Antonio De Lisa- Rock Contest

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Antonio De Lisa- Rock Contest

Cos’è un Contest?

E’ un concorso.

Poi dipende dall’etichetta, quello di cui parleremo è un Contest di musica rock.

Certo, musica rock è un’etichetta un po’ generica, infatti c’è di tutto, ma procediamo con ordine.

Abbiamo partecipato come gruppo a un Contest, non è la prima volta, né sarà l’ultima.

A me personalmente queste cose piacciono tantissimo, anche se c’è un gran casino e la musica è l’ultima cosa che viene presa in considerazione. Ma a me piace, piace questo gran casino birroso, di gente che va e che viene, di service non irreprensibili, di atmosfere che sono a metà strada tra Woodstock e una festa di quartiere, di canzoni sparate a volume altissimo, anche se scritte con i piedi. Mi piace tutto….

Mi piace tutto dei Contest,

tranne l’atteggiamento schizzinoso di uno sbarbatello qualsiasi che a malapena conosce qualche scala modale sulla chitarra e pretende che gli forniscano un’amplificazione alla Bruce Springsteen …

ma accontentati, no?,

e che cazzo!

Io, anche se un microfono è praticamente una cineseria di seconda mano, lo prendo per quello che è, ci penso io a suonare in un modo tale da renderlo innocuo.

Non si può stare lì due ore a fare un check sound e per una canzoncina da scuola materna!

Ma a parte questo, a me piace tutto.

Certo, se ne vedono di cose strane …

Le cose più strane le fanno vedere i gruppi metal,

a partire dal modo in cui vestono e come portano barba e capelli.

Sembrano usciti da un corso accelerato di metallo pesante gestito da un un ex prete in crisi di identità.

La bottiglia di birra in mano è di stretta ordinanza,

l’occhio torvo alla Hells Angels di rigore.

L’altro giorno entrando al cesso ne ho incontrato uno, il batterista di un gruppo, che mi ha chiesto:

“Ehi, amico, hai una cicca?” .

Io mi sono sentito disperatamente umiliato dal fatto di non fumare più, come se fossi stato scoperto in flagrante a partecipare a una festa senza essere invitato.

Certo, di cose strane se ne vedono.

Per esempio,

l’altro giorno un gruppo di metal iper-pesante e per di più di Taranto, si è presentato esibendo una bassista da schianto.

L’ovazione è stata unanime

e c’è mancato poco che gli astanti buttassero i cappelli per aria come i marinai dell’esercito americano, come si vede nei film.

Sapete,

è per l’entusiasmo.

Il gruppo ha messo di buon umore un po’ tutti,

per lo più indaffarati a scolarsi la generosa sangria messa a disposizione dall’organizzazione.

Un po’ pioveva

e un po’ c’era il sole.

Insomma, un casino …

Come dicevo,

a me piace tutto di questi raduni rock.

Li frequento da una vita, suonando in tutte le condizioni possibili e immaginabili.

Fotte niente,

saprei suonare anche senza lo strumento.

In fondo, è divertente e non ha importanza chi vince e chi perde.

Aleggia uno spirito alla De Coubertin, l’importante è partecipare.

Certo, poi si vede l’AMBIZIOSONE di turno,

che ha appena fatto la terza media e già si crede Eric Clapton nella sua forma migliore:

se ne sta in un angolo maneggiando la sua chitarrina che è il regalo della promozione,

regalo della nonna,

magari,

e rimugina la gloria.

Antipatico.

Ma fatti una birra, che è meglio!

Bisogna fare attenzione a non far bere troppa birra all’addetto al mixer,

lui sì che è importante.

Bisogna sempre starlo a sentire:

per esempio, durante il check sound, se dice che deve suonare la batteria, non può suonare il bassista, anche se ne ha una gran voglia,

ci vuole calma.

La batteria è difficilissimo da registrarla,

ci vuole una certa esperienza, anzi, molta esperienza.

Poi il batterista è quello che non sta nella pelle, spara come l’artiglieria di Sua Maestà Britannica e fa un gran casino.

Ma in fondo anche questo fa parte del gioco.

Noi ci siamo presentati senza batteria (il batterista nel giorno della registrazione del pezzo era malato) e se ne sono accorti tutti.

La musica segue le evoluzioni della vita, i percorsi segreti, le insenature.

Ma come si fa a non divertirsi in una festa di musica? bà …

Ho uno strano rapporto con i chitarristi.

Da sassofonista, sembra che ci troviamo su due pianeti diversi.

Ma la musica rock è la chitarra elettrica.

Devi conviverci.

E quando lo si fa volentieri,

va molto bene,

specie se il chitarrista è bravo.

Se è bravo, non pesa sul gruppo, lo arricchisce, in caso contrario è un vero disastro per tutti. I metallari non hanno questo problema, per loro esiste “solo” la chitarra elettrica, tre alla volta, più il basso, un’orgia di distorsioni. Si fa a gara a chi ha il pedale più fuzzy. E quando parte il fuzzy parte anche lo shampo del pubblico, quel roteare la testa come quando emergi dalle acque. Tutto ciò è intensamente metal, baby!

A un certo punto della serata non si capisce più niente.

Stai lì dalle tre di pomeriggio a bere e scivoli progressivamente su una china sempre più inclinata.

Il concerto è come un rito,

celbri il rivolgimento del giorno e della notte.

Il contest è come un concerto prolungato,

fino allo sfinimento.

Poi arriva il momento in cui tocca a te e allora ti fai largo a fatica tra band metallicamente imponenti e visi crucciati di giovani grunge dall’aria depressa.

Di solito c’è un certo fair play,

ma non mancano i sorrisetti ironici di chi guarda dall’alto l’universo mondo dei suoni. ‘Sti cazzi, tu imbracci il mitra (il sax) e parti, non hai mai avuto paura di nessuno tu, hai sempre e solo venerato la Dea bendata della musica …

Quando si accendono le luci in un Contest di musica rock,

un concorso in cui c’è di tutto,

è come quando si accendono a un concerto cominciato all’imbrunire,

si respira un’altra atmosfera.

Forse è per la dopamina che ti scorre nelle arterie (gli esperti dicono che questo è l’effetto lisergico della musica), sta di fatto che stai su di giri di brutto.

Gli sguardi sono al neon,

i contatti, elettrici.

E poi c’hai anche fame.

Incontri e sguardi si combinano e ricombinano,

incontri gente,

scambi saluti.

Non fai quasi più attenzione a quella colata lavica di suoni che scorre a valanga dal palco, interrotta dalla pallida esibizione di un cantautore che ci sta raccontando di aver perso un treno e che tu trovi persino interessante,

la faccenda del treno,

voglio dire.

Non fai più distinzione tra l’essere e il nulla…

Ci deve essere una legge non scritta o qualcosa del genere:

a un Contest a cui partecipano i gruppi metal, latitano i rapper.

Infatti, non si vedeva neanche un rapper. I rapper fanno gruppo a parte, contenti di condividere le loro inquietudini esistenziali tra di loro, chiusi in una loro dimensione da setta. Qualche volta capita perché in effetti i rapper non sanno suonare;

parlare sì, suonare no.

Senti, senti questo che fa!:

L’attore si dispone a interpretare il personaggio del Rapper

Grazie, fra’, te lo voglio dire sei un vero amico
se non era per te ieri sera in quel vico
io ci restavo secco e me ne andavo al creatore
‘mbriaco da fare schifo e senza un minimo di pudore
quella cazzo di figliola mi ha mandato in pappa il cervello
diceva che mi amava, fra’, ma erano solo parole, ero il suo zimbello
e l’ho scoperta che pomiciava con un truzzo che faceva schifo a guardarlo
tatuato sul collo peloso palestrato ‘mbrillantinato con la musica a palla
che usciva dalla sua miserabile biposto abartizzata
con una doppia fila di luci di posizione e la marmitta truccata
che schifo, fra’, mi è venuto da vomitare
la mia ragazza con quel truzzo, fra’, uno schifo, puah,
ho pensato mo’ lo incasino di pugni e lo mando al creatore
gli faccio vedere chi sono io che ho fatto rugby e lotta grecoromana
ma poi ho pensato se lo merita quella puttana?
No, fra’, non se lo meritava, noi a menarci e lei a sghignazzare
faceva la pupattola e io che credevo ai suoi sentimenti
ero distrutto, ‘fra, te lo posso dire a te che mi capisci
non ci ho mai saputo fare in queste cose
volevo sbattere la testa a qualche spigolo
ma non per niente, solo perché ero stato tanto stupido
ero io che mi facevo pena, fra’, un pugno nello stomaco
che stronzo che sono, fra’, e ora non so più che fare
tira fuori la moto fra’ che ce ne andiamo da questa città di merda
lontani da questa merda …

Raga’, io lo odio il sabato sera,
a farsi pe’ strada come stronzi in galera
raga’ io lo odio il sabato sera
stravaccato in quel lounge bar luccicoso
a fare il filo come ‘no stupido alla cassiera
che a tutto pensa tranne che a dare retta a un perditempo
ma è la noia, raga’, i soliti discorsi, le cazzate
le vomitate nei vicoli e poi ricominciare
tre drinchi e ancora a ciondolare nello struscio
per incontrare magari qualcuna che ci sta bene o male
ma quelle manco per niente, tutte imbrillantate
ma è solo per farsi vedere eleganti e seduttive
poi vanno a casa dal paparino arrogante
e non pensano agli sfigati arrapati
e noi a sbattere la testa e a parlare di calcio e scommesse
raga’, che squallore il sabato sera
poi magari qualcuno ha voglia di fare a mazzate
e allora ti sfoghi dai qualche cazzotto e sai come fare
e più sei sfigato e più ci dai dentro contro questo mondo di merda
con la faccia di quel tamarro che t’ha dato un calcio nelle palle
e fortunato se riporta a casa qualche osso intatto
e poi ricominci come niente a bere e a fumare
e come ultimo sfregio sbatti la bottiglia sul muro della chiesa
tanto sono tutti stronzi e non me ne frega niente.

L’attore torna nelle vesti del Personaggio principale

E con tutti i loro difetti, i metallici suonano e talvolta anche bene, con bruschi cambiamenti di tempo e urlacci del cantante.

E poi sono così macho …

I veri rivali dei metallici sono i gruppi hardcore.

Potrebbero suonare anche un manico di scopa,

purché a livello da ictus cerebrale.

In effetti, quello hardcore è più un atteggiamento che uno stile musicale: non si deve capire niente. Il cantante si dimena come un tarantolato che abbia preso un’insolazione, spazzolando pavimenti di localacci e ingurgitando ettolitri di birra scadente.

A un’esibizione

hardcore

bisognerebbe

portare

le cuffie

che usano i carpentieri

che fanno lavori pesanti con la scavatrice.

Sono pericolosamente incazzati e hanno la pessima abitudine di rivolgersi a singoli spettatori coinvolgendoli in diatribe dall’incerto significato, mentre gli altri del pubblico fanno avanti e dietro con la testa …

In effetti, a me piacciono i Rock Contest, mi mettono di buon umore.

Vai lì per suonare,

ma è come una gita nel profondo delle inquietudini del mondo moderno.

E’ stato sempre così.

Il mondo si esprime nei festival di musica rock, anche se ultimamente sono diventati un po’ noiosi, con tutti quei cantanti da X Factor, bellini e anche passabilmente intonati, ma fasulli.

Il vero festival rock è merda sociale riciclata, disagio urlato, sballo alla Baudelaire.

Ma io mi diverto anche così,

nei Rock Contest odierni,

in mezzo al casino …

notavo però che una volta c’erano più ragazze …

dove sono finite le ragazze? …

Lo riconosci subito il LEADER.

Arriva col suo codazzo di adepti adoranti e c’è perfino chi gli arrotola uno spinello.

Ha l’aspetto di un guru,

ascetico e brutale.

In questo momento sta parlando dei Bring Me The Horizon e in particolare del loro “Suicide Season”.

E’ il band leader di un gruppo che sembra essere tra i favoriti.

Perfino gli organizzatori del Contest gli si fanno incontro con l’aria di chi stia perdendo un treno, tremebondi e trafelati. Il rock produce LEADER.

Lo riconosci subito,

da come è vestito,

da come porta la barba,

da come parla.

Poi magari scopri che è iscritto in un’università prestigiosa e studia economia. Ma datte ‘na chiodata …

Notavo che oltre ai rapper, quelli che mancano ai Rock Contest sono quei gruppi che hanno fatto dello pseudo-folk una specie di bandiera.

Sono coccolatissimi dagli assessori alla cultura

e dagli organizzatori delle feste di paese,

non hanno nessun bisogno di mischiarsi al popolaccio dei Rock Contest.

Stanno alla larga,

scambiando il folk con il pop,

tanto è la stessa cosa.

E poi non bevono e non fumano e si alzano presto la mattina …

Qualche volta convinco qualche mio amico a venire a un Rock Contest,

amico non musicista voglio dire,

ma sufficientemente curioso

o anche musicista,

ma musicista classico,

da conservatorio,

insomma un tipo noioso.

E’ divertente vedere la sua reazione …

ma dove mi hai portato? …

o se ne va subito o si lascia un po’ coinvolgere ma con moderazione, soprattutto se cominciamo a bere e poi vuole vedere fino

a che punto di depravazione arrivo con la musica…

la musica per me non ha mai avuto segreti e poi mi piace tutto,

anche la canzoncina per bambini dello Zecchino d’oro …

ma la gente fa un sacco di differenze,

questo sì, quello no …

sono convinto che possa toccare le corde dell’anima anche un motivetto

da lap dance …

I giovani, prima del ’68 non esistevano.

Si era adulti provvisoriamente giovani.

Dopo sono diventati una categoria storica e quei giovani hanno creato un loro mondo, con al centro la musica,

il vero collante e l’unico linguaggio universale di questo mondo.

Antonio De Lisa


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