Narratore
Helen Kate, chiamata Katia dagli amici italiani
Massimo
Prima voce fuori campo
Seconda voce fuori campo
Musicisti
Ambiente scenico
Sul fondo della scena sono montati tre schermi di proiezione, uno grande al centro e due piccoli ai lati. Sul grande al centro scorrono i paesaggi descritti dal testo, ai lati delle immagini non direttamente rappresentative. Le luci svolgono un ruolo molto importante in questa pièce: con la loro modulazione si passa dal giorno alla notte, da una notte quieta a una notte estiva di danze e di mare. In scena ci sono: una motocicletta, una barca segata a metà, una porta senza battenti, una scala.
Prologo
La scena rappresenta una spiaggia, ma in una maniera fortemente stilizzata, con elementi che accennano a dimensioni surreali e fantastiche. Una moto è parcheggiata in un angolo.
NARRATORE
Massimo Altai è cilentano di madre,
è regista teatrale e vive a Milano.
Ha appena ricevuto la commissione
della messa in scena di un’opera di Shakespeare, “Troilo e Cressida”.
In realtà doveva scegliere nel repertorio shakespeariano
il dramma che ritenesse più moderno.
Massimo ha scelto il “Troilo”.
In principio non aveva consapevolezza
del perché di questa scelta, poi ha capito, ha chiarito
le idee a se stesso: il “Troilo” parla della Guerra,
questa parola così terribile
che è tornata di bruciante attualità: la Guerra.
Basta accendere un telegiornale per vederla,
la Guerra, sentirla, respirarla.
Helen e Massimo fanno il loro ingresso in scena, lentamente.
Il problema era trovare gli attori e le attrici;
Massimo ne conosce una, che non vede da una vita, Helen,
un’attrice shakesperiana con cui ha condiviso l’amore,
tanto tempo fa, una vita fa.
Massimo pensa che non ci sia niente di male a richiamarla
e infatti Helen è subito disponibile
e si incontrano, per uno strano caso, nello stesso
luogo dove si erano incontrati la prima volta,
un pub di Camden Town a Londra.
#1 – Canzone: KATIA
Katia lascia scorrere il giorno senza un verso senza un rigo.
Katia non è riuscita a fare il salto dialettico dalla qualità alla quantità.
Si chiude in frigo.
Katia vive solo di notte, ogni tanto qualcuno si intromette: gente strana, vagabondi, predatori, divorziati e anche sognatori.
Katia ogni tanto alza il gomito ma non molto, solo per andare un po’ su di giri, ne ha passate tante ultimamente con la storia dei suoi amori.
Katia si sposta sulla poltrona per chiudere un po’ gli occhi stanchi e non pensare più a niente ma si alza, è ancora troppa l’adrenalina.
Katia vive solo di notte. Non c’è più nessuno che si intromette. Musica a palla. Movida Blog. Chattaggio selvaggio. E occhio gonfio la mattina.
Helen e Massimo si incontrano al centro della scena e poi divergono progressivamente in due direzioni opposte.
Spesso le occasioni si trasformano in premonizioni,
i progetti declinati al futuro in ritorni al passato.
(…)
Ora, con Helen, Massimo ripercorre
i sentieri della Costa del Sole,
che da ragazzi avevano percorso in moto.
Helen era in vacanza a Palinuro.
L’incontro di una sera durante una festa danzante
si era trasformato in una storia d’amore.
Una storia d’amore intensa, calda di sole e di passione.
(…)
Erano giovani e avevano gli stessi interessi,
il teatro, la musica, la letteratura.
Massimo aveva una splendida moto,
una Honda e insieme avevano percorso
la Costa del Sole, quel tratto di costa
che va da Paestum a Marina di Camerota.
Avevano fatto anche diversi viaggi in costiera,
tra Amalfi e Sorrento, suscitando
l’entusiasmo di Helen che, all’attività di attrice
affiancava quella di studentessa di filologia classica.
Massimo le recitava poemi omerici in greco,
al tramonto, fermando la moto sul ciglio
di una strada dalla quale si spaziava
su golfi intensamente mediterranei,
ventosi e profumati.
(…)
Si erano amati. Poi lui era emerso
luce di un altro mare.
#2 – Canzone: Orizzonte sotterraneo
Lui è qui, ma non c’è più. Più che la situazione fa male l’inutilità di parole spese male.
Chorus
C’è qualcosa che ha senso ormai, in questo deserto irrequieto?
C’è qualcosa che ha senso ormai, in questo deserto irrequieto?
Lui era qui, ma non mi sente più. Questa è la situazione. Resta solo l’amarezza di un prevedibile finale.
Chorus
C’è qualcosa che ha senso ormai, in questo deserto irrequieto?
No. Quieto, il mio respiro cerca il suo sotterraneo orizzonte. Ma lui emerge altrove, luce di un altro mare.
SCENA I
La scena si svolge a Paestum. Dalla sera si scivola lentamente nella notte.
NARRATORE
Paestum di notte punteggia di luci la pianura
fertile di frutti della terra. Il campeggio
è a ridosso delle mura della città antica.
Mura ciclopiche.
Si racconta che le pietre tagliate
le portassero sul capo,
miracolosamente in bilico,
le antiche donne di Poseidonia.
HELEN
E’ bello ritrovarsi qui, dopo tanti anni (…)
MASSIMO
Sì, bello e non mi sembra neanche che sia passato, tutto questo tempo (…)
HELEN
Perché hai pensato a me per il ruolo di Cressida: c’è un sottofondo, magari polemico?
MASSIMO
No. E’ vero che il Troilo shakespeariano è un’opera ambigua. La tragedia è ambientata durante la guerra di Troia e presenta due intrecci distinti. In uno Troilo, un principe troiano, corteggia Cressida, fa l’amore con lei e le giura eterno amore poco prima che sia mandata dai Greci in cambio di un prigioniero di guerra. Quando tenta di andarla a trovare nell’accampamento greco, la sorprende in intimità con Diomede e decide che è solo una prostituta.
HELEN
Ecco, vedi (…)
MASSIMO
Ma no. Nonostante questa vicenda sia quella che dà il titolo all’opera, se andiamo a vedere si risolve in poche scene: la maggior parte della tragedia, invece, ruota attorno ad un piano ordito da Nestore ed Odisseo per spingere l’orgoglioso Achille a scendere nuovamente in battaglia tra le file greche. L’opera si chiude con una serie di scontri tra i due schieramenti e la morte dell’eroe troiano Ettore. A me interessa questo secondo aspetto: la Guerra.
HELEN
Ma perché ti interessa tanto la Guerra? Ricordo che già allora (…)
MASSIMO
La Guerra è regolatrice di destini … ma sono sempre le masse che entrano in movimento, masse di guerrieri, masse di pacifisti contro la guerra, come quelli che stiamo vedendo qui (…) l’individuo si perde in questi incroci, non si è mai soli (…) siamo sempre dentro un flusso (…)
SCENA II
Entrano in scena ragazze e ragazzi che imbracciano chitarre e tamburi. Sono tamburi etnici, da festa dionisiaca.
NARRATORE
In un’atmosfera di peace, love and rock & roll il concerto va avanti da ore.
Fuochi si accendono sulla calda sabbia cilentana.
Chi ha voglia di suonare sale sul palco e suona.
(…)
Anche Massimo Altai è sfinito, ma regge.
A un certo punto della notte risuona un grido,
un’incitazione, un invito:
“Tutti nudi, tutti in mare”.
L’urlo di battaglia è stato lanciato
e già i primi ardimentosi
in veste adamitica si fiondano verso le acque.
“Tutti nudi, tutti in mare”.
(…)
Qualcuno, però, deve pur suonare,
e allora si decidono dei turni
militareschi, in un casino di generi
e tendenze musicali pazzesco.
Ma ormai nessuno ci fa più caso.
(…)
Il mare sembra una tonnara schiumante
sotto le diverse luci che provengono dalla spiaggia.
L’agitarsi di gambe e braccia
lumeggia di bianco tutto il tratto di costa.
(…)
Ci sono intere comitive di ragazzi.
Tutti in mare, tutti riconciliati
per un attimo con se stessi e con la vita.
(…)
#3 – Canzone: Simil Rave
Mi sono innamorato di te
in una nottata simil-rave
e ora sono pieno di perché.
La musica urlava nel sudore come il sangue nelle orecchie al tonfo pulsante del cuore.
Chorus
Mondo Di Merda, Amami, come t’ho amato io in quella notte in cui mi sono sentito dio.
Mi sentivo libero e senza peso luminoso come una meteora, senza l’ansia maledetta, disteso.
Non so se succederà ancora ora che ci sei tu qui con me, ora qui con me, come allora.
Chorus
Mondo Di Merda, Amami, come t’ho amato io, solo in quella notte, poco prima dell’addio.
PRIMA VOCE FUORI CAMPO
Le prime luci dell’alba illuminano uno spettacolo incredibile, sembra un rito acquatico di propiziazione indiano. “E’ di là!” grida qualcuno, indicando la direzione del sole nascente e tutti si girano in quella direzione. Il sole appare a metà strada fra una divinità cosmica e un gatto al risveglio. Benefico, pacifico, vitale. Diverse grida di giubilo si levano dalle acque, innalzando un inno collettivo al sole.
SCENA III
La musica cessa e Massimo si siede accanto a Helen. Sta spuntando il sole, evidenziato da un cambiamento di luci in scena.
MASSIMO
La guerra è regolatrice di destini: “Ogni troiano che sia padrone del suo cuore è anche la persona più adatta a scendere in campo, Troilo purtroppo non lo è più” …
HELEN
E io cosa dovrei fare, quindi, Cressida?
MASSIMO
Pensavo di farti interpretare i tre personaggi femminili, Elena, Cassandra e Cressida (…)
HELEN
Tutte e tre?
MASSIMO
Sì, tutte e tre (…)
Il sole è ormai alto. Massimo fa un giro completo della scena, prima di accovacciarsi.
PRIMA VOCE FUORI CAMPO
Il sonno di pineta è pieno di suoni alle tre di pomeriggio, – la mia ora preferita, quella in cui il fauno a passi felpati sceglie il suo luogo – il tempo sembra rallentare. Tra i cespugli di macchia si intravede il mare qualche metro più sotto e sembra volerti cullare con il suo borbottio sugli scogli affioranti, accolto con compiaciuto assenso da una coppia di gabbiani incerti tra seduzione e stasi.
HELEN
Due traditrici e una portatrice di sventura (…)
SECONDA VOCE FUORI CAMPO
Il caldo eccita il frinire delle cicale e sulla terra coperta di foglie lucertole guizzano ebbre intorno al tuo giaciglio regale di sogni. Il leggero venticello di brezza sfiora la pelle come una carezza prolungata e le palpebre lasciano filtrare il movimento delle luci in un caleidoscopio che invita a una quieta meraviglia. Il tempo si fa ondivago e lo spazio si dilata: è tutto lontano e tu lo senti. I tuoi spiriti protettori vigilano sul tuo corpo di terra con i loro mille occhi sorridenti.
Helen si avvicina a Massimo, quest’ultimo si alza e si allontana, per poi riavvicinarsi a Helen.
HELEN
Massimo (…)
MASSIMO
“Ma io invece sono più debole della lacrima pianta da una donna, più dolce del sonno, più stolto dell’ignoranza e meno coraggioso di una vergine a notte e, per dir della mia abilità, sono inesperto quanto l’infanzia”.
HELEN
Non fare citazioni, avvicinati (…)
Helen e Massimo si siedono uno accanto all’altra.
Helen e Massimo si alzano lentamente e si avvicinano a quella che sembra il frammento di una colonna dorica.
NARRATORE
Massimo ed Helen decidono di rinnovare
l’antico rito della passeggiata archeologica.
I dorici di Poseidonia fondarono la città alle dorate foci del Sele
dopo aver abbandonato Taranto, dall’altra parte di Ausonia.
Helen e Massimo si piegano, come a voler raccogliere qualcosa da terra.
NARRATORE
Orfico-pitagorici erano gli abitanti dell’antica Poseidonia (Paestum):
seppellivano i morti con una lamina metallica tra i denti:
doveva serviva a recitare alle porte dell’Ade la formula che ne preservava
la memoria, Mnemosyne, sulla soglia dell’oblio.
Helen e Massimo si portano una lamina metallica alla bocca.
NARRATORE
Era la garanzia dell’immortalità
e un viatico per la reincarnazione.
I poseidoniati credevano che l’anima del defunto
si sarebbe ricongiunta
alla propria stella, nell’imminenza dell’aurora.
(…)
Ma il ricongiungimento di Hele e Massimo
è ora più simile a una deriva,
nell’ora sonora del tramonto (…)
SCENA IV
Sulla moto, il foulard di Helen è disteso dal vento
NARRATORE
La Guzzi Nevada scorre tranquilla
sulle strade del Cilento,
in viaggio verso Agropoli
a sinistra campi feraci e verdi
innaffiati dalle pompe elettriche,
a destra la distesa che porta a mare.
HELEN
“Sweet bid me hold my tongue”, ordinami di tenere a freno la lingua (…)
MASSIMO
Perché, cosa vorresti dirmi?
HELEN
Niente, stavo pensando a Cressida (…)
non ricordavo che fosse così bello viaggiare in moto, senti l’odore della natura, il respiro del vento (…)
MASSIMO
Ho fatto tanti viaggi in moto, fino al Capo Nord con un gruppo di amici (…)
HELEN
Ma senza di me (…)
MASSIMO
E’ da tanto che tu non ci sei (…)
Helen si allontana alzando un braccio, come a voler dire di essere lasciata sola per un momento.
SECONDA VOCE FUORI CAMPO
Quel cruccio che ti viene improvviso è come una striatura di bianco in un cielo dalla virtuosistica nettezza; una stonatura a bassa voce, ma che pulsa persistente, una ferita nel cielo, tra vampate di caldo stordente. Indeciso se prestarvi ascolto o immergersi nelle calde acque dell’abbandono provi l’uno e l’altro, ma il ronzio rimane come un flutto ribelle alla stasi delle ore. Il caldo si comporta con i pensieri e le parole come con i suoni. Velocizza le emozioni.
Helen si avvicina
MASSIMO
Hai preso all’amo i miei pensieri (…)
SCENA V
Nel porto di Agropoli. La scena dovrebbe rappresentare delle barche di varie dimensioni, ma accatastate con un ordine inconsueto.
NARRATORE
Nel tragitto Helen e Massimo si sono fermati
più volte per assaporare odori antichi,
come quello del motore caldo che si mischia
con la macchia mediterranea, condito
dal leggero odore della benzina.
Il quieto borbottio dei cilindri
fa da colonna sonora al sudore
che cola dalla fronte, ai rigagnoli
che si formano nella schiena.
Massimo si avvicina a una barca.
PRIMA VOCE FUORI CAMPO
Siamo nel porto di Agropoli. Il Mediterraneo parla molte lingue, il greco antico, il latino, l’osco, il sannitico. E poi vennero gli arabi di Barberia portando una nuova religione e razziando le coste. Il turchese del mare fu chiazzato di sangue e poi gli arabi di Barberia, arabi con ampie infiltrazioni preislamiche, che venivano dall’Atlante, vollero segnare la loro presenza sulla costa con un segno della loro religione, erigendo una moschea ad Agropoli. E fu l’affronto per i regni cristiani, che non tollerarono di molto l’onta e si coalizzarono tra Amalfi e Salerno per distruggerne le vestigia.
Massimo accenna a un movimento come quello di remare, di fianco a una barca.
SECONDA VOCE FUORI CAMPO
Molti dei berberi si fecero briganti, vagando nei boschi dell’entroterra come anime erranti. Si rifugiarono su una montagna che chiamarono jebel, come dettava la loro lingua, e che ora si chiama Gelbison e domina Vallo della Lucania. Forse si mischiarono ai discendenti dei greci di Novi Velia (la Nuova Velia) o forse erano latini, ma anche lucani. Il dialetto della zona è come una trapunta di nomi strani. Le radici sono nel mare (…)
AUDIOVISIONE
Videopoema “Mille onde”
#4 – Canzone: Thousand Waves
My roots are in the sea Lulled and transported By the current of the waves.
It is the wave that moves me Like a cork In the vortex flow.
It is the wave that pushes me Away from this To another time.
It is the wave of the time That makes me cherish Another sea breezes.
It is the wave that whispers to me To go among the people, Away from the tomb
Of false appearances. It is the wave that whispers to me As in an echo of sirens
The need to go Even if the goal is less Important than the journey.
The wave sings With sweet words The path of pilgrimage.
The wave shows Perhaps the place For reunification.
Maybe it’s just an illusion, the call Of another era, but it is the wave That leads me to the shipwreck.
Helen si avvicina a Massimo, che sta remando.
HELEN
Massimo, chi è Cressida?
MASSIMO
Difficile dirlo: lei si è sentita scambiata come un oggetto, “senza più alcun sentimento che la leghi alla famiglia” e come tale, come oggetto, non ha più parentele né sentimenti, né legami (…)
HELEN
Questo giustifica il fatto che si concede a Diomede?
MASSIMO
Non lo so (…)
SCENA VI
Helen e Massimo attraversano la porta senza battenti.Sullo schermo di fondo immagini delle rovine dell’antica Elea, ma ancora una volta fortemente stilizzate, quasi oniriche.
NARRATORE
Helen e Massimo sono giunti a Elea-Velia,
accampandosi nella piana sottostante
il castello medievale.
Adagiato mollemente sul bagnasciuga,
Massimo Altai ha una specie di visione ancestrale,
tra le spume chiassose del mare;
siccome da lì si vedono le rovine di Elea/Velia,
a un certo punto, come in un sogno,
gli appaiono Parmenide e Zenone.
(…)
Parlando di filosofia, pasteggiavano
con un’insalata con la cipolla fresca,
riempendosi la bocca a vicenda di una focaccetta calda.
Lo sguardo del venerabile grande vecchio seguiva
una linea di fuga all’orizzonte,
verso quella che ora si chiama Punta Licosa,
mentre Zenone era intento a leccarsi le dita.
(…)
Parmenide pensava a un esametro
che non gli era venuto bene
e Zenone si crucciava che non sapeva
scrivere in metro regolare.
La sua mente affilata voleva trovare la logica nella poesia.
Mentre intorno la città antica pullulava
di traffici nell’enorme mercato.
HELEN
Tra tutte le città archeologiche, Elea è quella che mi colpisce di più. Di Paestum vedi la possanza della città commerciale, di Elea puoi solo intravedere qualcosa.
MASSIMO
Era costruita su una collina alluvionale che poi è scesa a valle. Elea è stata sommersa dalla sua stessa terra.
NARRATORE
A Elea/Velia non era raro che qualcuno
recitasse a memoria l’intera Iliade e anche l’Odissea.
C’era un angolino nei pressi del porto,
vicino al pozzo sacro,
in cui un emulo di Senofane faceva sfoggio
della sua arte sapienziale.
Chiedeva poco, un obolo o poco più,
e a richiesta recitava accompagnandosi con la lira
un passo scelto o qualcosa a richiesta.
(…)
Parlava un dialetto ionico un poco diverso
da quello della madrepatria, più morbido
e con un maggior numero di vocali.
Molti si fermavano ad ascoltarlo,
soprattutto Zenone era un appassionato,
mentre Parmenide scuoteva la testa veneranda
alle menzogne della poesia.
La sua metrica non indulgeva in sofistiche sottigliezze,
era scabro ed essenziale.
Helen e Massimo si inerpicano su un’erta,
che potrebbe essere rappresentata da una scala in scena.
NARRATORE
“Ippoi tai me phèrusin”… cominciava lentamente il maestro
e poi, dopo una leggera pausa continuava:
“Oson t’epì tumòs ikànoi”,
diceva Parmenide e quando pronunciava
queste parole Zenone non mancava mai di appoggiargli una mano
riconoscente sulle vecchie spalle
e dandogli la mano lo accompagnava
nell’impervia salita, verso l’agorà e qualche volta
verso l’arcaico anfiteatro, da cui si dominava l’intero golfo.
Da lì Parmenide dominava l’intero mondo del pensiero.
Le sue onde arrivavano fino ad Atene,
alle orecchie del terribile Platone,
che non sapeva come fare a ricostruire tempo e movimento,
dopo la vigorosa negazione eleatica, che nessuno riesce a capire,
nemmeno a spiegargliela cento volte.
(…)
Solo Zenone la capiva: le cose sono eterne,
non nascono e non periscono,
siamo noi a chiamarle in un altro modo.
Helen indica qualcosa a Massimo, che annuisce.
NARRATORE
Risalendo l’erta, Zenone volle comprare un cestino di olive nere
da un contadino di passaggio che parlava una lingua strana,
gli esperti lo definiscono enotrio, ma è un nome che non dice niente,
meglio sarebbe appellarlo “sannitico-lucano”.
Il contadino apparteneva a genti rozze e malagevoli,
ma dall’animo buono e dal vigore guerresco:
si conservano ancora le loro gesta
raffigurate negli affreschi delle tombe di Paestum.
(…)
Zenone non capiva che cosa dicesse il contadino,
ma non capiva anche una sua stessa teoria:
se le cose non cambiano, non cambia nemmeno il linguaggio,
che è unico e universale.
Con le olive nere nel cestino e sputando i noccioli
tra i rovi e gli sterpi e qualche masso sotto cui si nascondeva
qualche innocuo serpentello, dunque procedevano,
avvolti in uno stato d’animo di tranquillo benessere.
(…)
A noi sono arrivati frammenti di parole,
non le sensazioni che quella filosofia produceva,
il tacito accordo con l’universo, la calma spirituale.
SCENA VII
Ancora in moto. Helen e Massimo si stanno dirigendo verso Palinuro
NARRATORE
Helen e Massimo sono ancora in moto,
questo viaggio somiglia sempre di più
a quello compiuto insieme tanto tempo fa.
Non si capisce bene se Shakespeare
è stato un pretesto o un’occasione.
Del resto, non si capiscono
tante cose nella vita di Massimo,
sempre al bivio tra successo
come regista teatrale e depressione.
MASSIMO
Sento che mi sta tornando la voglia di lavorare, di farmi un obiettivo, di sfidare le circostanze avverse.
HELEN
Lo vedo, me ne accorgo.
NARRATORE
Il vento che viene dal mare rinforza,
ridando vigore alle onde,
che si arrampicano sulla spiaggia
a voler conquistare la terra.
Spariscono le poche nuvole,
il cielo è di una nettezza abbacinante.
MASSIMO
Tutto questo (indica il paesaggio) mi dà forza.
HELEN
Anche io ne avevo bisogno.
NARRATORE
Palinuro è sulla destra,
appare come una roccia aggettante,
una spelonca di sirene.
Molti secoli dopo Parmenide e Zenone,
una notte, cantò il poeta che veniva dal nord
e sapeva nulla delle acque mediterranee;
gliene avevano parlato come di un sogno
e lui volle vedere Neapolis, in cui è sepolto.
E qualcosa capì, dando il nome al promontorio
da un nocchiero affogato,
forse ubriaco, Palinuro,
che veniva da Troia in fiamme, fedele d’Enea.
Non sapeva che quello sarebbe stato un mare di morte.
HELEN
Come pensi di mettere in scena il Troilo?
MASSIMO
In che senso?
NARRATORE
Un giro nella piazza di Palinuro è sempre piacevole.
Palinuro una volta faceva concorrenza a Capri,
o quasi, fino a quando ha chiuso il Club Méditerranée,
nei primi anni Ottanta.
Era il punto di attrazione di tutta la costa,
quando arrivavano delle gigantesse bionde
dal nord Europa (Svezia Danimarca, Germania).
HELEN
Pensi di modernizzarlo, di dargli una veste contemporanea?
MASSIMO
No, al contrario, penso di dargli una dimensione arcaica, di far vedere i greci non così civilizzati come li immaginiamo (…) sono scene di guerra, di lussuria e di sangue (…)
SECONDA VOCE FUORI CAMPO
La superficie appena eretta su un crocevia di confusioni si lascia attraversare da gesti e parole dal significato sdrucciolevole e scivoloso. Non oppone resistenza, come in una pratica identitaria rovesciata. Anela all’uguaglianza delle contraddizioni.
NARRATORE
Gli ospiti delle serate musicali
erano sempre prestigiosi,
peccato che all’epoca non ci fossero
molti soldi per entrare nelle serate mondane,
appena i soldi per la benzina
per arrivarci davanti con una moto.
SECONDA VOCE FUORI CAMPO
Alla fine dell giorno si depositano pensieri come grani di polvere abbandonati dal sole e dal vento. Sembrano contenti che oggi è già ieri. Ma allora perché si sente ancora il mormorio indistinto dei tuoi desideri?
NARRATORE
Sulla strada che da Palinuro porta a Marina di Camerota
incontrano un viandante. Rivolge loro la parola
dal desco di un ristorante all’aperto.
Sono incuriositi dal modo in cui rivolge loro la parola
e presto scopriranno che viene da lontano, dalla guerra di Siria,
dalle bombe che fanno il deserto al loro passaggio.
In realtà, il viandante è un tunisino che viveva in Siria,
che sta scappando da entrambi i paesi.
#5- Strumentale: Qayla al-layla
“Vogliate avere la cortesia di fornire un’informazione
a questo povero Enea che viene da Oriente”.
Presto Massimo ed Helen scoprono che il viandante
è un docente di letteratura francese all’università di Damasco.
MASSIMO
Shakespeare mostra la violenza calcolatrice della guerra, che ha tuttavia un suo ordine. Nella vicenda del “Troilo” emergono questi due lati: quello calcolatore e quello brutale.
NARRATORE
Il viandante racconta loro
verità terribili sulla vita e sulla morte,
lo strazio di Damasco, il Medio Oriente in fiamme.
I viandante, lo straniero narra le gesta
di chi non ce l’ha fatta,
degli annegati, dei morti di inedia,
della brutalità dei venditori di uomini,
della tragedia di un’umanità ferita.
Purtroppo il viandante porte cattive novelle
sulle coste d’Italia, notizie di un naufragio.
#6 – Strumentale: “L’odore della guerra”
SCENA VIII
Helen e Massimo sono in viaggio verso Marina di Camerota.
NARRATORE
Ora gli spruzzi delle onde a riva si sono fatti più forti,
da Marina di Camerota
è una puntiforme foschia al di là della quale
si vede Capo Palinuro e una danza di sirene.
La tradizione antica parla di tre sirene,
in riferimento alle sirene dell’Odissea.
Ma i nomi, invece, sono tramandati in due gruppi di tre.
(…)
Il primo, formato da Partenope, Leucosia e Ligea,
risale alla tradizione occidentale.
Il Secondo, formato da Molpe, Theilxinoe ed Aglaophone,
risale ad una tradizione omerica.
Leucosia è l’equivalente di Leucotea,
divinità marina venerata,
secondo Aristotele,anche ad Elea.
Molpe, una delle sirene della tradizione omerica,
è stata messa in relazione con Molpa
e quindi localizzata nei pressi di Palinuro.
Due sirene, Leucosia e Molpe,
sorvegliano due promontori
(punta Licosa e Capo Palinuro)
che costituiscono i limiti del golfo
e probabilmente anche i confini
del territorio di Elea.
(…)
Anche Kamaraton era una sirena,
signora delle acque di Camerota.
MASSIMO
Più vado avanti e più mi accorgo della grandezza di Shakespeare. Ha saputo guardare dentro l’animo umano come pochi.
HELEN
In Shakespeare trovi tutto, qualche volta anche te stessa, per questo non riesco a staccarmi (…)
MASSIMO
Io ho cercato di staccarmi, praticando molto intensamente il teatro contemporaneo, ma non sono andato molto lontano (…)
HELEN
Si torna sempre a Shakespeare (…) Ma non capisco se a te interessa Shakespeare o il tema della guerra (…)
MASSIMO
A me interessa un teatro che torni a parlare della realtà del proprio tempo, anche magari ricorrendo a suggestioni antiche, proprio come faceva Shakespeare. Quel grande drammaturgo è nel proprio tempo, lo scava da dentro e ce lo porge trasfigurato. Nelle sue opere poesia e storia si mescolano, questo è il senso del dramma (…) Quando Shakespeare fa parlare Ulisse nel “Troilo”, cosa gli fa dire? “La forza toglierebbe il posto al diritto o piuttosto diritto o torto – frammezzo alla cui infinita tenzone risiede la giustizia – perderebbero il loro nome e la giustizia il suo: allora ogni cosa si risolverebbe in potere, potere in volere, volere in appetito e l’appetito, lupo universale, così doppiamento assecondato da volontà e potere farebbe di necessità una preda universale e alla fine divorerebbe se stesso”.
NARRATORE
Ma ora è la sera mediterranea che scende
a fasciare la costa nel suo mantello,
incurante dei crucci umani.
#7 – Canzone: The sounds of the night
The sounds of the night have something of the music and something of the randomness of the noise.
They mark the space, mark the time, are like an echo of the day.
The colors have an appearance flaky and insincere in the border area between day and evening.
The sounds of the night have something of the music and something of the randomness of the noise.
Friends that keep us from going too deep in ourselves. It is the slow scan of the zero-time.
The quiet of the balance, the closed circuit of oblivion, the limited field of farewell.
The sounds of the night have something of the music and something of the randomness of the noise.
I enjoy the suspension of an hour without minutes in no-time of a parallel world.
The sounds look after like faithful dogs. Silence does not exist.
SCENA IX
La scena è ambientata a Maratea.
NARRATORE
A Maratea il paesaggio è di una tale bellezza
che mette malinconia.
La bellezza confina infatti
con questa dimensione dello spirito.
Specie quando il paesaggio
è crucciato dalla tempesta,
Maratea apre scenari interiori
e voci si rincorrono nello spazio.
Videopoema “Il malumore del mare”
PRIMA VOCE FUORI CAMPO
Il vento gioca come con una foglia. Non è facile indovinare i suoi disegni; più arabescate onde che disegni il vento attorciglia – con il sole allo zenit sull’equatore – flussi che si dipanano nell’aria; ora il vento è il mare che sfoglia, ora le fronde mansuete al richiamo, che rispondono come un coro ondeggiante nell’abbandono dell’ora. L’aria d’equinozio è limpida di benessere, frange le nubi mostrando il sole che invoglia come all’apertura di un sipario. Fa anche un inchino, il vento, si avvolge, ma poi sbuffa e soffia più forte, come in preda a un’improvvisa voglia di spingerti in mare dalla scomoda posizione su uno strapunto di roccia con i piedi penzoloni e il volto all’indietro ad abbeverarti di raggi, a ricalcare un’immagine antica, fanciullesca, ancestrale, per sbriciolare gli anni e dissolvere la nuvola dell’inquietudine. La bellezza adora eterno il presente.
HELEN
Che strano posto che è Maratea (…)
MASSIMO
Strano e affascinante (…)
HELEN
Deve essere terribile abitarci d’inverno, come a Venezia (…)
MASSIMO
Se vuoi andartene dal mondo, questo potrebbe essere il posto giusto (…)
HELEN
Forse (…)
PRIMA VOCE FUORI CAMPO
Ma il vento è movimento, non lo puoi quietare accarezzandolo come un docile animale, sfugge, guizza come quel pesce uccello che si è levato in volo per corteggiare la sua preda sul luccichio di acque stuporose e profonde. Tutto è movimento sulla soglia dell’immobilità del meriggio. Tutto freme e guizza come una foglia. Sei tu quella foglia. Premio per aver osato l’inosabile. Aver barattato la propria presenza con un’ora senza direzione.
NARRATORE
Il vento d’estate è vento di fuoco,
è carico di scintille e favorisce le fiamme.
Quando scoppia un incendio a Maratea
si brucia l’intera montagna e le lingue di fuoco
arrivano al cielo, rischiarando la notte.
La ragione si smarrisce in questo girone d’inferno
e cerca respiro all’orizzonte.
Dai lembi di costa l’incendio incombe dall’alto
come un drago arrabbiato.
E’ la notte di San Lorenzo,
notte di sortilegi (…)
#8 – Canzone: Notte di sortilegi
Notte di sortilegi cielo di fregi sulla costa tra raffiche impetuose di vento che porta fuoco nel rogo e incendia la notte di S. Lorenzo. Vento che scuote in una moltitudine di scintille Fosca la notte nel fuoco dei fuochi che dipinge di sue vampe il mare atterrito. Le stelle perdono la scena spaurite tra folate che rotolano sassi in un groviglio di alberi allampati fra spire che vorticano come baccanti fuoco che brucia nel caldo vento che non tace.
Musica: “Notte di sortilegi”
SCENA X
La scena finale si svolge su una spiaggia di Praia a Mare.
NARRATORE
A Praia a Mare Massimo e Helen
vivono una specie di trance collettiva.
Qualcuno scappa dalla spiaggia,
ma altri arrivano, senza maglietta,
seminudi, invasati,
una processione di zombie tarantolati.
SECONDA VOCE FUORI CAMPO
Il motivo quaternario di questo battito quotidiano che si dipana enigmatico negli anfratti delle ore costruisce la trama delle attese come una prigione ancestrale.
NARRATORE
Una ragazza si rotola nella sabbia strappandosi i capelli,
sembra che quella musica stia strappando
dal cuore di ciascuno le angosce più profonde.
Bisogna smettere, ma nessuno lo vuole.
(…)
MASSIMO
Qualcuno dice che io sia un personaggio singolare e
che me ne stia sempre da solo …
HELEN
Ma questo lo fanno tutti gli uomini a meno che non siano ubriachi o ammalati o
che non abbian gambe …
MASSIMO
(…)
NARRATORE
Più si va dentro l’atmosfera apocalittica della festa,
più ci si vuole immergere, come un rito catartico.
Dionisiaco.
Tutta la pena, la nausea,
l’angoscia delle vite singole si mescolano
in un grande falò collettivo.
La sabbia si alza come nello scalpiccio di una corrida.
(…)
Il fuoco non tarda a emergere dalle tenebre.
(…)
Qualcuno ha accesso un fuoco sulla spiaggia
e a decine ora innalzano al cielo
tizzoni ardenti presi dalla parte ancora non bruciata.
Centinaia di fiammelle che punteggiano la notte,
portate in cielo dal movimento ritmico sempre più convulso.
Sembra che a ballare non ci siano giovani esserei umani,
ma il loro inconscio messo a nudo.
(…)
Poi all’orizzonte cominciano a schiarirsi le tenebre.
(…)
MASSIMO
“Friggi, o libidine, friggi!”
HELEN
Non vedo l’ora di cominciare le prove (…)
#9 – La danza, il buio, l’infinito
A vederti ballare col tuo passo lieve e disinibito che scivola in un modo indefinito
vorrei dirti tre e tre volte amore, ma mi basta uno sguardo perché so che i tuoi passi dorati a me son dedicati e a nessun altro. Mi faccio spettatore, in una folla di umori appagati, come il muto bersaglio della freccia. E’ scoccata verso un nuovo invito, come la danza, il buio, l’infinito.
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