Registi teatrali d’oggi- Richard Maxwell e i New York City Players

New York City Players

Registi teatrali d’oggi- Richard Maxwell e i New York City Players

Richard+Maxwell

Uno dei registi contemporanei più acclamati sulla scena contemporanea è Richard Maxwell, che si è fatto conoscere in Italia nel 2005 con uno spettacolo, Good Samaritans, nell’ edizione della Biennale Teatro diretta da Romeo Castellucci.

Nel 2009, 2011 e 2012 il regista torna in Italia con tre lavori diversi, ospite questa volta rispettivamente del Festival di Santarcangelo, del Festival Vie, e ancora di Santarcangelo.

Di Richard Maxwell, fondatore del New York City Players, si sente spesso dire che è un regista, drammaturgo (ma anche autore di testi e partiture di canzoni e ballate degli spettacoli) dotato d’un talento speciale nel sovresporre e fomentare la relazione teatrale realtà/finzione. Dopo aver partecipato all’edizione 2009, diretta da Chiara Guidi nella quale aveva presentato Ode to the man who keels, è tornato a Santarcangelo con il progetto speciale Ads, performance presentata nel 2010 a New York al PS122 nel festival Coil.

“Sono passati alcuni anni da quella Biennale di ceneri e braci – scrive Rossella Menna nel sito “Doppiozero” – e siamo ormai negli anni ’10, in cui l’irruzione del reale sulle scene e nella fiction in generale è diventata endemica al punto giusto perché irrompa anche tra le pagine di una furiosa teorizzazione. Negli stessi mesi in cui David Shields con il fortunato manifesto Reality Hunger (New York, Knopfs, 2010. Fame di realtà, Fazi, 2010), prova a ridisegnare i confini della narrazione e del romanzo, Carol Martin dà alle stampe Dramaturgy of the real on the world stage (Palgrave Macmillan, 2010) seguito da Theatre of the Real (Palgrave Macmillan 2013), in uno sforzo di render conto di una evidente moltiplicazione di spettacoli votati al reenactment dell’evento, all’inclusione o alla ri-costruzione sul palcoscenico del quotidiano. In Italia, nel 2011, in seno al festival torinese Prospettiva, diretto da Fabrizio Arcuri e Mario Martone, nasce una pubblicazione a cura dello stesso Arcuri e di Ilaria Godino intitolata Prospettiva. Materiali intorno alla rappresentazione della realtà in età contemporanea (Titivillus, 2011)”.

“Ad infastidire del suo teatro fu la non etichettabilità, la non adesione al canonico teatro di prosa ma anche la sua distanza dalle forme sceniche più sperimentali, hanno sottolinesto Carolina Ciccarelli e Jennifer Malvezzi in un articolo pubblicato sul sito “Altrevelocità” (http://www.altrevelocita.it/incursioni/3/vie-festival/34/2011/128/recensioni/612/happy-end-drammatico-vision-disturbance-di-richard-maxwell.html).

I membri del New York City Players spesso non sono attori professionisti, ma scelti per un qualche particolare tic, un marcato accento o balbuzie. Maxwell nega l’interpretazione strasberghiana dei personaggi, costruendo delle figure dai movimenti minimali, che negano l’a-parte teatrale e abusano di pause rubate dalla realtà, ma che quando dialogano lo fanno secondo un sistema serrato di “botta e risposta” scarno e frontale. Più vicine a Beckett che a Brecht, queste ordinary people sembrano uscite da un romanzo di Carver, da quell’america con dalla A miniscola, fatta di spreco e di nuovi poveri.

Un bancone da bar coi suoi sgabelli e una partita in tv. Un tavolino, due sedie, luci soffuse. Un angolo per la musica, con batteria e microfoni. L’ambiente di The Evening si presenta così: come uno dei tanti non-luoghi di periferia, con un arredamento anonimo e la sottile percezione delle stratificazioni di storie che l’hanno abitato. Un bar da poco, dove ci si va a ubriacare, lamentare, passare il tempo. Presto verrà abitato dalle figure abbozzate dalla scrittura di Richard Maxwell, drammaturgo, regista, autore delle musiche, di formazione attore e musicista, considerato – con la sua compagnia New York City Players – uno dei maggiori talenti del teatro sperimentale americano e al suo ritorno dopo qualche anno in Italia – ma sarebbe meglio dire in Emilia-Romagna, visto che il suo debutto nazionale è stato lanciato alla Biennale 2005 (sì veneziana, ma diretta da Romeo Castellucci), poi è tornato fra Vie e Santarcangelo e si ritrova oggi in programma nella stagione ufficiale di un Teatro Nazionale, quello emiliano-romagnolo appunto. “Qui”, come dice l’artista stesso alla conferenza d’apertura mercoledì 18, “è sempre una sfida, perché c’è un pubblico per questo tipo di teatro”, e in effetti è così.
Tre attori dei New York City Players in scena danno corpo e voce a tre stereotipi – “archetipi” li chiama lui –, quasi fantasmi di un’umanità rassegnata, marginale e sconfitta, spesso protagonista delle opere dell’autore-regista statunitense.

La scena spesso viene costruita seguendo quella che Sarah Gorman definisce “l’estetica delle prove” (The Theatre of Richard Maxwell and the New York City Players, Routledge 2011): in uno spazio vuoto e atemporale si staglia qualcosa che sembra non essere ancora pronto per andare in scena, come un abbozzo del dramma. Questa ricercata “negligenza del reale”, unitamente al dilettantismo attoriale, ai personaggi “tagliati con l’accetta” e volutamente opposti al virtuosismo teatrale americano furono completamente travisati dalla critica italiana.

New York City Players. 

New York City Players. 



Categorie:J10.01- La Regia teatrale oggi - The Theatre Director, Uncategorized

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