Matera è una città splendida, ma, non si sa perché, sembra di andare in un’altra regione. Fuori dai confini. Cosa per me non disprezzabile. Il paesaggio è completamente diverso da quello di Potenza. Il clima, la gente, il dialetto. Secondo me è stata un po’ esagerata questa differenza eppure è innegabile. Le due province non hanno mai avuto una storia unitaria. Potenza ha sempre risentito l’influsso della Campania, Matera quello della Puglia (senza contare il sud lucano, che sembra più calabrese che lucano). A me queste differenze piacciono. Sono anti-identitarie. L’unica identità che conta da queste parti è quella del campanile ed è molto fastidiosa. Fai pochi chilometri e viaggi nel tempo, ciscuno nelle proprie riserve. E tutti odiano Potenza…
Quella che attraverso non è una regione, né un’espressione geografia. E’ solo un nome in una certa pagina della Costituzione, chiamato Basilicata o Lucania. Giù avere due nomi per una delle regioni più piccole d’Italia è un controsenso, ma ci teniamo i due nomi, facendone sfoggio. La Basilicata (o Lucania) se provi a pronunciarla altrove non la conosce nessuno. Ma non la chiamano “Africa” perché “non è sul mare” (e anche in questo sbagliano). Qualcuno la chiama “Lucania Saudita” per via del petrolio, ma se chiedi del petrolio a un lucano sembra che non ne abbia mai sentito parlare. Non giova. Distrugge solo le piante di ulivo… però è bella, questa Basilicata (o Lucania), non te ne penti quando vai in giro… facesse un po’ meno caldo, sarebbe tutto perfetto…
Insediamento della Commissione d’esame. Liceo Scientifico di Matera. Tutto molto tranquillo. Ne approfitto per chiedere ai colleghi lumi sui loro paesi di provenienza: com’è Policoro? E’ bello il mare a Policoro? Si mangia bene a Ferrandina? (Ho scoperto che fanno dei dolci buonissimi che si chiamano “Sospiri”). La presidente è very professional. Meglio. Si evitano rogne. Tutto ok. Tutto fila…
Mi vuole conoscere la collega interna di Filosofia. E’ simpatica. Dice: “E’ da una settimana che i miei studenti ti stanno facendo il taglia e cuci su Internet. Volevano sapere qualcosa di te”. Rido. E penso ai miei che avranno fatto la stessa cosa con i membri esterni nel mio Liceo. Chissà che avranno trovato su Internet. Probabilmente montagne di materiali. Sono anche un blogger. Ma sicuramente la cosa che cercavano era solo una: è uno severo oppure no? Rompe, o si può ragionare? Chiacchiero con la collega, vedo i voti della classe, spulcio il fatidico “Documento del 15 maggio”. Very professional. Niente al caso. Poi si può anche ragionare…
Vorrei sapere dai colleghi interni come i ragazzi hanno organizzato i percorsi d’esame. Dicono qualche titolo, storcono qualche bocca. Poi una collega dice: “Pensa che ho dovuto dissuadere un ragazzo a portare un percorso assurdo”. Assurdo? Quando un collega o una collega dice che qualche ragazzo pensa qualcosa di assurdo drizzo le orecchie. Più volte mi è capitato di scoprire dei veri capolavori. Ma sono “assurdi”, roba che non si fa a scuola. Chiedo qualcosa in più alla collega. Risponde: “Pensa che un ragazzo voleva portare questo percorso: ‘Requiem per la scuola che muore'”. Incredibile. Faccio finta di niente per non esternare il mio entusiasmo. “La scuola che muore”. E poi dico: sì, assurdo…
Le carte sono a posto. I colleghi tranquilli. Nessun giustiziere in vista, del tipo di quelli che non fanno un cavolo nelle loro classi e poi si trasformano in Terminator quando vanno a esaminare le classi altrui. I giustizieri andrebbero giustiziati con inalazioni progressive di antipsicotici in dosi massicce. E’ un grande Liceo, come quello dal quale provengo. Questo Liceo di Matera e il mio (il Galilei di Potenza) probabilmente sono i più grandi Licei scientifici della regione. Meno pressioni “alla paesana”, almeno speriamo, quando bisogna assolutamente dare il 100 e Lode alla figlia del farmacista per farla andare alla Bocconi. E’ già complicato avere un rapporto ragionevole con gli studenti; se si mettono in mezzo i genitori diventa tutto un disastro. Ciascuno faccia quello che può. Il nostro non è un verdetto, è una valutazione. Tutto qui. Una valutazione di merito…
Finalmente posso farmi un giro per Matera. Non è certo la prima volta, ma la trovo sempre bella. Anzi, migliorata. Quando cominciano gli orali mi fermerò per tre o quattro giorni. Ne vale la pena. E poi le attività culturali: statera danno una “Medea” nel Sasso caveoso. Suggestivo, no? Peccato che avevo da fare a Pz, se no l’andavo a vedere. Do un’occhiata ai giornali per le notizie sulla Turchia e poi mi lascio andare… mi lascio andare…
Appassionante discussione sulle rocce nella riunione pre-esame. E’ destino, ogni volta che ho a che fare con un/una prof di scienze è sempre la stessa storia, ampi dibattiti sul tema: in che cosa consiste la Geografia astronomica? Questa volta mi è capitata una persona che addirittura contesta la denominazione della materia, secondo lui errata. Come spiegargli che non è astronomia, ma geografia terrestre in ambito cosmico? Ma vedi un po’ se un Esaminatore di Storia e Filosofia si deve mettere a disquisire sulla Geografia astronomica! Secondo punto all’ordine del giorno: le rocce. Qui la discussione tocca vertici insuperabili, sul tema: brevi cenni sull’universo. Bisogna chiederle o no le rocce? A parte il fatto che non si spiegherebbe altrimenti la denominazione se non si studiassero un po’ di sassolini, è vero anche che l’argomento andrebbe inserito nel contesto della vulcanologia e dei terremoti (lucrazianamente affascinanti). Ma è ora di distogliere l’attenzione dall’affascinante argomento e leggere le notizie sul Brasile…
Mi è capitato di incontrare dei/delle docenti straordinari di Italiano, con cui parlare di poesia e letteratura per ore. Ma poi ci sono anche le suore e i frati laici. Non me ne vogliano i summenzionati, in fondo mi sono simpatici, ma osservare come viene resecata dai programmi la poesia del Novecento e in genere la questione del rapporto tra linguaggio e realtà è una cosa che riesco difficlmente a sopportare. Ma non crediate: faccio finta di niente. Mi dà più gusto discutere con i/le prof di Scienze. Chi sono le suore e i frati laici? Avete presente degli individui o delle signore con gli occhiali con la montatura di tartaruga, dall’aspetto irreprensibile, che sono andati dal parrucchiere il giorno prima e indossano una gonna sotto il ginocchio? Ecco, questi sono i nostri tipi? Parlano di letteratura come se stessero leggendo la ricetta dei medicinali; oscillano da una biografia d’autore ai limiti del pettegolezzo (esempio: le amanti del Foscolo) e una cosiddetta “analisi del testo” praticata più o meno come si disseziona un pesce. Fortuna che non ce ne sono questa volta in Commissione, ma ho sentito di altre commissioni sul mio pianerottolo in cui abbondano…
Il tempo di andare a prendere un caffé e dare una sbirciatina a Matera ed è il momento di incontrare il Monoblocco. Il Monoblocco è la prof di Matematica e Fisica. Quello che dice lei (o lui) è legge. Pensa che un Liceo Scientifico è suo esclusivo dominio di caccia. Il collo teso con le vene pulsanti, stabilisce la cronologia degli interventi all’orale. Lei (o lui) in genere ritiene che tutti gli altri non capiscano niente di matematica (della fisica in genere a costoro non frega un tubo, come se fosse un’appendice della matematica) e spesso hanno ragione, ma la loro dimensione matematica spazia dagli integrali alle derivate. Nient’altro. Tutto qui. Insistono sulla geometria perché all’esame allo scritto di matematica bisogna discutere un cosiddetto “problema geometrico”. Ma se fosse per loro riempirebbero tutto l’esame di integrali, derivate e funzioni. E’ il santuario dei manuali e della manualistica. Amen.
Ora che la Commissione ha fatto conoscenza (in fondo, tutte bravissime persone, con cui si può lavorare bene, a meno che qualcuno non tenti di rubarmi spazio di storia e filosofia, presidente compresa!) possiamo parlare di noi. E partono gli attacchi alla città da cui provengo: Potenza. Tutta la Basilicata (o Lucania) si coalizza contro Potenza. Tutti contro. Ma io me la rido, sono contro anch’io. Cioé, voglio dire, riconosco i difetti e poi a me il campanilisno non piace. Mi interessa sapere di più perché sono contro. Io, al contrario, farò una puntatina ai posti da cui provengono loro, di cui parlano benissimo. Andrò un po’ in giro. In questo modo ho potuto conoscere a fondo la Basilicata (o Lucania) che, credetemi, non è niente male…
All’uscita dalla Commissione mi intrattengo un attimo con la Presidente, spiegandole che dovrei partire appena finito l’esame. Le chiedo quando pensa che finiremo. Comincia a snocciolare una serie di date. Chiedo: ce la faccio a partire per l’8 luglio? Non so, bisogna vedere, i regolamenti… Presidente – dico- devo andare in Norvegia, al Capo Nord, mica a Ferrandina Scalo! Lo so, ho capito, ma dobbiamo vedere… Ho inteso, devo cambiare data di partenza…
In genere mi capita così. La notte prima degli esami. Di pensare a tutti coloro ai quali ho fatto l’esame. E sono tanti. Per parlare solo della Basilicata (o Lucania) – trascurando le trasferte fuori regione- ho attraversato in lungo e in largo un territorio che ha del metafisico: la Basilicata (o Lucania). In genere rimango in contatto con gli studenti di un tempo. Pensando a loro, quelli di Rotonda, Acerenza, Lavello, Potenza, ora Matera, sono ottimista per il loro futuro. Ma certo è che l’esame di fine Liceo è qualcosa più di un esame, è il momento dell’addio all’adolescenza, il tempo della transizione, prima degli adii… Quelli, i miei ex studenti, li ho visti e conosciuti proprio nel momento del salto, e spero di essere stato degno…
Prima le notizie: Smentendo tutti i pronostici della vigilia nella prova di Italiano come autore per l’analisi del testo è stato proposto un brano di Claudio Magris (da “L’infinito viaggiare”), saggista vivente, studioso della cultura mitteleuropea e della letteratura del mito asburgico. Tra le altre tracce proposte ai candidati gli omicidi politici facendo riferimento ad alcuni tra gli eventi più rilevanti del ‘900: dall’omicidio del duca Ferdinando nel 1914 a Sarajevo a quello di Giacomo Matteotti nel 1924, alla morte di J.F. Kennedy a Dallas nel ’63 fino al rapimento ed esecuzione di Aldo Moro nel ’78. E ancora la relazione individuo-società di massa attraverso testi di autori tra i quali Pasolini, Montale, Canetti, i Paesi emergenti (per il tema storico), Stato, mercato e democrazia (tema socio-economico) corredato da testi di vari autori tra i quali Krugman e Zingales. “La ricerca deve scommettere sul cervello” il tema scientifico. Finalmente una prova di italiano degna, a mio avviso…
Schizofrenia galoppante degli Esaminatori. Nella mia commissione tutti contenti. Evidentemente la Prof di Italiano ha fatto un ottimo lavoro. Nelle altre commissioni facce storte e alti lai: le tracce proposte “Non si inquadrano nella normale programmazione ministeriale” il commento di una dolorante Prof (?) di Italiano. Fortuna che non sono capitato in quella commissione. Che signifiica “normale programmazione ministeriale”? Ricordo ai/alle colleghe che l’esercizio su temi di attualità e la lettura dei giornali fanno parte del compito di un buon insegnante di Italiano. Stimolare la curiosità degli studenti è parte integrante del programma, guidarli nell’analisi di qualsiasi testo è parte integrante del lavoro. Il guaio è che molti sono troppo schiacciati sul manuale e sulla solita solfa…
Dopo un anno pesantissimo di lotte contro le 24 ore, finalmente un raggio di luce: intanto le tracce di Italiano. La buona accoglienza che ho costatato tra i miei “nuovi” studenti (la classe cui sono assegnato, nel Liceo Scientifico di Matera, la considero già un po’ “mia”) fa ben sperare. Quando poi ho visto i “Percorsi” che quegli studenti hanno presentato per l’orale per poco non facevo un salto di gioia. Nessun tema banale, fervida immaginazione, temi tutti interessantissimi. “Li ho lasciati liberi di pensare”, il commento della mia collega (interna) di Italiano. Grande! Stupendo! Lasciati liberi di pensare…! Che meraviglia! Certo, adesso bisogna vedere come se la cavano, ma ho l’animo più lieto (dopo le furibonde polemiche interne, su queste e altre questioni, che mi sono lasciato alle spalle nel “mio” Liceo – quello di provenienza)…
La depressione strisciante che caratterizza i docenti in questa fase storica della scuola italiana in fondo è nulla davanti a una faccia intelligente e accogliente di uno studente o di una studentessa. Sei talmente stordito che quasi non ci credi. hai ancora la mascella contratta per tutte le cose che vanno storte. Poi vedi quelle facce, senti i loro commenti, ti curi delle loro aspettative, soprattutto quando sono ricettivi e fiduciosi. Non ti vedono come un “giudice”, ti vedono come un onesto professionista che tenta di allargare (qualche volta a gomitate) gli spazi del pensiero e della riflessiione. E allora per una volta puoi fare anche un sorriso…
La Basentana è una scheggia eradicata dal tronco della Salerno-Reggio Calabria. Lì il traffico turbinoso, qui il silenzio assolato e assoluto del nulla. La pendenza si eleva talmente che anche le grosse cilindrate arrancano. Si sale. verso non si sa dove e qualche volta nemmeno il perché. Come in una vena di riserva indiana inviolata dall’urgenza del tempo. Si scavalca l’Appennino di quiete cime e mormoranti vallate, dove i pensieri sfioriscono e cresce l’atavica pazienza di chi sa di leggende ma non di storia. Anche se la storia c’è. Ma forse è una brutta storia…
Basentana è nome di strada che deriva da un fiume, il Basento. In Basilicata (o Lucania) tutte le strade a scorrimento veloce prendono il nome da fiumi: Bradanica (Bradano), Sinnica (Sinni). I fiumi la Basilicata (o Lucania) ce li ha anche sulla bandiera, dipinti a strisce ondulate. Ma sono fiumi senza essere fiumi, tranne quando si scioglie la neve delle cime, tranne quando la pioggia sconvolge la terra allagando ettati ed ettari di coltivazioni, specie verso Est, verso la pianura di Metaponto. Allora fiumi di vallata invadono tutti gli spazi disponibili ai traffici e si salvano i paesini arroccati sulle montagne, quando non vengono trascinati giù dalle frane…
Per andare da Potenza a Matera si scorre, appunto, lungo la Basentana. Qualche volta accidentata; con limiti di velocità da sentiero di campagna. Superata Potenza, nonostante le ferite dei lavori in corso, la strada serpeggia in discesca. Ed è lì che compaiono, disegnate da un pittore minore del Rinascimeto, le frastagliate vette delle Dolomiti lucane. Contornano il cielo in un affresco. Rivaleggiano con le nuvole. Quando c’è nebbia e il cielo si oscura non si riesce nemmeno a distinguerle dalle nuvole. Se – d’inverno- ti becca la prima nevicata su quel tratto sei perduto. Ma ora nel caldo liquido che confonde i contorni ne avverti l’incombenza ombrosa. Evai, giù per la Basentana, cercando di sfociare senza danni nella piana del Basento più a valle. Senza guard rail ogni sorpasso è una roulette russa con la morte…
I calanchi di Tursi, in provincia di Matera
“Che cos’è la bellezza! Ora saprei rispondere”, mi disse una volta un amico tedesco che portavo a zonzo per le valli. Eravamo esattamente qui, dove mi trovo adesso, al cospetto dei calanchi materani. Un paesaggio che ricorda le valli del Giordano o i deserti di Israele. Forse un tempo sono stati anche terre di profezia. Ma De Martino ci ha assicurato che quella che in Medio Oriente si chiama profezia, qui si chiama magia. E’ una magia gentile, taumaturgica, guarisce, non offre la morte. Cerca la vita dove la vita è da secoli difficile è stentata. Ma per trovare magia devi salire verso l’interno. Sulla Basentana ora non c’è magia, solo traffico di prostiture rumene o ucraine, che sbarcano sulla costa di Levante e introdotte di notte – sotto gli occhi dei carabinieri di Tricarico (sia pur attivissimi) verso i mercati della Baia Domizia, nel Casertano e nel Napoletano… Il traffico è rado sulla Basentana, ma ha gradi di nobiltà internazionali: droga, armi, esseri umani…
Di una cosa è fornita la mia macchina durante i miei spostamenti in Basilicata (o Lucania): una ricca collezione di CD. Come una discoteca ambulante di un Esaminatore professionista. Una volta portavo anche una tromba e un sassofono. Ora non più, ma dovrei riprovarci. E allora vado a cascata. Il sistema audio della Citroen è degno di questo nome, bisogna solo regolare un po’ i bassi. Il paesaggio mi scorre intorno come un film, con la colonna sonora di Lucio Battisti. Fa sempre più caldo. Sulla strada le chiazze di miraggi incompiuti fanno intravedere orizzonti che si schiudono. Mi viene la tentazione di allungare verso Metaponto, verso il mare. Ma non posso. Uno di questi giorni…
Matera si erge come un’apparizione. Il paesaggio pietroso della pre Murgia racconta di secoli di migrazioni e ritrovi, fuochi e bivacchi. Ora Matera, che per secoli ha rappresentato la vergogna della Basilicata (o Lucania) con le sue grotte abitate da esseri umani e animali in teporosa promiscuità e ora giustamente ne è il simbolo, disegna da lontano un presagio di memorie. Faccio andare la musica in macchina, rallentando un pochino. Mi voglio godere l’ora, il momento, la luce, il passato, il presente di questo luogo che si chiama Baslicata (o Lucania)…
Invece di girare a destra, giro a sinistra, verso il quartiere La Martella. Ricordo il dibattito sullo svuotamento e la ristrutturazione dei sassi, i progetti utopistici di Olivetti e Quaroni. il progetto del nuovo quartiere doveva essere il simbolo del riscatto di questa parte di Sud. E un po’ lo è stato. Ma mi trovo di fronte un quartiere medio borghese di villette a schiera. Hanno piantato molti alberi per fare ombra, altrimenti si impazzirebbe di caldo. La Martella – insieme alla bonifica del Metapontino- doveva rappresentare il nuovo volto della Basilicata (o Lucania) orientale, che entrava nel boom economico italiano a testa alta, lasciandosi dietro malattie, miserie e malaria. In parte il progetto è riuscito. Poi attraverso la zona Peep, ma molti capannoni sono abbandonati. Il polo del mobile sente i morsi della crisi, come la sente la desertificazione a valle, quella del polo petrolchimico. Una regione che sta rimanendo senza industrie e con l’agricoltura in crisi e col turismo che decolla a metà e con uno spopolamento progressivo…
I gruppi motociclistici che si muovono in gruppo sulle strade del Sud chiamano la Basilicata (o Lucania) la “Terra di mezzo”. Questa espressione mi ricorda – non so perché- la “Terra promessa”. Non a caso Pasolini vi ha girato il “Vangelo secondo Matteo” e Gisbson “Passion”. Terra di mezzo a cosa? Levante e Ponente, Puglia e Campania? E com’è fatta una Terra di mezzo? Forse dalla Terra di mezzo, dopo esserci nati, si scappa. I Lucani nel mondo sono più di quelli residenti. Una cosa incredibile. Ma se per i calabresi mi sembra di aver notato che il nucleo identitario è la famiglia, qui è la “terra”. Leggete Pierro o Sinisgalli. Dopo anni di fuoruscitismo parlavano ancora di vicoli e di penombre. La terra…
Il tufo materano parla con le immagini. Se si prova a cenare in un ristorante che dà sui sassi, mandando giù un vino rosso come l’inchiostro, piluccando pane di grano appena cotto, in certi momenti tutto s’accorda…
Oggi sono andato a Matera in moto. Quando sono partito da Potenza non si avvertiva ancora il caldo allucinante che avrei incontrato di lì a poco. La Basentana è ingannevole per le moto, per via del manto stradale. Non è raro imbattersi in qualche buca – che vedi all’ultimo momento- che fa sobbalzare la moto e relative parti intime del guidatore. Se te ne accorgi, fai in tempo ad alzarti leggermente sul sellino come se stessi a cavallo; se non la vedi sono dolori…
La volontà di non gareggiare con gli autisti di TIR è dettata da atavico buonsenso, primordiale istinto di sopravvivenza. Quei galantuomini tagliano tutte le curve, pensando di non essere seguiti da nessuno. E le curve medesime sono a sbalzo. Non dirigono la parabola, ne invertono la prospettiva. Se non stai attento voli nel Basento sottostante, che se ne sta tranquillo e placido fra le fronde come un bimbetto intento ai suoi giochi solitari. Una particolarità della Basentana è che a ogni uscita sono cancellate con una striscia rossa tutti inomi delle direzioni, evidentemente le strade non sono più percorribili. O c’è qualche brigante in agguato. Ma propendo per la prima ipotesi…
Ogni tanto mi fermo, per togliermi il giubbotto inzuppato di sudore e il casco bollente. Sotto Brindisi di Montagna scorgo una piazzola e parcheggio. Mi assale subito una fragorosa sinfonia di cicale. Sembra di sentire un pezzo di Xenakis per strumenti ad arco. Faccio due passi per sgranchirmi, accanto all’immondizia dello spiazzo: copertoni bruciati, giornali pornografici, lattine di Coca cola e di Red bull, preservativi usati. Evidentemente il traffico notturno da quelle parti è notevolissimo: saranno i ragazzi dei paesi che scendono a valle ad amoreggiare nei pressi delle piazzole. Ma non sarebbe meglio andare nei boschi? Poi penso che forse di notte non è molto igienico, per vari e innominabili motivi…
Un’altra cosa che mi ricordo per racconti studenteschi è che di notte la Basentana si trasforma in un circuito di corse clandestine a fari spenti. Auto e moto. Di tutto. Evidentemente chi partecipa a queste corse conosce la strada millimetro per millimetro. In caso contrario sei morto prima ancora di partire. E le scommesse sono a soldoni. Come il giro di poker in alcuni ritrovi dei paraggi. Al poker partecipano anche attempati possidenti che qualche volta riescono a perdere – così si dice- in un colpo solo il camioncino, la casa e la moglie. Mi chiedo in che cosa possa consistere “perdere” la moglie. Immagino trafelati scambi notturni, orge clandestine, voluttuose trasferte a lume di candela…
Mi rimetto in sella e proseguo verso Matera. Mi attende un’altra riunione inutile e prolissa in preparazione per la famigerata Terza prova dell’Esame di stato. Queste riunioni sono come le esercitazioni per i soldati. Faticose e senza costrutto. Manca lo squillo di tromba della battaglia, il grido di guerra, l’assalto alla baionetta. Tutte cose che solo un confronto vivo con gli studenti può offrire. L’esame come una guerra? No, non esageriamo. Ma la scuola senza studenti è come un circo senza leoni. Resta solo l’acidità di presidi e collaboratori…
Il fondovalle della Basentana al sole ha un che di sorridente, ilare, giulivo. E’ tutto giallo e sembra esserne contento. L’acqua del Basento un rigagnolo. Da lontano i calanchi sonnecchiano nell’incanto. E’ cessato anche quel bel venticello che si sentiva sotto le Dolomiti lucane. Lì c’è sempre vento. Sempre. Qui, mai. non un refolo, non uno spiffero. Anche l’aria mossa dal puro movimento fisico della Kawasaki è indolente e vaporosa. Non si muove niente. A tratti mi chiedo se effettivamente anche io mia stia realmente muovendo…
Ci metto poco a sbrigare la riunione preliminare per la preparazione alla Terza prova all’Esame di stato. Fuori ll glorioso Liceo Dante Alighieri di Matera frotte di studenti e studentesse che, come uccellini affamati, svolazzano intorno ai quadri affissi fuori per vedere i voti. Gruppi che si formano e si sciolgono. le studentesse sono tutte rigorosamente in shorts cortissimi, i ragazzi esibiscono barbe di primo pelo, capelli lunghi, vociare terribilmente blasée: fanno finta di niente ma poco qualcuno di loro ha temuto di portarsi una tripletta di materie a settembre. Fortuna (per loro) che non è così. L’umanità di fine anno scolastico. Archiviato un altro anno (per loro è niente; per noi una specie di ossessione: ma come è veloce il tempo!), molti si preparano alle agognate vacanze. Sento anche qualche destinazione: Ibiza, Corfù, Barcellona. Luoghi da sballo. Beati loro! A noi è preclusa anche la capacità di respirare, altro che sballo!…
Ancora fuori il Liceo Scientifico di Matera. Gironzolo ancora un po’ prima di inforcare la moto parcheggiata nel cortile, fatta oggetto di sguardi ammiratissimi dalla giovane umanità che si aggira da quelle parti. Si avvicina una studentessa accompagnata da una sua amica. Le studentesse vanno sempre a coppia. Un modo per celare la rimidezza, il retaggio di secoli di riservatezza. La ragazza mi si rivolge: “Prof, lei è il membro esterno di Filosofia della sezione *?”. Sì, è così”. “Mi raccomando Prof, non faccia domande difficili”. “Ma siete tutti bravissimi, cosa temete?”. “Eh, prof, troppo buono”. Il sorriso non è sfacciato. Pulito, su una faccia pulita. Se solo pootessimo dare a questio giovani quello di cui siamo capaci, sarebbe un’altra scuola, un’altra Italia! Ma siamo come in prigione. Prigione burocratica e di severità rognose e per lo più inutili. Se solo potessimo respirare insieme almeno qualche volta. Non c’è solo la carriera nella vita (anche quella, certo!), c’è il piacere della scoperta, dell’avventura intellettuale… Mi avvio. Un barbutissimo e altissimo ragazzo sta infilando nello stereo della sua Micra un pezzo da sballo (anche se di qualche anno fa). Si chiama “Infinity”. Si possono fare tante cose in una discoteca al ritmo di quel pezzo… Infinity…
Inforco la Kawasaki – bianca, splendente come una colomba- e vado. Gli uccellini si dispongono su due ali, fanno strada. Cerco di andare pianissimo, di non sgommare, di non perdere l’aura del Prof (quella cui aspirano molti), metto la freccia, giro a destra. Sul cartello c’è scritto “Metaponto”. Questo significa: “Mare”. Mare, aspettami. E lontano dagli occhi che mi seguono con lo sguardo, finalmente mi concedo una gasata a tutto cilindri. Mare, mare…
La colonnina delle temperature segna: 38. Bene. O forse non tanto bene, non so. Ma a me piace il caldo, ho preso da mia madre che a quasi 80 anni va ancora a mare da sola a fare il bagno. Bene. Ora è il momento di saggiare le potenzialità intrinseche di una Kawasaki 650 ultimo modello. Sul tachimetro al posto del numero della velocità che indica il limite superiore c’è scritto: “‘?”. Che avrammo voluto dire con quel punto interrogativo? Forse non è il caso di scoprirlo sulla tratta Matera-Basentana, che è come una coperta tutta rattoppata. Ma sulla Basentana qualcosa si può annusare. Il tratto è migliore. I cartelli segnaletici di Metaponto si fanno sempre più ravvicinati. Sento già l’odore del mare…
Nell’I pod ho caricato un po’ di cose che mi servono in viaggio. Musica. L’ascolto nell’auricolare, a un volume medio. Sento comunque il rumore del traffico. No problem. Lascio andare il random. Mi spara subito la batteria iniziale di Stevie Ray Vaughan e Jeff Beck: “Going Down”. Bene. Grondo sudore da tutti i pori. Ma prendo anche molto vento. Mi devo piegare un po’ in avanti, il vento mi preme troppo sul collo. Ora va meglio. Posso accelerare un pochino. Solo un pochino. Alzando anche un po’ il volume. Solo un pochino… Going Down…
A Metaponto la visione del mare è praticamente preclusa da lidi e residence. La situazione non mi piace. Giro. Vado verso Policoro. Colonnina di mercurio: 41. Un buon auspicio per il bagno. Policoro è molto diversa da Metaponto. Lunghi tratti di spiaggia senza nemmeno un baracca per un caffé. A pochi metri dalla spiaggia si alza un nuvolone di polvere per il traffico di bagnanti su stradine non asfaltate. Ma a me a questo punto non importa. Faccio volare su un angolo di spiagga casco, giubbotto e jeans e via, costumato e tutto (ce l’avevo a posto degli slip) verso le agognate acque, anche se mi scotto sulla spiaggia. Alzo al passimo il volume dell’ I pod con Little wing suonata da Stevie Ray Vaughan, possente di forza trattenuta…
Lunga nuotata. Ma ho anche fame. Tutti i desideri e tutti in una volta. esco dall’acqua rinfrancato nel sole bollente. E’ tutto bollente qui. Sembra di stare a El Kantaoui, in Tunisia, non si direbbe Basilicata (o Lucania). Afferro a volo un ragazzino con un secchio con ghiaccio e bibite e compro una birra. Hai anche da mangiare? chiedo. Fa un cenno di sì con la testa. Cosa? Mi mostra la mercanzia. Tutta roba oleosa. Che avrà da vendere? Frittate con le cipolle? Prendo quello che ha un aspetto più innocente e meno mortifero, un panino col prosciutto (di uno strano colore). pago e mi avvio verso un albero che ho intravisto accanto alla moto. Una mezz’ora di pennica non me la toglie nessuno. Do un’occhiata alla cartina. Ho anche il Tom tom col Gps ma mi sono dimenticato di attaccarlo al manubrio stamattina. Ho deciso. Dopo mi faccio un giro sulla Jonica, verso Taranto, ad annusare un po’ di veleni dell’Ilva. Mi addormento quasi di botto, al suono di Hey Joe…
Mi sveglio praticamente asciutto e praticamente sobrio (per una biurra, poi!). Nessuno mi ha rubato niente. La cosa più seccante sarebbe stato il furto del casco. Dove lo trovo un negozio di caschi a quest’ora? Ma per fortuna è tutto a posto. Mi rivesto. Sono in quella fase in cui non sento più le sensazioni esterne. Solo interne. E il mio animo mi dice di stare in pace. Nessun problema, amico. Avvio e vado verso Taranto. Mi fermo a Castellaneta. Sul lungomare prendo qualcosa seduto in un lido. Le cameriere sono tutte ucraine o russe. Biondissime. Bellissime. Do un’occhiata al proprietario. Tatuatissimo, muscolosissimo, minacciosissimo. Gli faccio un sorriso, che strabamente ricambia. Red Bull e gelato al cioccolato. Ho biisogno di riprendere forza. Fortuna che non ho ancora bisogno del Gaviscon. La sferzata di energia fa passare tutto…
A Taranto ho giusto il tempo di arrivare, fare marcia indietro ed andarmene. Caldo e veleno nell’aria danno le vertigini. Ora mi devo mettere calmo, tranquillo e a moderata velocità intraprendere il viaggio di ritorno. Saranno circa due ore, ma sto bene. nessun problema. Via, verso il fresco (realtivo) di Potenza. A dormire per 14 ore. Poi, lunedì si ricomincia con l’esame. Terza prova. Devo ancora preparare le domande…
Via Pretoria, Potenza
Giornata di riposo dagli Esami. Compro i giornali, prendo un caffé, mi faccio un giro a Via Pretoria a Potenza. Pochissima gente. Come piace a me. E’ da ieri che ho fastidio a un occhio: evidentemente mi è entrato qualcosa dentro quando sono andato in moto a Matera e poi a Taranto. Ieri sera ho tardato ad addormentarmi, per via delle fitte. Vado in farmacia. Mi faccio un po’ coccolare dalla giovane farmacista. Le faccio esaminare scrupolosamente il mio occhio sinistro. Diagnostica: infezione. Mi dà un preparato a base (leggera) di cortisone. “Vuole essere così gentile da mettermi lei stessa le gocce?”. “Ma certo, si figuri”. Mi siedo su uno sgabello quadrato bianco con l’aria di chi è stato ferito gravemente in guerra…
Potenza in certi momenti della giornata è quasi bella. O almeno piacevole. La mattina presto, per esempio. A ottocento metri di altezza l’aria è quasi sempre respirabile. Andare in giro a piedi, pensando, è sana attività. Il saliscendi continuo brucia in grassi e accelera il metabolismo. Città di scale, i muscoli si ossigenano…
Potenza
Potenza, a differenza di Matera (le uniche due città della Basilicata, o Lucania), non ha una storia urbanistica visibile. Matera è rimasta intatta nei secoli, Potenza no: c’è stato un grave terremoto almeno ogni secolo. E’ stata volta a volta ricostruita, buttata giù, ricostruita. Oggi il centro storico appare gradevole, è la periferia che è un disastro. “Mani sulla città” a Potenza ha voluto dire via libera al saccheggio dei suoli urbani per farci casermoni orribili. Negli anni Sessanta sembrava che la città dovesse decollare, poi una lenta fase discendente e oggi non credo che qualcuno possa dire con cognizione di causa cosa sia diventata Potenza da un punto di vista sociale ed economico…
Gli studenti in questo capoluogo di regione che è Potenza fanno quello che possono, oscillando spesso dal qualunquismo più efferato a una forma di estremismo molto autoreferenziale. Non si riesce a trovare mai il giusto mezzo. Ma movimenti sotterranei serpeggiano per la città, molto più nei licei che all’università. Le università sono appaltate e gestite con metodi baronali da docenti di Bari o Napoli. Di Potenza, per Potenza, non entra nessuno, per quanto riguarda il ruolo docente. resta solo qualche briciola per ricercatori senza futuro. Gli studenti si sentono parcheggiati in strutture nuove e già quasi fatiscenti. La presenza dei docenti universitari in città si registra solo in alberghi di periferia. Restano i licei; ma gli studenti di questi istituti pensano e sognano solo una cosa: andarsene.
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