Antonio De Lisa- Un teatro della mente (Corto teatrale)
Note al testo drammatico:
Questo corto è la prima parte della “Trilogia della mente”. Il testo è interpretato da due attori, che impersonano uno stesso personaggio: “Io”. Ma è anche probabile che i personaggi siano due. Il mistero non è svelato. “Io” è una finzione narrativa, potrebbe essere chiunque, lo chiamiamo “Io” per comodità. Nella messa in scena alcuni di questi “Io” possono essere interpretati indifferentemente da donne e da uomini, anche in maniera alternata. Diciamo che ce ne vogliono due, per esprimere due diversi sentimenti o affezioni o disposizioni dell’animo, ma potrebbero essere anche di più. Il “Primo Io” è l’entusiasta, apprezza le novità, gode delle sorprese; il “Secondo Io” è l’osservatore, l’indagatore, il freddo analista dei sentimenti del primo. In questo teatro della mente i due Io giocano la loro finzione.
Il “Primo Io” è il narratore, un chimico, ex insegnante di scienze (nel primo corto “Un teatro della mente”), che ha lasciato la scuola per fare il chimico in un’azienda ma ha perso il lavoro (nel secondo corto “Veleno”) e nel terzo si trova casualmente in un paese ai piedi di un grande massiccio montuoso, ormai abbandonato a se stesso. Anche se la storia è un pretesto, risulta molto realistica, offrendo una concreta descrizione delle sue esperienze. Il “Secondo Io” è la sua voce interna, ma potrebbe essere anche quella di un altro, cui capita di riferirsi in momenti particolarmente problematici della propria vita.
Il “Primo Io” ha le braccia legate, la destra a un palo, la sinistra al “Secondo Io”, ma all’inizio gli spettatori non capiscono questa situazione, solo a un certo punto percepiscono il quadro esatto della scena.
Gli attori muovono delle torce, altre sono disseminate sul pavimento, di diversa grandezza e luminanza. Un proiettore proietta sul corpo dei due attori delle immagini astrattamente geometriche. In sottofondo si sente una musica che è come un lamento.
Ambientazione scenica
La scenografia dovrebbe consistere in una specie di cubo nero, realizzato con elementi aggettanti, che rendono frastagliata la dimensione interna. Anche i due attori che interpretano il dialogo dovrebbero essere vestiti completamente di nero. Un proiettore disegna sui loro corpi un filmato con vari elementi luministici, come punti, linee, figure geometriche complesse. Gli attori recitano con dei tablet davanti, che illuminano loro il volto. Il volto del Secondo Io non deve essere mai illuminato.
Testo
Si sente in sottofondo il suono di un ticchettio
Secondo Io – Allora, raccontami … sono qui per te …
ti ho aspettato a lungo …
Primo Io – (Tenta di muovere il braccio destro, ma questo è legato)
Mi hai aspettato anche troppo …
comunque ti dirò delle mie ultime esperienze,
mi riesce più facile partire da lontano,
prenderlo un po’ alla larga …
Secondo Io – D’accordo, come vuoi …
Primo Io – La Basentana è una scheggia eradicata
dal tronco della Salerno-Reggio Calabria …
Secondo Io– … lì il traffico turbinoso,
qui il silenzio assolato e assoluto del nulla.
Primo Io – (Agita una torcia che ha in mano)
Basentana è nome di strada
che deriva da un fiume, il Basento.
In Basilicata (o Lucania) tutte le strade
prendono il nome da fiumi …
Secondo Io – (Agita anch’egli una torcia)
Ma sono fiumi senza essere fiumi,
– mi sembra, come mi hai detto più volte …
Primo Io – … appunto, tranne quando
si scioglie la neve delle cime,
dopo una fresca nevicata,
tranne quando la pioggia sconvolge la terra
delle campagne allagando ettari ed ettari di coltivazioni,
specie verso Est, verso la pianura di Metaponto.
Secondo Io – (Posa la torcia per terra, taccogliendone un’altra)
Allora fiumi di vallata invadono
tutti gli spazi disponibili ai traffici
e si salvano solo i paesini arroccati sulle montagne,
quando non vengono trascinati giù dalle frane.
Primo Io – (Tenta ancora di muovere il braccio destro)
Come te che hai invaso la mia vita …
si sale, scavalcando l’Appennino
inviolato dall’urgenza del tempo,
fra quiete cime e mormoranti vallate,
dove i pensieri sfioriscono e cresce l’atavica pazienza
di chi sa di leggende ma non di storia.
Anche se la storia c’è.
Secondo Io – (Tenta di muovere la gamba sinistra, ma è bloccata da una fune)
Ma forse è una strana storia …
… però, vedo che non me la conti giusta,
ti stai forse trincerando dietro la descrizione
per non far trasparire quello che pensi?
Lo dico Io, che sono – dei due- l’osservatore,
l’indagatore, il freddo analista.
(Pausa)
Effetti sonori distorti
Primo Io – L'”analista” che mi lasciava
i messaggi in chat?
Perché mi seguivi?
Secondo Io– Chi era che seguiva chi?
(Raccoglie una torcia da terra e poi la ripone)
Primo Io– Nonostante
le ferite dei lavori in corso,
la strada serpeggia in discesa.
(Pausa)
Ed è lì che compaiono, disegnate
da un pittore minore del Rinascimeto,
le frastagliate vette delle Dolomiti lucane.
Contornano il cielo in un affresco,
rivaleggiando con le nuvole …
(Pausa) ehi, aspetta un momento, ma cos’è questo buio?
Perché è così buio, qui?
Il proiettore illumina il corpo del Secondo Io con figure astratte
Secondo Io – Ne fai una descrizione poetica,
ma l’ultima volta hai rischiato di fare un incidente …
… nel caldo liquido
che confondeva i contorni
ne avvertivi l’incombenza ombrosa …
Primo Io – Ma come fai a sapere queste cose?
Si sente la parola “buio” distorta e quasi irriconoscibile
Secondo Io – Lo so!
Silenzio
Primo Io– Matera è una città splendida.
Il paesaggio è assai particolare.
Il clima, la gente, il dialetto.
A me queste differenze piacciono. Non trovi?
Secondo Io – Sì, mi piace, ma sei tu l’entusiasta,
io sono l’osservatore, il tuo freddo analista …
non posso perdere il controllo …
non posso seguirti …
Primo Io– Ma allora perché mi spiavi?
Secondo Io– Non ero io che ti spiavo …
(Raccoglie ancora una torcia da terra e la gira in torno)
Si sente echeggiare il suono della parola “spiare”
Primo Io – (Muove il braccio destro bloccato dalla corda)
Dai, un po’ di entusiasmo ci vuole sempre …
(Comincia il suo monologo)
E’ stato tutto molto tranquillo nell’insediamento
della Commissione d’esame di questo Liceo.
Secondo Io – Lo so, ne hai approfittato
per chiedere ai colleghi lumi
sui loro paesi di provenienza:
com’è Policoro?
E’ bello il mare a Policoro?
Si mangia bene a Ferrandina?
Quei dolci buonissimi, come si chiamavano?
Primo Io – I “Sospiri”, certo …
(Pausa)
Finalmente posso farmi un giro in città.
Non è certo la prima volta,
ma la trovo sempre bella.
Anzi, migliorata.
Dovrò fermarmi per tre o quattro giorni.
Ne vale la pena.
E poi le attività culturali:
c’è una interessante Medea in programmazione.
(Pausa)
Si sentono dei sospiri, trasformati da effetti sonori perturbanti
Secondo Io – Suggestivo, no?
Primo Io – Peccato che avevo da fare,
se no l’andavo a vedere …
(Pausa) ma questo buio mi ossessiona …
Silenzio
“Che cos’è la bellezza! Ora saprei rispondere”,
mi disse una volta un amico tedesco
che portavo a zonzo per le valli.
Eravamo esattamente qui, dove mi trovo adesso,
al cospetto dei calanchi materani.
Un paesaggio che ricorda
le valli del Giordano o i deserti di Israele.
Forse un tempo sono stati anche terre di profezia.
Secondo Io – Ma De Martino ci ha assicurato che quella
che in Medio Oriente si chiama profezia,
qui si chiama magia …
è una magia gentile, taumaturgica,
guarisce, non offre la morte …
Primo Io – Forse sei tu che offri la morte …
o l’hai offerta …
Secondo Io – … morte! che parola generica! …
morte è anche smarrirsi …
Primo Io– Cerco la vita dove la vita
è da secoli difficile e stentata.
Ma per trovare magia devi salire verso l’interno.
Sulla Basentana ora non c’è magia,
solo traffico di prostiture rumene o ucraine,
che sbarcano sulla costa di Levante,
introdotte di notte,
verso i mercati della Baia Domizia,
nel Casertano e nel Napoletano …
(Pausa)
Il traffico è rado sulla Basentana,
ma ha gradi di nobiltà internazionali:
droga, armi, esseri umani …
Silenzio
Secondo Io – La vedo la scena:
il paesaggio ti scorre intorno come un film.
Fa sempre più caldo.
Sulla strada le chiazze di miraggi incompiuti
fanno intravedere orizzonti che si schiudono.
Primo Io – Mi viene la tentazione di allungare
verso Metaponto, verso il mare …
Secondo Io – Ma non puoi, vero?
(Pausa)
Primo Io – Uno di questi giorni …
Matera si erge come un’apparizione.
(Pausa)
Il paesaggio pietroso della pre Murgia
racconta di secoli di migrazioni e ritrovi,
fuochi e bivacchi …
(Pausa) ma questo buio …
Secondo Io – E’ bello godersi l’ora,
il momento,
la luce,
il passato,
il presente di un luogo …
Primo Io – Invece di girare a destra, giro a sinistra,
verso il quartiere La Martella.
(Pausa)
La Martella – insieme alla bonifica del Metapontino-
doveva rappresentare il nuovo volto
della Basilicata (o Lucania) orientale,
che entrava nel boom economico italiano a testa alta,
lasciandosi dietro malattie, miserie e malaria.
(Pausa)
Poi attraverso la zona Peep,
ma molti capannoni sono abbandonati.
Il polo del mobile sente i morsi della crisi.
Secondo Io – Si legge sui giornali
che è una regione che sta rimanendo
senza industrie,
con l’agricoltura in crisi,
col turismo che decolla a metà
e con uno spopolamento progressivo.
La parola che echeggia è “spopolamento”
Primo Io – I motociclisti che si muovono in gruppo
sulle strade del Sud chiamano questa terra
la “Terra di mezzo”.
Questa espressione mi ricorda
– non so perché- la “Terra promessa”.
Non a caso Pasolini vi ha girato
il “Vangelo secondo Matteo” e Gisbson “Passion”.
Terra di mezzo a cosa?
Levante e Ponente, Puglia e Campania?
E com’è fatta una Terra di mezzo?
Secondo Io – Di vicoli e di penombre.
(Pausa)
La terra.
Silenzio
Primo Io – La terra signigica radici,
ma anche pesantezza … la terra pesa …
Secondo Io – E’ anche àncora, oltre che radice …
Primo Io – Qui non c’è penombra,
c’è buio,
un buio che spaventa …
che spaventa …
(Pausa)
Poi ho cominciato ad andare
a Matera in moto.
Si sente la parola “terra”, sempre molto trasformata
Secondo Io – La volontà di non gareggiare
con gli autisti di TIR
è dettata da atavico buonsenso,
primordiale istinto di sopravvivenza.
Primo Io – Ogni tanto mi fermo su una piazzola
e mi assale subito una fragorosa sinfonia di cicale.
(Pausa)
Faccio due passi per sgranchirmi,
accanto all’immondizia dello spiazzo:
copertoni bruciati, giornali pornografici,
lattine di Coca cola e di Red bull, preservativi usati.
Secondo Io – Mi chiedo perché mi racconti
queste cose, senza veramente parlarmi di te!
(Pausa)
Cosa vuoi intendere con la metafora di questo viaggio?
Primo Io -Seguo il flusso dei miei pensieri …
e poi non è una “metafora” …
Secondo Io – E cos’è …
Primo Io – In fondo lo so, ma non riesco ad esprimerlo …
Secondo Io – Tu ti ci nascondi, dietro i tuoi pensieri …
Primo Io – Quando parlo con te mi sembra di essere morto …
Secondo Io – Potrebbe anche essere …
o sei solo in una spirale …
Si sentono varie trasformazioni sonore della parola “spirale”
Primo Io – Di notte la Basentana si trasforma
in un circuito di corse clandestine a fari spenti.
(Pausa) Auto e moto. Di tutto.
Secondo Io – Vuoi continuare con questo tono?
Silenzio
Primo Io – (Muove il braccio bloccato dalla corda)
Il fondovalle della strada al sole
ha un che di sorridente, ilare, giulivo.
E’ tutto giallo e sembra esserne contento.
L’acqua del Basento un rigagnolo.
Da lontano i calanchi sonnecchiano nell’incanto.
E’ cessato anche quel bel venticello
che si sentiva sotto le Dolomiti lucane.
Lì c’è sempre vento.
Sempre.
Qui, mai.
Non un refolo, non uno spiffero.
Nell’aria si sente la “spiffero”
Anche l’aria mossa dal puro movimento fisico
della moto è indolente e vaporosa.
Non si muove niente.
(Pausa)
Secondo Io – A tratti mi chiedo se tu ti stia
realmente muovendo.
Primo Io – Non mi sono mai mosso, in realtà …
Secondo Io – Per te sembra una specie di ossessione:
la velocità del tempo! …
Primo Io – Non respiro bene …
Si sente la parola “respiro”, sempre molto trasformata
Secondo Io – (Muove la gamba bloccata dalla corda)
A molti di noi è preclusa anche la capacità
di respirare!
Primo Io – Inforco la moto
– bianca, splendente come una colomba,
non come questo nero che mi circonda qui,
questo buio che sa di malattia …
e vado.
Sul cartello c’è scritto “Metaponto”.
Questo significa: “Mare”.
Mare, aspettami.
Mi sento seguito da occhi con sguardi indiscreti,
di cui non capisco il significato.
Secondo Io – Mare, mare.
Primo Io – Sto scivolando nella paranoia?
Secondo Io – Cercavi la luce, il sole, il mare, hai trovato il buio …
Si sente la parola “mare”, perturbata
Primo Io – La colonnina della temperatura segna: 38.
I cartelli segnaletici di Metaponto
si fanno sempre più ravvicinati.
Sento già l’odore del mare.
Secondo Io – Vedo che non vuoi
proprio parlarmi di te …
Primo Io – Perché dovrei? Tu, chi sei tu?
Secondo Io – Ancora non l’hai capito?
Silenzio improvviso della musica
Poi riprende, pianissimo
Primo Io – A Metaponto la visione del mare
è praticamente preclusa da lidi e residence.
La situazione non mi piace.
Giro.
Vado verso Policoro.
Colonnina di mercurio: 41.
Secondo Io – Da solo ci sei andato?
Primo Io – Lunga nuotata. Ma ho anche fame.
Tutti i desideri e tutti in una volta.
Esco dall’acqua rinfrancato nel sole bollente.
E’ tutto bollente qui.
Sembra di stare a El Kantaoui, in Tunisia.
Afferro a volo un ragazzino con un secchio
con ghiaccio e bibite e compro una birra.
Hai anche da mangiare? chiedo.
Fa un cenno di sì con la testa.
Cosa? Mi mostra la mercanzia.
Tutta roba oleosa.
Prendo quello che ha un aspetto più innocente
e meno mortifero, un panino col prosciutto
(di uno strano colore).
Pago e mi avvio verso un albero che ho intravisto
accanto alla moto.
Secondo Io – Perché non mi rispondi?
Io ti faccio le domande e tu non rispondi …
Primo Io – Mi sveglio praticamente asciutto
e praticamente sobrio (per una birra, poi!).
Sono in quella fase in cui non sento
più le sensazioni esterne.
(Pausa) Solo interne.
E il mio animo mi dice di stare in pace,
ma io sono in pace …
Secondo Io – Sicuro? Nessun problema?
(Pausa) Non mi sembri in pace … spento …
Si sente la parola “spento” echeggiare nell’aria
Primo Io – Avvio e vado verso Taranto.
Mi fermo a Castellaneta.
Sul lungomare prendo qualcosa seduto in un lido.
Le cameriere sono tutte ucraine o russe.
Biondissime. Bellissime.
Secondo Io – A Taranto hai giusto il tempo di arrivare,
fare marcia indietro ed andartene.
Caldo e veleno nell’aria danno le vertigini.
Primo Io – Che fai, mi controlli?
Secondo Io– Terza prova.
Devi ancora preparare le domande …
Primo Io – Già.
(Pausa)
In genere mi capita così,
la notte prima degli esami,
di pensare a tutti coloro ai quali ho fatto l’esame.
E sono tanti.
Per parlare solo della Basilicata (o Lucania)
– trascurando le trasferte fuori regione-
ho attraversato in lungo e in largo un territorio
che ha del metafisico: la Basilicata (o Lucania).
(Pausa)
In genere rimango in contatto con gli studenti di un tempo.
Pensando a loro, sono ottimista per il loro futuro.
L’esame di fine Liceo è qualcosa più di un esame,
è il momento dell’addio all’adolescenza,
il tempo della transizione,
(Pausa)
prima degli addii …
Secondo Io – Ma cos’è, il resoconto di una vita?
Una specie di bilancio?
Primo Io – I bilanci si fanno alla fine. Sono alla fine?
Secondo Io – I bilanci sono qualcosa di oscuro …
Primo Io – Nell’I pod in macchina
ho caricato un po’ di cose
che mi servono in viaggio.
Musica. Spiragli di luce …
Si sente il mormorio della parola “spiragli”, distorta dagli effetti sonori
Secondo Io – Non vuoi rispondermi …
ma se non mi rispondi ti perderai …
Primo Io – Chi sei tu, un medico, per dirmi queste cose,
un medico dell’anima?
Secondo Io – Perché cerchi ossessivamente
di definirmi in qualche modo?
Primo Io – Ascolto musica nell’auricolare,
a un volume medio.
Sento comunque il rumore del traffico.
Si sente di nuovo in sottofondo il suono di un ticchettio
Secondo Io – Ma sarai pur tornato a casa
alla fine di questo viaggio, che per te
sembra quasi rappresentare la salvezza …
vorrei sapere cos’hai visto quando sei tornato,
che cosa hai provato …
Primo Io– Questa è la mia casa, non vedi?
Questo buio è la mia casa …
Secondo Io – Non mi parlare così …
mi fai stare sulle spine …
Si sente la parola “spine” strascicata e bavosa
Primo Io – Non dirmi cosa devo fare
Io non ti conosco … hai aspettato
a lungo invano …
Il Primo Io illumina con la torcia la corda che vincola i due
Secondo Io – (Tenta di muovere la gamba sinistra bloccata da una fune)
No, può darsi che tu mi conosca
più di quanto tu voglia ammettere …
Primo Io – Perché dovrei conoscerti?
Secondo Io – Non vedi questo buio? E’ qui la risposta …
Come in una spirale …
Il mormorio della parola “spirale” chiude la sequenza sonora
ANTONIO DE LISA
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Sezione Teatro – Sezione DOR (Opere Drammatiche e Radiotelevisive)
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