente in italiano: per questo motivo si avvalse sempre di revisori delle sue opere, e tra questi il più ricorrente e ricercato fu Giacomo Marulli. Le sue qualità andarono oltre: fu anche un ottimo cantante, ballerino, coreografo e regista.

Petito è una delle figure più importanti del teatro napoletano dell’Ottocento. Il suo teatro considerato solo “canovacci” e pretesti per il grande attore furono dimenticati alla sua morte. Si deve a Raffaele Viviani la riscoperta e il rilancio del Petito autore quando nel 1941 mise in scena So’ muorto e m’hanno fatto turna’ a nascere con il titolo di Siamo Tutti fratelli.

Petito è colui che rivoluzionò la maschera di Pulcinella, trasformandolo da villano ingenuo, sciocco e ignorante in servitore astuto, ingannatore ma tutt’altro cattivo, saggio e con una nota malinconica; Petito provvide inoltre ad ammodernare l’aspetto fisico, la mimica e la lingua della sua maschera, avvicinandola di più a quel mondo borghese che aveva trasformato la società, facendosi così apprezzare non solo dal popolino ma anche dalle classi più agiate. È la stessa operazione che farà successivamente Eduardo Scarpetta con la figura di Felice Sciosciammoca, dandole maggiore verosimiglianza e segnando il passaggio dal teatro delle maschere al teatro del carattere, in modo che Felice, il quale era dapprima il cafone stupido che conviveva con Pulcinella sulla scena, si sostituisse poi proprio a questi: Pulcinella esiste ancora, ma ha i nostri stessi vestiti e si mimetizza tra la gente per mettere in opera i suoi piani. A questa radicale trasformazione posta in essere da Totonno, doveva altresì corrispondere un mutamento delle ragioni che lo portavano ad agire, dunque le commedie trattavano di argomenti a sfondo sociale di grande attualità, non disdegnando neppure di indossare i panni femminili come avvenuto in “La popolana” e “Palummella”.

Dopo la sua morte, il teatro San Carlino sopravvisse ancora per poco, avendo perso il suo più amato rappresentante.

Nel 1982 la RAI gli dedicò uno sceneggiato televisivo in sette puntate: Petito story scritto e sceneggiato da Gennaro Magliulo ed Ettore Massarese.


Bibliografia

  • Antonio Petito, Memorie artistiche; presentate e trascritte da Giuseppe A. Pastore, Lecce, Edizioni del Grifo, 2006.
  • Federico Frascani, Le burle atroci di Antonio Petito; autobiografia del leggendario Pulcinella, Napoli, Arte tipografica, 1998.
  • Ugo Piscopo, Maschere per l’Europa: il teatro popolare napoletano da Petito a Eduardo, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1994.
  • Ettore Massarese, Tutto Petito, Luca Torre Editore, 1978.

 


Fonte: Wikipedia



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