
Personaggi e interpreti:
Prima narratrice
Seconda narratrice
Altre voci
Danzatori
Testo, musica e drammaturgia: Antonio De Lisa
Musiche dal vivo: duo De Lisa-Franco, sassofono e pianoforte, Lost Orpheus Ensemble
Collaborazione dell’Officina Galilei per il teatro e la musica
PRIMA NARRATRICE
Questa che stiamo per raccontarvi è una storia che cela al suo interno un’altra storia, come in una galleria di specchi. Entreremo nel mondo oscuro che qualcuno definisce “letteratura del terrore”, qualcun altro: horror. Ma non lo faremo direttamente, vi entreremo attraverso gli occhi di una fanciulla. Sono stati in molti ad accostare una certa letteratura per l’infanzia e per l’adolescenza al genere del mistery in versione soprannaturale. Qui non facciamo altro che esplicitarne la parentela. Una bambina di nome Alessandra prima ha paura, poi rimane affascinata dal mito dei vampiri e in particolare dalla figura di un vampiro donna, Carmilla. Noi ne seguiremo le tracce, lungo le buie strade del mistero.
STACCO MUSICALE
SECONDA NARRATRICE
Il problema di Alessandra è la notte. Brava a scuola, anzi bravissima, brava a danza, brava a suonare il pianoforte, quando cala la notte si manifesta la sua paura preferita, che sarebbe meglio chiamare incubo: la paura dei vampiri. Non avrebbe saputo dire quando era nata quella paura, né quale era stata l’occasione. No, forse l’occasione se la ricorda, una sera aveva fatto più tardi del solito e aveva assistito, anche se solo per pochi minuti, al film che il suo papà stava vedendo in televisione, un film sui vampiri. Era stato solo un flash, ma l’aveva segnata profondamente. I denti, in particolare, l’avevano fatta rabbrividire, quei denti sporgenti del vampiro. Alessandra si chiese perché i vampiri avessero denti così sporgenti, e l’aveva chiesto anche al suo papà, che non aveva saputo rispondere; poi alla sua mamma, che non lo sapeva; poi alla sua nonna materna, che non se lo ricordava; infine alla maestra, ma non lo sapeva neanche lei. Nessuno lo sapeva. Aveva anche interrogato il suo smartphone, ma per inesperienza nella ricerca, neanche questo aveva saputo dare una risposta.
Passano i giorni o, per meglio dire, le notti, e Alessandra subisce sempre la stessa sorte, un lungo viaggio nelle terre della paura. Si sveglia tutte le volte madida di sudore, in preda al panico, in piena notte. I genitori si sono consultati con un medico per cercare di ovviare a quel triste fenomeno, ma il medico ha risposto che dipende dall’età. Anche questa storia dell’età, Alessandra non è riuscita a capire. Non riesce a trovare un legame tra età e vampiri.
Un giorno di ottobre un’amichetta di Alessandra le propone di vestirsi in modo strano per Halloween. La nostra eroina piomba in uno sconforto totale: da un lato è attratta, dall’altra le ripugna l’idea stessa di vestirsi in qualche modo che somigli troppo da vicino ai suoi fantasmi notturni. Ma Francesca – questo il nome della sua amichetta – insiste: “Dai, ci divertiremo!”. Argomento irresistibile per Alessandra, che ama divertirsi e fare la pazzerella di tanto in tanto.
Alessandra comincia a sognare a occhi aperti. Il vestito di Halloween! Un’occasione unica di diventare lei stessa uno dei suoi fantasmi. E un giorno, nell’ora di matematica, ha l’ispirazione: vestirsi da vampiro! Non ci potevano essere alternative. Vampiro! E’ questo che avrebbe dovuto fare, indossare l’abito e la maschera della sua paura. Subito dopo però si chiede se ne valga la pena, affrontare con tanta sfacciataggine i fantasmi. Le sembra quasi una profanazione. E più ci pensa, più si sente invogliata a farlo.
Non è facile convincere i genitori, ma alla fine ci riesce e il pomeriggio del 31 ottobre si chiude in camera per prepararsi al travestimento. Con l’aiuto della mamma e della nonna ha trovato tutti gli ingredienti, persino i denti sporgenti. Per simulare il pallore dei vampiri si fa truccare, anche se con moderazione; il nero delle occhiaie insonni se l’applica lei stessa; la maschera e il lungo mantello nero completano il travestimento.
Quando viene la sera, la sua amichetta passa a prenderla e, con somma sorpresa di entrambe, anche Francesca è vestita da vampiro. Due vampire, che coincidenza! Due vampire che si sarebbero inoltrate nella notte di Halloween spaventando il mondo. Alessandra ci pensa quasi come una rivincita, ha passato mesi a svegliarsi di notte e ora è lei quella che incute paura. Arriva persino a chiedersi in che cosa consiste veramente la paura, ma si sente troppo smarrita per darsi una risposta.
Le due amiche si sono preparate così bene da suscitare – anche se per un solo attimo- un brivido di paura in chi le osserva. E’ lungo la prima attraversata del corso principale della cittadina in cui vivono che si rivelano, con un senso di malcelata trepidazione, di avere la stessa paura, quella dei vampiri e di svegliarsi in preda agli incubi ogni volta questi comparivano nei loro sogni. Sono, tutte e due, ossessionate dai vampiri. Si prendono per mano, decise a interpretare le loro stesse angosce, perché insieme si può vincere la paura. E’ quando si è soli, o si resta soli, che è la paura a vincere. Insieme, si può uscire dall’incubo. Fortificate da questa convinzione, le due amiche interpretano con sempre maggiore convinzione il loro ruolo, riuscendo a far spaventare qualche altro bambino che si avvicina. Fanno spaventare persino il bulletto della classe, quello che si dà tante arie e che le tormenta, cosa che considerano una grande conquista e che le mette decisamente di buon umore.
Nel fare tutte quelle moine, però, non si sono accorte di essersi allontanate troppo dalla postazione dei loro genitori; il guaio è che non conoscono bene la zona in cui sono capitate e dove porta il vicoletto che hanno imboccato e da dove hanno cominciato a girare a caso. A un certo punto vedono avvicinarsi una sagoma, la cui ombra è ingigantita dalla lampada stradale alle sue spalle. Sembra un gigante con le spalle incurvate e con un grande coltello in mano. L’ombra proiettata sul muro è spaventosa. Le due amichette emettono un urlo soffocato, stringendosi l’una sull’altra, ma l’ombra si rivela solo un passante indaffarato. Hanno visto davvero il coltello o se lo sono solo immaginato? I misteri della notte cominciano a infittirsi e così le fitte al cuore. Quanto più si inoltrano in quel vicolo magico, tanto più si fanno frequenti gli spaventi. Tutto è paura in quella stradina. A un certo punto sentono un fracasso di metallo sull’asfalto e di vetri rotti. Questa volta è spontaneo lanciare un urlo ben forte, accucciandosi alla base di un muro. Solo dopo qualche secondo hanno il coraggio di aprire gli occhi. Sono state le ombre di loro stesse a spaventare un giovane ciclista di passaggio, che è rovinato a terra, col suo vestito di Halloween, e ora si lamenta perché si è slogato un piede. Le due amichette accorrono ad aiutare il malcapitato, che si chiama Mario, un bambino che va nella loro stessa scuola. Questi ride di sollievo quando si accorge che non è aggredito dai vampiri ma soccorso dalle due bambine. Mario si lamenta per il dolore ma è ben contento di essere scampato alla terribile sorte che attende coloro che sono aggrediti dai vampiri, almeno secondo la sua fantasia. Insomma, quella della paura dei vampiri sembra essere una vera e propria epidemia. Non ci mettono molto, tutti quanti, a riderci su e a dirsi che in fondo è una cosa abbastanza stupida. Si dicono prudentemente che forse i vampiri esistono davvero ma non vanno in giro la notte a spaventare i sogni dei bambini. Probabilmente i vampiri hanno qualcosa di diverso a cui pensare e non è strano immaginare che forse si spaventano loro stessi alla vista dei loro mantellacci neri. La loro immagine non compare allo specchio, per vedersi vanno al cinema, mangiando pop corn e divertendosi un sacco. A spaventarsi.
Alessandra e Francesca dopo l’avventura della notte di Halloween non hanno più neanche un incubo, sono guarite; se lo ripetono in continuazione vedendosi a scuola. Guarite. Ma un giorno Francesca rivela ad Alessandra che ha quasi nostalgia dei suoi amici notturni. E Alessandra deve ammettere la stessa cosa. Da allora in poi diventano accanite fans dei film sui vampiri, non se ne perdono uno. Il cinema restituisce loro quella importante fase della loro vita. Ma soprattutto la letteratura. In particolare Alessandra resta affascinata da un racconto gotico dello scrittore Joseph Sheridan Le Fanu, che si intitola “Carmilla”. È stato pubblicato nel 1872, quindi precede di ben 25 anni “Dracula” di Bram Stoker.
STACCO MUSICALE
PRIMA NARRATRICE
Il personaggio di Carmilla, prima donna vampira, colpisce talmente la fantasia di Alessandra che ne resta stregata. In un primo momento Alessandra si riferisce soprattutto al vampiro più famoso della letteratura, Dracula. Ma quando Alessandra scopre la storia di Carmilla, sceglierà questa come sua eroina.
COMMENTATORE
Così come la Stiria è una terra di confine dal punto di vista sia geografico sia culturale, così anche “Carmilla” può essere definito un romanzo “di confine”. Sul piano del contenuto anzitutto, perché racconta la storia dalla parte di testimoni che guardano ai fatti “con gli occhi dell’occidente”, confusi e destabilizzati da usi e credenze sfuggenti e arcaiche. Inoltre, è la storia del divario drammatico tra il mondo dei giovani (Carmilla e Laura) e il mondo dei vecchi (quasi tutti gli altri personaggi). Infine, è la storia di una testimone per metà inglese e per metà stiriana (Laura), divisa tra i poli del mondo del padre (del quale vuole mantenere la civiltà e il linguaggio in terra straniera) e il mondo di Carmilla, il suo doppio “selvaggio”, stiriana e Karnstein come la madre.
PRIMA NARRATRICE
La storia di Carmilla viene presentata dal suo autore Le Fanu come un caso realmente trattato da un medico, il Dr. Hesselius: il suo distaccarsi dall’ortodossia medica lo rende di fatto il primo “dottore occulto” della storia della letteratura. La narratrice è Laura, una dei protagonisti del romanzo. Laura racconta la sua infanzia in un pittoresco e solitario castello nel folto di una foresta, nella regione tedesca della Stiria. Vive sola con il padre, un inglese benestante, vedovo e in pensione. All’età di 6 anni, Laura ha la visione di un “bellissimo visitatore” nella sua camera da letto. Ricorda di essere stata morsa al collo, ma nessun segno o ferita vengono trovati sul suo corpo. Dodici anni dopo, suo padre le parla di una lettera che ha ricevuto da un amico, il Generale Spielsdorf. Egli voleva far loro visita accompagnato dalla nipote, Berta Rheinfeldt, ma la fanciulla era morta improvvisamente in circostanze misteriose. Il Generale conclude ambiguamente la lettera dicendo che avrebbe discusso in dettaglio queste circostanze quando si sarebbero rivisti. Laura è molto addolorata per la perdita di una possibile amica, e soffre la solitudine. Ma ben presto avviene l’inaspettato: appena fuori dal castello una carrozza subisce un incidente, e una ragazza coetanea entra nella vita di Laura. Il suo nome è Carmilla. Le due giovani riconoscono all’istante, l’una nell’altra, “il visitatore” dello strano sogno o visione che hanno avuto entrambe da piccole. Carmilla sembra ferita, ma sua madre, una donna molto misteriosa, informa il padre di Laura che il suo viaggio è molto urgente e non può fermarsi. Così ottiene di lasciare la figlia con Laura e con il padre fino al suo ritorno, tre mesi dopo. Prima di andarsene, precisa che Carmilla non rivelerà alcuna informazione sulla sua famiglia, su se stessa o sul suo passato, e che è sana di mente. Laura risponde che queste informazioni non sembrano necessarie, e anche suo padre ci ride sopra. Carmilla e Laura diventano amiche intime, ma in alcuni momenti l’umore di Carmilla cambia repentinamente. Qualche volta sembra avere delle attenzioni sconvenienti nei confronti di Laura.
LAURA
Qualche volta, dopo un periodo di apatia, la mia strana e bella compagna prendeva la mia mano e la stringeva nella sua con pressione forte e ripetuta; arrossendo leggermente, guardando dritto nei miei occhi con i suoi occhi languidi e infiammati, e respirando così velocemente che il suo vestito si alzava e si abbassava al ritmo del suo cuore in tumulto. Era come l’ardore di un amante; questo mi imbarazzava; era detestabile e allo stesso tempo irresistibile; e con occhi maliziosi mi guidava verso di lei, e le sue labbra calde scorrevano sulla mia guancia coprendola di baci; e mi sussurrava, a volte singhiozzando:
CARMILLA
“Tu sei mia, sarai mia, io e te siamo una cosa sola per sempre. “
PRIMA NARRATRICE
Carmilla non rivela nulla di sé e del suo passato, nonostante le domande dell’amica, e la segretezza non è l’unico mistero che la riguarda. Fa anche strani discorsi di ricordi ambigui:
CARMILLA
“Devo raccontarti della mia visione su di te; è così strano che tu ed io abbiamo avuto, ognuna dell’altra, un sogno così vivido; che ognuna abbia visto, io te e tu me, con l’aspetto che abbiamo ora, quando ovviamente entrambe non eravamo che bambine. Io ero una bambina, di circa sei anni, e mi svegliai da un sogno confuso ed agitato, trovandomi in una stanza, diversa dalla mia nursery, ricoperta goffamente con del legno scuro, e con armadi e testiere, e sedie, e panche disposte lungo i muri. I letti erano, credo, tutti vuoti, e anche la stanza vuota al di fuori di me; ed io, dopo essermi guardata intorno per del tempo, ammirando soprattutto un candelabro di ferro a due rami che riconoscerei di certo, scivolai sotto uno dei letti per arrivare alla finestra; ma mentre sgusciavo da sotto il letto, sentii qualcuno che piangeva; ed alzando lo sguardo, mentre mi trovavo ancora in ginocchio, ti vidi – eri sicuramente tu – come ti vedo ora; una bellissima damigella, con i capelli dorati e grandi occhi azzurri, e labbra – le tue labbra – tu come sei qui ora”.
PRIMA NARRATRICE
Carmilla dorme per la maggior parte del giorno, e sembra che di notte cammini nel sonno. Quando una processione funebre passa accanto alle due ragazze, e Laura intona un inno, Carmilla viene presa dall’ira e la sgrida per avere cantato una canzone cristiana.
LAURA
Mentre sedevamo così sotto gli alberi, un pomeriggio fummo superate da un corteo funebre. Si trattava del funerale di una ragazza giovane e carina che avevo visto spesso, la figlia di uno dei guardiacaccia della foresta. Il pover’uomo camminava dietro al feretro della sua diletta; era la sua unica figlia, ed aveva l’aspetto di un uomo dal cuore spezzato. Coppie di contadini lo seguivano, cantando un inno funebre. Mi alzai per porgere i miei rispetti mentre passavano, e mi unii all’inno che stavano cantando con tanta dolcezza. La mia compagna mi scosse un po’ bruscamente, e mi voltai sorpresa.
Mi disse bruscamente, “Non ti accorgi di quanto sia stonato?”
“Al contrario, credo sia molto dolce” risposi, interdetta dall’interruzione, e molto a disagio, timorosa che le persone che formavano la piccola processione potessero vedere e risentirsi di quanto stava accadendo.
Ripresi quindi istantaneamente il mio canto, e fui nuovamente interrotta. “Perfori i miei timpani,” disse Carmilla, quasi rabbiosamente, tappandosi le orecchie con le piccole dita.
“Inoltre, da cosa deduci che la tua religione e la mia siano la stessa cosa; i tuoi riti mi feriscono, ed io odio i funerali. Quante storie! Perché bisogna morire – tutti devono morire; e tutti sono molto più felici quando ciò accade. Vieni a casa.”
“Mio padre si è recato al cimitero insieme al prete. Pensavo sapessi che sarà sepolta oggi.”
“Chi? Non preoccupo la mia testa con le sorti dei contadini.
Non so chi sia,” rispose Carmilla, con un lampo nei suoi occhi eleganti.
“E’ la povera ragazza che pensava di aver visto un fantasma un paio di settimane fa, ed è stata sul punto di morte da allora, fino a ieri, quando è spirata.”
“Non dirmi nulla di fantasmi. Non dormirò stanotte se lo farai.”
STACCO MUSICALE
“Lamento funebre”
PRIMA NARRATRICE
Carmilla comincia a rivelare i suoi lati oscuri: non vuole sentire il canto che accompagna il corteo funebre e ha impressionanti scatti d’ira.
LAURA
Lei ed io eravamo affacciate ad una delle lunghe finestre del soggiorno, quando entrò nel cortile, oltre al ponte levatoio la figura di un viandante che conoscevo bene. Era solito fare visita allo schloss più o meno due volte all’anno. Era la figura di un gobbo, dalle fattezze acute e magre che generalmente si accompagnano alla deformità. Portava un pizzetto nero, e sorrideva da un orecchio all’altro, mostrando i suoi denti bianchi. Era vestito di camoscio, nero e scarlatto, e sul suo corpo si incrociavano più cinghie e cinture di quante riuscissi a contare, dalle quali pendevano gli oggetti più vari. Dietro, trasportava una lanterna magica, e due scatole, che conoscevo bene, che contenevano l’una una salamandra, l’altra una mandragora. Questi mostri erano soliti suscitare il riso di mio padre. Erano composti di parti di scimmie, pappagalli, scoiattoli, pesci e ricci, seccati e ricuciti con molta arte per generare un effetto sorprendente. Aveva un piffero, una scatola da prestigiatore, un paio di fioretti e maschere attaccati alla cintura, molti scrigni piccoli e misteriosi che gli penzolavano intorno, ed in mano un bastone nero con borchie di rame. Suo compagno era un ruvido cane meticcio, che lo seguiva passo passo, ma che si fermò improvvisamente e sospettoso al ponte levatoio, per poi cominciare poco dopo ad ululare in maniera agghiacciante.
Nel frattempo il saltimbanco, dal centro del cortile, sollevò il suo grottesco cappello e ci rivolse un inchino molto cerimonioso, porgendoci loquacemente i suoi complimenti in un francese esecrabile, ed in un tedesco appena migliore.
Poi, slacciando il suo flauto, cominciò ad arrangiare un’aria vivace che accompagnava cantando con allegra stonatura, con atteggiamenti e gesti ridicoli, che mi fecero ridere nonostante gli ululati del cane.
“Guardate qui, mia signora,” disse, mostrandola e rivolgendosi a me, “Tra le altre arti meno utili, pratico l’arte del dentista. Peste colga quel cane!” interpolò. “Silenzio, bestia! Ulula a tal punto che sua signoria può appena sentire una parola. La vostra nobile amica, la giovane dama alla vostra destra, ha denti davvero aguzzi lunghi, sottili, a punta, come punteruoli, come aghi; ha, ha! Con la mia vista lunga ed acuta, guardando verso l’alto, li ho visti bene; ora se dolgono alla giovane dama, come credo facciano, eccomi qui, ecco la mia lima, il mio trapano, le mie pinze; li renderò tondi e smussi, se piace a sua signoria; non più denti da pesce, ma quelli di una splendida fanciulla quale è. Ehi? La damigella è dispiaciuta? Sono stato troppo ardito? L’ho forse offesa?
COMMENTATORE
In “Carmilla” ci sono già i topos della letteratura di genere. Per esempio l’atmosfera misteriosa e decadente, ravvisata anche nel paesaggio e nella natura: “La luna, quando splende così intensamente, ha una straordinaria influenza sullo spirito.” E’ presente anche la dimensione di un eros nel quale si scontrano romanticismo e ferocia: “Ci siamo incontrate nel sogno, tanti anni fa, e ora ci ritroviamo, l’una di fronte all’altra, con il ricordo indelebile di ciò che accadde”. Non può mancare la rappresentazione della natura della creatura maledetta, che si dibatte in una condizione di morte strutturale: “… malgrado quella spossatezza che caratterizzava i suoi movimenti …”, imprigionata nel freddo interiore prima che in quello corporeo: “Alle mie pressanti richieste lei sorrideva debolmente, con una sorta di gelida malinconia che non appartiene alle ragazze della nostra età.” E’ marcato il determinismo di una legge alla quale non ci si può contrapporre: “Vi sono delle leggi che non possono essere violate, e io ne sono schiava.” Sono motivi che si ritroveranno in tutta la letteratura successiva.
PRIMA NARRATRICE
Quando vengono riportati al castello alcuni ritratti restaurati che raffigurano antenati della famiglia, Laura viene colpita dal ritratto di una sua ava: Mircalla, Contessa di Karnstein. Il ritratto, datato 1698, è la copia identica di Carmilla, compreso il neo che la ragazza ha sul collo. Durante il soggiorno di Carmilla al castello, Laura ha frequenti incubi durante i quali una bestia simile a un gatto diabolico entra nella sua stanza e la morde al collo. La bestia prende poi la forma di una figura femminile, e scompare attraverso la porta senza aprirla. La salute di Laura comincia a peggiorare, e il padre chiama un dottore perché la visiti. Il dottore parla poi in privato con il padre, ma si raccomanda solo di non lasciare mai la ragazza incustodita.
STACCO MUSICALE
NARRATRICE
Il padre si mette in viaggio con Laura per il villaggio diroccato di Karnstein. Siccome Carmilla dorme tutti i giorni fino a tardi, le lasciano un messaggio perché li segua con una governante appena si sveglia. Durante il viaggio, Laura e suo padre incontrano il Generale Spielsdorf che finalmente può raccontare la sua terribile storia. Spielsdorf e sua nipote avevano incontrato una giovane donna di nome Millarca e la sua misteriosa madre a un ballo in costume. La nipote del Generale aveva fatto subito amicizia con Millarca. La madre convinse il Generale che era una sua amica di vecchia data, e lo pregò di dare a Millarca il permesso di stare con loro per tre settimane, mentre lei doveva svolgere una faccenda segreta di grande importanza. La nipote del generale si ammalò improvvisamente, mostrando gli stessi sintomi di Laura. Dopo aver consultato un prete-medico che egli aveva richiesto in maniera speciale, il Generale giunse alla conclusione che la nipote era stata visitata da un vampiro. Si nascose in un cantuccio della camera della nipote con una spada e aspettò, finché vide una creatura simile a un gatto diabolico saltare nel letto della nipote e morderla al collo. Quindi uscì dal suo nascondiglio e aggredì la bestia, che prese la forma di Millarca. Ella scappò attraversando la porta chiusa. La nipote del Generale morì poco più tardi.
STACCO MUSICALE
“Death Valzer”
NARRATRICE
Arrivati a Karmstein, il Generale chiede a un taglialegna dove si trova la tomba di Mircalla Karmstein. Il taglialegna risponde che la tomba è stata spostata in tempi molto lontani, dall’eroe che aveva eliminato i vampiri che infestavano la regione. Mentre il Generale e Laura rimangono soli nella cappella in rovina, compare Carmilla. Il Generale la riconosce e viene preso dalla furia, aggredendola con una scure, ma Carmilla riesce a dileguarsi. Il Generale spiega a Laura che Carmilla non è altri che Millarca: sono entrambi anagrammi del nome originale della Contessa vampira Mircalla Karnstein. I protagonisti incontrano il Barone Vordenburg, discendente dell’eroe che aveva liberato la regione dai vampiri. Il barone Vordenburg infine svela gli arcani di questo caso a partire dal nome della vampira: Carmilla e Millarca sono semplicemente anagrammi del nome della contessa Mircalla. Duecento anni prima un suo antenato della Moravia arrivò in quella zona della Stiria dove conobbe e s’innamorò della giovane Contessa Mircalla, ma la cagionevole fanciulla morì presto. Il barone aggiunge anche che i vampiri originali prendono vita quando giovani persone muoiono in situazioni drammatiche attaccandosi al mondo terreno e questo temeva fosse il caso di Mircalla. Il suo antenato conosceva bene come venivano uccisi i vampiri e per evitare che la sua amata subisse lo stesso trattamento ne nascose la tomba. Soltanto nella vecchiaia ripensò a ciò che aveva fatto e così scrisse un resoconto sul caso di Mircalla e su come ritrovare la sua tomba. Così dopo duecento anni, in cui Mircalla, Millarca o Carmilla aveva seminato morte per restare eternamente giovane, il demonio viene ucciso. Laura tuttavia non riuscirà mai a dimenticare la cara amica Vordenburg è un esperto di vampiri e ha scoperto che il suo antenato aveva una relazione amorosa con la Contessa Karnstein prima che lei morisse e diventasse un vampiro. Usando i diari del suo antenato, Vordenburg riesce a localizzare la tomba nascosta di Carmilla. Viene quindi convocata una Commissione Imperiale che riesuma il corpo della vampira e lo brucia a nome della regnante Casa di Asburgo, sovrana della Stiria.
COMMENTATORE
Sono quattro i testi seminali dell’immaginario vampesco: The Vampyre (1819) di John William Polidori, Varney the Vampyre (1847) di Thomas Preskett Prest e James Malcolm Rymer, Carmilla (1871-72) di Joseph Sheridan Le Fanu, Dracula (1897) di Bram Stoker. Pubblicati a distanza di circa un ventennio l’uno dall’altro, percorrono tutto l’Ottocento e ‘fondano’ l’immaginario vampesco che oggi conosciamo. Il vampiro letterario ha origine nel giugno del 1816, in Svizzera nella Villa Diodati dove Lord Byron ospita i suoi amici per un week end di creazioni di incubi e terrori fino ad allora senza nome. Con Lord Byron il suo medico Polidori, il poeta Percy Shelley e sua moglie Mary: nomi eccellenti del movimento romantico destinati ad entrare, loro malgrado, nell’immaginario collettivo del fantastico e dell’horror dell’evo contemporaneo. Delle loro creazioni di quella notte due in particolare erano destinate a confrontarsi in una sorta di epico destino di prima grandezza: la “creatura” di Frankenstein – il “Prometeo moderno” che anticipa robot e cyborg, scritto da Mary Shelley e l’altra grande figura del Vampiro di Polidori che nel corso del XIX secolo prolifererà fecondamente grazie ad una serie di opere – dal “Varney” di Rymer, al poema di Kipling, dal Carmilla del 1870 di Le Fanu, al Dracula del 1897 di Stoker.
Quello di Carmilla, però, è l’unico nome femminile del quartetto, un nome ancora oggi evocatore immediato di donna succhiasangue e non-morta. Noi ci fermiamo qui, lasciando all’immaginazione e all’intelligenza del lettore supporre quasi ne costituiscono i temi fondativi. Vorremmo solo far notare quanto sia importante il tema dell’eros e del sogno nel racconto di Carmilla. Ecco, l’abbiamo detto. Ma questa è un’altra storia.
CONCLUSIONE MUSICALE
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Antonio De Lisa
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Categorie:B30- [TEATRO DIDATTICO], B30.01- Death Valzer
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