Antonio De Lisa- Strade/Cross Road (Testi)

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Antonio De Lisa- Strade/Cross Road (Testi)


01) L’odore della guerra

C’è un volto che ci interroga
da una foto scattata di fretta,
quello di una bambina siriana
con i suoi occhioni profondi.

Viene da una guerra maledetta.
Al massimo le forniremo
gli elementi minimi di un’accoglienza,
per non farci sentire in colpa.

Quella bambina arriva
da una grande civiltà implosa.
Non ci sta chiedendo nulla,
ci guarda soltanto.

Non sappiamo cosa sia una guerra,
la vediamo solo in televisione,
lei l’ha subita dalla nascita
tra le macerie della sua terra.


02) Commando

Sono in quattro nella BMW,
li vedo arrivare da lontano,
in un primo momento non ci avevo fatto caso,
ora mi accorgo che stanno cantando a perdifiato.
Non realizzo subito la situazione.
Quattro ragazzoni, con qualcosa in mano,
qualcosa che sembra un’arma da gioco,
ma è un’arma vera, è proprio un mitra
con la sua bocca di fuoco
e i proiettili in canna.
Il guidatore canta a squarciagola
lo vedo che scala la marcia …
hanno solo vent’anni …
hanno solo vent’anni …

Chorus 1

Una specie di calamita mi spinge
a fissarli negli occhi, occhi cattivi,
occhi di cocaina,
occhi pronti a spegnere altri occhi.

E’ pericoloso guardare negli occhi
chi imbraccia un mitra,
potresti essere un testimone di un agguato, o di qualcosa
che gli somiglia.
Non vedi la mostruosità delle sue intenzioni,
vedi la tremenda forza delle decisioni.
Tremenda, diabolica, militare.
Traspare dalle pupille dilatate.
Il sudore imperla volti contratti dallo spasmo,
uno di loro ha un crocefisso che spunta
sul petto con la camicia aperta
sul tatuaggio giapponese …
Hanno solo 20 anni …
Hanno solo 20 anni

Chorus 2

Si stanno preparando al massacro.
Ma il vero massacro è quello della loro vita.
Qualcuno ce li ha mandati, in quell’inferno,
al riparo di una scrivania di legno pregiato.
Lui lì, loro là, nelle braccia della polizia.

Il rosso del semaforo è eterno,
ha paralizzato il tempo,
lo ha immobilizzato in uno spasmo,
in una smorfia.
Il movimento dei passanti è rallentato,
come in un acquario,
uomini e donne respirano a fatica.
Nel cielo un elicottero della polizia
sferruzza con le sue pale un cielo di latte.
I quattro cantano, a squarciagola,
passandosi sguardi di complicità,
guapperia, sfida alla vita e alla morte.

Chorus 1

Una specie di calamita mi spinge
a fissarli negli occhi, occhi cattivi,
occhi di cocaina,
occhi che si accingono a spegnere altri occhi.

Uno agita l’aria con la mano libera dal mitra,
porta il tempo, batte sulla portiera
come su una percussione,
lo fa con cattiveria, di chi sta attraversando una soglia.
Il rosso del semaforo liquefa i colori tutti intorno.
C’è solo quel rosso, l’ultimo ostacolo.

Chorus 2

Si stanno preparando al massacro.
Ma il vero massacro è quello della loro vita.
Qualcuno ce li ha mandati, in quell’inferno,
al riparo di una scrivania di legno pregiato.
Lui lì, loro là, nelle braccia della polizia.

Commando su Youtube


03) Il pianto delle madri

Accarezzare la carne della sua carne
straziata dalla violenza, cullare
il corpo senza vita di un figlio straziato
è il primo passo all’inferno per una madre.

Non ci può essere nulla, niente
che riscatti quella sofferenza.
Con quel figlio muore anche la giustizia.
E’ una condanna intrisa di veleno.

Li trattiamo come nemici
di un esercito in guerra.
Ci stiamo esercitando
in un odio programmato

che provocherà altri lutti.
Temiamo la violenza
che starebbero covando
i migranti e siamo convinti

delle nostre convinzioni.
Ci siamo sostituiti a Dio,
siamo diventati giudici supremi,
senza processo, come un’esecuzione.

Molti di loro sono solo bambini.
Il pianto delle madri
non potrà lenire quel lamento,
sanare quell’immenso dolore.


04) Mediterraneo

Questo era il nostro mare,
l’acqua benigna
che ha nutrito la nostra
infanzia mediterranea.

Ora non si sa più di chi sia,
a chi appartenga questo mare
trasformato
in un regno dei morti.

Fanno impressione e orrore
le dichiarazioni sciacalle
e la retorica della violenza
della maggior parte dei politici,

i titoli bastardi dei giornali,
il sapore amaro dei reportage
sulla “pioggia di fuoco”
degli aerei francesi su Raqqa.

Fanno orrore, appena un po’ meno
di quei morti viventi
che hanno sparato a Parigi.
Ma solo un po’.


05) Bambini soldato

Se trecentomila vi sembran poco
considerate che sono minori
e se per i capi è altissima la posta,
per i bambini soldato sembra un gioco.

Oggi un bambino di 10 anni può usare
un AK-47 come un adulto,
visto che è un’arma automatica e leggera
e come un adulto sparare e ammazzare.

Più docili all’indottrinamento,
i ragazzi non chiedono compenso
e più facilmente di un adulto
scivolano in un gioco violento.

Affrontano il pericolo con incoscienza
totale, attraversando campi minati
o intrufolandosi nei territori nemici
con la spavalderia dell’adolescenza.

Ma gioco non è, se e quando tornano a casa,
malati, depressi, imbottiti di farmaci,
con ricordi atroci e micidiali incubi.
Dell’infanzia hanno fatto tabula rasa.


06) Viaggio notturno

Sugli scogli che affiorano pigri
tenero è il sussurro del vento
per onde che fremono cantilenanti
nella scia della barca che solca
la notte.
Nel mare una distesa di silenzio
complice delle ombre sulla costa
in un manto che nasconde le anse
come una coperta di affanni.
Il viaggio notturno cerca
l’orizzonte
e la sua concava malinconia
nella brezza ondivaga e mutevole
delle sue diecimila direzioni.


07) Girare a vuoto

Pesa la città indifferente o ostile
e talvolta tutte e due le cose.
Non fa respirare.
Non si lascia amare.

Si percorrono i sentieri del nulla,
alla ricerca di un appiglio,
di uno sperone di roccia
su cui tentare la salita.

Se vai alla ricerca di occasioni,
di percorsi agibili per degli artisti,
si incontra il muro, il muto
volgersi dall’altra parte della città.

L’offerta è di cose commestibili,
esibizioni di personaggi televisivi,
musica all’ingrosso,
feste in discoteche obliose.

La gente dà gli appuntamenti
e poi non si presenta
e allora si gira a vuoto,
nella notte fredda d’inverno.

I locali sono chiusi,
i servizi pubblici assenti,
le strade attraversate
da guidatori solitari.


08) Si è spenta l’alllegria

Si è spenta l’allegria,
ma non quella televisiva,
quella delle parate
e delle celebrazioni patinate.

E’ la nostra allegria che si è spenta
quella che sapeva di goliardia,
a fare cazzate con gli amici
in serate meno angosciate

Ora l’allegria ce l’abbiamo negli occhi,
nelle vetrine, nei nostri balocchi:
allegria di circostanza, da dietro
il tavolo della presidenza.

Ci sono cartelli di divieto ovunque:
proibito proibire di proibire.
E’ tutto permesso, ma è proibita
l’allegria, quella vera, comunitaria.

Lavorare bisogna, è il vostro dirigente
che vi parla. Lavorare, lavorare.
E se c’è qualcosa che proprio
non bisogna fare è ridere in compagnia.


09) Contabilità esistenziale

La contabilità esistenziale
è come un’inflazione di parole
mentre la cronaca ci scuote
e noi ci tocchiamo il portafoglio.

C’è pure chi ci ha guadagnato oggi:
il denaro è pura astrazione.
Il peggio è per chi ha ancora
qualche valore, mangiato dall’inflazione.

Qualcuno ha ordinato
per caso che si passi
da quelli economici
a nuovi sacrifici umani?

Un po’ li invidio gli indifferenti
non necessariamente rozzi
talvolta anche molto colti
e sinceri: ma indifferenti.

La storia scorre sotto le dita,
tutt’al più un’occhiata distratta
al telegiornale della sera.
Con questo non voglio insinuare.

Solo che il mondo in fiamme
e le foto di città distrutte
si situano con spontanea
ferocia al centro della mente.

Qualcuno ha ordinato
per caso che si passi
da quelli economici
a nuovi sacrifici umani?


10) Ombre

Di una Notturna Città
noi siamo i cantori,
viandanti nella nebbia
tra erratiche malinconie.

Di solitudini narrate
i cantori,
sullo slargo di Pian del Mattino
alle tre di notte.

A dirci che menomale
che ci siamo,
almeno noi, con un’ombra
che ci fissa nella nebbia da lontano.

Col cielo basso sulla testa
e il fango tra le mani,
sotto i piedi, nelle tasche,
nei sogni di bar in bar.

Stiamo sotto un basso cielo,
ma non è bassa la testa.
Resta la voglia di cambiare
per non urlare.

Restiamo qui,
per scelta e per destino,
con la fantasia di andare,
col matto desiderio di volare.

Ma restiamo qui,
per scelta e per destino.
Ogni tanto un viaggio
per non morire, ma poi torniamo.

Sapete, per questo motivo
siamo un po’ nervosi.

Non vi chiediamo di starci vicino
ma almeno, lasciateci suonare.


11) Strade

Le strade eccitano,
anche al buio, anche con la nebbia,
si vede che eccitano,
a occhio nudo.

Speriamo che non se ne accorgano
potrebbe essere un problema.
Le strade sono libere e aperte

Dovresti prendere ispirazione
e dopo ne parliamo.
Su una strada che porta lontano.


TESTI DI ANTONIO DE LISA
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