Antonio De Lisa – Io, Edvard Munch
Personaggi
Narratore
Edvard Munch
La madre
La sorella
ATTO PRIMO
Scena prima
Munch- (Voce fuori campo) Una sera passeggiavo per un sentiero,
da una parte stava la città e sotto di me il fiordo.
Ero stanco e malato.
Mi fermai e guardai al di là del fiordo
– il sole stava tramontando –
le nuvole erano tinte di un rosso sangue.
Sentii un urlo attraversare la natura:
mi sembrò quasi di udirlo.
Dipinsi questo quadro,
dipinsi le nuvole come sangue vero.
I colori stavano urlando.
NARRATORE
Quando sei su nel paese delle ombre
la sera ce l’hai già dentro e ti avvolge
con lievi fruscii e silenzi dorati:
il sontuoso preludio della notte
è avvolto in una nuvola di echi
come uno sciame che vibra ai tuoi passi
e scuote lo sciame dei tuoi pensieri
dalla loro distratta fissità
sconvolgendone e mischiando le orme.
E’ la metamorfosi delle ombre.
Solo gli oggetti sono nitidi e vividi
ai riflessi di luci trasognate
nella dolce tragedia di nottate
abbandonate dal sonno.
VOCE DI GESUALDO
L’inizio è duro, quando sembra
che tu solo stia a vegliare
in un mondo appagato
che se di uno sguardo ti ha degnato
lo ha fatto per cortese abitudine
prima di volgersi da un altro lato.
Senti il duro peso dell’ingiustizia
come un’offesa inferta ai tuoi desideri
ma è quando anch’essi ti abbandonano
che lentamente la notte si svela
– notte che non è il rovescio del giorno
ma la netta antitesi, la negazione.
Spazio lascivamente improduttivo
in cui danzano fantasmi dimenticati
lontane erranze
brandelli di addii.
NARRATORE
Sussurri disordinatamente
infittiscono di vuote presenze
il paesaggio della mente.
E’ il canto delle ombre.
VOCE DI GESUALDO
Mi godo la sospensione
di un’ora senza minuti
nel non-tempo
di un mondo parallelo.
Un’apnea dei pensieri
dove non fa freddo né caldo
dove non si è tristi
né allegri.
E latita la dannazione
dei desideri.
VOCE DI GESUALDO
I colori hanno un’apparenza
svagata e insincera
nella zona di confine
tra il giorno e la sera
e i suoni tendono al grave
ma senza intenzione
per forza naturale.
E’ la lenta scansione
dello zero-time.
La quiete dell’equilibrio
il circuito chiuso dell’oblio
il campo delimitato dell’addio.
NARRATORE
Nel deserto di ghiaccio
scricchiolano lusinghe
e gemiti; cristalline
escrescenze lunari
si affilano nelle carni
appuntite e sonore ma calme.
L’impassibile notte
cela lo sguardo, ferma
i gelidi passi
nello stupore incantato
che muta con lo sguardo.
Il cielo non dà segnali.
VOCE DI GESUALDO
Allor che ne’ miei spirti intepidissi
Quel ch’accendete voi soave foco,
Pigro divenni augel di valle e roco
E vile e grave a me medesmo io vissi:
Nulla poscia d’amor cantai né scrissi,
E s’alcun detto i’ ne formai da gioco
N’ebbi scorno tal volta, e basso e fioco
Garrir non chiaro e nobil carme udissi.
Come cetra son io discorde, o come
Lira cui dotta mano o rozza or tocchi
E dia noia o diletto in vario suono;
E dolce il canto è sol nel vostro nome,
E poetando sol di sí begli occhi
Mi detta Amor quanto io di lui ragiono.
FINE
Antonio De Lisa
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